Torna il Movimiento al socialismo e si riprende la Bolivia

Democrazia e speranza. Presidenziali dopo il golpe, gli exit poll decretano la vittoria al primo turno di Luis Arce. E le destre ammettono la sconfitta

«Non ritorneranno», aveva assicurato l’autoproclamata Jeanine Áñez riferendosi al «populismo autoritario» del Movimiento al Socialismo. E invece sono tornati, riscattando «la democrazia e la speranza», come ha dichiarato il vincitore delle elezioni Luis Arce, l’ex ministro dell’Economia di Evo Morales.

E sono tornati trionfalmente, con un risultato insperato: se tutti o quasi i sondaggi avevano previsto una vittoria del candidato del Mas con una percentuale tra il 40 e il 45% e un vantaggio su Carlos Mesa di poco inferiore o di poco superiore ai fatidici 10 punti (quelli necessari per garantire il trionfo al primo turno), nessuno avrebbe mai immaginato che il Movimiento al Socialismo potesse ottenere addirittura la maggioranza assoluta.
Stando alla proiezione realizzata dall’istituto Ciesmori, Arce avrebbe infatti incassato il 52,4% delle preferenze (conquistando i dipartimenti di La Paz, Cochabamba, Pando, Oruro y Potosí), contro il 31,5% di Carlos Mesa (vincitore in Chuquisaca, Tarija e Beni) e il 14,1% di Camacho (risultato primo a Santa Cruz).

Lo stesso Camacho, tra i protagonisti indiscussi del golpe di un anno fa, che, chiudendo la sua campagna elettorale, si era detto convinto che sarebbe stato Dio a decidere il prossimo presidente e che ora non deve sentirsi molto soddisfatto della decisione divina.

Per varie ore, il governo golpista è riuscito a mantenere nascosti all’opinione pubblica i risultati degli exit poll, suscitando grande inquietudine tra una popolazione in fremente attesa. «Insolita la scomparsa degli exit poll», ha postato su Twitter, ore dopo la chiusura dei seggi, la Red de Observadores Electorales, lamentando per di più l’annuncio del Tribunale supremo elettorale di un’interruzione del conteggio di voti: «Pessima strategia di fronte a un elettorato che già nutre sospetti».

Alla fine, però, le forze golpiste hanno dovuto arrendersi. «Non abbiamo ancora i risultati ufficiali, ma in base ai dati di cui disponiamo il signor Arce e il signor Choquehuanca hanno vinto le elezioni. Mi congratulo con i vincitori e chiedo loro di governare pensando alla Bolivia e alla democrazia», ha twittato Jeanine Añez, sul cui crescente discredito hanno pesato in maniera decisiva le molteplici denunce di corruzione che hanno travolto il suo governo e soprattutto l’abbandono in cui è stata lasciata la popolazione di fronte al catastrofico impatto economico della pandemia.

Non sorprende allora che la strategia golpista sia così miseramente franata, ottenendo esattamente il risultato opposto a quello sperato. Perché i massacri, le persecuzioni giudiziarie, la repressione, la criminalizzazione del dissenso, anziché indebolire e dividere il Mas, hanno finito per rafforzarlo, al punto da far passare in secondo piano i non pochi errori commessi dal partito prima, durante e dopo il golpe, con tutte le polemiche che li hanno accompagnati.

Quelle, per esempio, intorno alla fuga di Morales e alla raffica di rinunce dei vertici del suo governo che avrebbero spianato la strada alle forze golpiste. O quelle legate all’imposizione della candidatura di Arce (a cui la base sociale del Mas aveva preferito David Choquehuanca) da parte dell’ex presidente, accusato di sacrificare il principio del «comandare obbedendo» sull’altare dell’«obbedire a chi comanda». Per finire con lo scontento provocato dalla decisione del Mas di porre fine alla possente mobilitazione popolare contro il terzo e unilaterale rinvio delle elezioni da parte del governo golpista, piegandosi ad accettare la data del 18 ottobre.

I fatti, tuttavia, gli hanno dato ragione. Accusato di aver assunto, fin dall’autoproclamazione di Añez, un atteggiamento eccessivamente conciliatorio con i golpisti, il Mas è riuscito a riprendersi il potere per via elettorale e senza ulteriore spargimenti di sangue. Resta da vedere, ora, l’uso che saprà farne, a partire dal riscatto dei principi della Costituzione del 2009 – a cominciare dal buen vivir – via via calpestati durante l’amministrazione Morales a favore del modello estrattivista predatorio.

«Riprenderemo il processo di cambiamento senza odio, imparando dai nostri errori», ha assicurato da parte sua Arce dopo la vittoria.

CLAUDIA FANTI

da il manifesto.it

foto: screenshot

altri articoli