Un continente dimenticato dai media

La sua Africa. I rapimenti non sono certamente l’unico mezzo di sostentamento dei gruppi armati che, in una terra di confine come questa tra Congo e Ruanda, possono facilmente contrabbandare i materiali preziosi estratti illegalmente nella zona

La verità. Tutti si impegnano a cercarla, come sempre, di fronte all’assassinio di «servitori dello stato» diventati «eroi». I giornali «aprono gli occhi» sull’Africa ma li chiuderanno subito dopo la sepoltura delle salme. Difficilmente si scoprirà cosa si nasconde veramente dietro l’agguato teso al convoglio del World Food Programme.

Che trasportava anche l’ambasciatore italiano in Congo Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Ipotesi diverse, plausibili che lasceranno il posto all’oblio. Come in molti altri casi.
La politica, i media non si occupano di un continente grande e soprattutto ricchissimo, ma le sue ricchezze sono fonte di sfruttamento, affari, speculazioni che si realizzano meglio senza testimoni. Nelle zone dove i conflitti sono endemici e le risorse naturali enormi sono in molti i contendenti che per combattere la propria guerra usano qualsiasi mezzo.

E la regione del Kivu è una di queste: minerali tra i più preziosi (come il coltan, il cobalto e i diamanti), una zona estremamente fertile, il parco nazionale dei Virunga, il più grande dell’Africa e patrimonio dell’Unesco, paradiso dei gorilla di montagna, il lago Kivu che copre un giacimento di metano.

In questo contesto sono nati e si sono moltiplicati i gruppi armati, tra i quali quelli formati dagli hutu che hanno lasciato il Ruanda dopo il genocidio contro i tutsi senza rinunciare a riprendersi il controllo del paese e il ramo locale dello Stato islamico. Milizie che si scontrano con i ranger che proteggono il parco (sei di loro sono stati uccisi all’inizio di gennaio), le Forze armate della repubblica congolese e i caschi blu della missione delle Nazioni unite (Monusco).

Si tratta della più importante missione Onu in Africa – conta oltre 17mila unità tra civili e militari (12mila) – istituita undici anni fa nel 2010 per proteggere i civili, personale umanitario e attivisti dei diritti umani e sostenere il governo del Congo per stabilizzare e consolidare la pace. In scadenza lo scorso dicembre, la missione era stata prolungata di un anno riducendo però il dispiegamento nelle regioni in cui «la minaccia rappresentata dai gruppi armati non è più significativa».

Lunedì mattina quando l’ambasciatore italiano è stato colpito si trovava su un’auto della missione Onu. Questo fatto suscita molti dubbi sulla capacità della Monusco di proteggere civili e personale umanitario, di valutare la pericolosità della situazione e di mettere in campo le azioni di peacekeeping.

L’imboscata mirava a sequestrare o a uccidere i componenti del convoglio? La dinamica dei fatti sembra accreditare il tentativo di sequestro, anche perché di rapimenti ce ne sono spesso nella zona anche se soprattutto di locali, per estorcere denaro. Lo scontro a fuoco, pare, con ranger ha portato al drammatico epilogo e l’intervento delle forze governative è servito solo a trasportare in ospedale a Goma Luca Attanasio ma non a salvargli la vita.

I rapimenti non sono certamente l’unico mezzo di sostentamento dei gruppi armati che, in una terra di confine come questa tra Congo e Ruanda, possono facilmente contrabbandare i materiali preziosi estratti illegalmente nella zona.

Non è azzardato immaginare che le imprese che lavorano nella regione, per la loro «sicurezza», siano costrette a dare il loro contributo alle milizie di turno.

Ma al di là di tutte le supposizioni un dato è certo: in queste situazioni di conflitti esasperati a rimetterci sono le persone che si mettono in gioco, che non si accontentano di condannare o di stare a guardare, che scelgono da che parte collocarsi, quella della popolazione che soffre, anche per colpa nostra.

Ancora più grave quando affrontando una pandemia dagli esiti incerti in tutto il mondo ci si preoccupa solo di suddividere i vaccini tra europei o occidentali lasciando gli scarti ai popoli del sud del mondo.

Dove solo la Cina è arrivata, sicuramente non per altruismo, ma per un tornaconto che si traduce in una penetrazione capillare nel continente africano ricco di materie prime.

La Cina è diventata un nemico per l’occidente difficile da combattere con l’egoismo dei privilegiati.
Luca Attanasio parlava del suo lavoro come di una «missione», altri di «restare umani» di fronte alla barbarie.

GIULIANA SGRENA

da il manifesto.it

foto: screenshot

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