Una analisi numerica del voto portoghese

Alcune prime considerazioni sparse sull’esito del voto portoghese svolte attraverso un raffronto tra le cifre assolute. La comparazione è stata svolta direttamente tra i risultati delle elezioni del 2015...

Alcune prime considerazioni sparse sull’esito del voto portoghese svolte attraverso un raffronto tra le cifre assolute.

La comparazione è stata svolta direttamente tra i risultati delle elezioni del 2015 e quelle del 2019 senza registrare il passaggio verificatosi con le elezioni europee del 2018 nelle quali la partecipazione si era abbassata al punto da rendere poco significative le cifre relative: si era scesi, infatti, da 5 milioni circa di voti validi a più o meno 3 milioni.

Domenica 6 ottobre la presenza ai seggi è risalita ma abbiamo verificato il confermarsi di una tendenza alla crescita dell’astensione.

Il 4 ottobre 2015, infatti, nelle urne dei seggi portoghesi erano stati depositati 5.206.410 voti validi: quattro anni dopo i suffragi regolarmente espressi sono stati 4.858.332, con un calo di 348.078 unità.

In questo quadro risalta ancora di più il successo del Partito Socialista cresciuto da 1.747.685 suffragi a 1.866.407 quindi un incremento reale nei consensi quantificato da 119.722 voti in più.

Netta la sconfitta dell’opposizione di centrodestra che arretra cedendo voti in più direzioni: verso i socialisti, verso gli ecologisti moderati di PAN e verso l’astensione.

Nelle elezioni del 2015 lo PSD e la CDS – PP si erano presentati uniti conseguendo la maggioranza relativa con 2.086.165 voti. Nel 2019 le due liste si sono presentate separate realizzando il PSDF 1.637.001 voto e il CDS – PP 216.448 suffragi per un totale del centro destra di 1.637.001 voti con una flessione in cifra assoluta di 449.758 suffragi. Una sconfitta molto netta.

Vediamo allora il comportamento degli alleati di governo del Partito Socialista.

Verifichiamo il presentarsi di un fenomeno di rafforzamento del più forte partito della coalizione: infatti, sia il Blocco di Sinistra sia la Coalizione Democratica comprendente i comunisti (entrambi i gruppi al Parlamento Europeo aderiscono al GUE) arretrano.

Il Blocco di sinistra perde 48.405 voti (dal 550.492 a 492.487) la Coalizione democratica flette di 116.793 unità (dal 445.980 a 329.117). Complessivamente l’area di governo cede 35.476 voti affermandosi così sempre più evidente l’egemonia del Partito Socialista che non raggiunge però la maggioranza assoluta.

Gli ecologisti moderati del PAN (al Parlamento Europeo aderiscono all’ALDE) incrementano notevolmente il loro numero di voti (si parla di “effetto” Greta: anche se in realtà rispetto alle Europee il PAN ha perduta circa 2.000 voti): in ogni caso da elezione politica a elezione politica l’incremento è stato di 91.714 voti (da 75.140 voti a 166.854 voti).

Incremento complessivo anche per tutti i partiti e raggruppamenti che non hanno superato la soglia per accedere al Parlamento (monocamerale. 230 seggi. Nelle circoscrizioni utilizzo del metodo d’Hondt con liste bloccate): da 300.548 voti a 366.466 quindi 65.918 voti in più.

In conclusione si può affermare:

1) crescita dell’astensione rispetto alle elezioni politiche precedenti;

2) affermazione della principale lista, il Partito Socialista, esponente del governo. Successo ottenuto anche ai danni dei propri partner nella maggioranza, oltre che dell’opposizione di centro destra.

3) modesta volatilità elettorale ma crescita dell’indice di dispersione (sistema non solidissimo che presto potrebbe essere esposto a sollecitazioni sociali).

FRANCO ASTENGO

8 ottobre 2019

foto tratta dal sito nazionale del Bloco de Esquerda

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Analisi e tesi

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