Quino e il sorriso ribelle di Mafalda

Addio al grande fumettista argentino morto a 88 anni, il creatore del personaggio della bambina contestatrice

Quando eravamo tutti di sinistra, Joaquim Salvador Lavado Tejos in arte Quino lo trovavi sulla rivista a fumetti meno di sinistra di tutte, «Il Mago»: un contenitore diretto da Mario Spagnol, che aveva riciclato su quelle pagine tutte le strip già pubblicate sugli Oscar Mondadori. Un vomitorium eterogeneo di stili, proposte e generi, dove convivevano strisce vintage da «Sappo» di Segar a «Mio Mao» ad «Arcibaldo e Petronilla», più Jacovitti, più americanate del calibro di «Buz Sawyer». Tanti anche i fumetti della scuola argentina. C’era il tenebroso eroe creato dal futuro desaparecido Hector Oestherheld con il disegnatore Alberto Breccia, «Mort Cinder». E c’era appunto la bambina cicciottosa di Quino, che a uno sguardo superficiale poteva sembrare un «Me Too» dei celeberrimi «Peanuts». E invece, a ben guardare, era il loro esatto contrario.

Scrive lo scopritore del personaggio Umberto Eco nella prefazione al volume Bompiani Mafalda la contestataria (1969): «Per capire Mafalda è necessario stabilire un parallelo con l’altro grande personaggio alla cui influenza essa evidentemente non si sottrae: Charlie Brown. Charlie Brown è nordamericano, Mafalda è sudamericana (…). Charlie Brown appartiene a un paese prospero, a una società opulenta in cui cerca disperatamente di integrarsi mendicando solidarietà e felicità; Mafalda appartiene a un paese denso di contrasti sociali, che tuttavia non chiederebbe di meglio che integrarla e renderla felice, salvo che Mafalda si rifiuta, respingendo ogni avance. Charlie Brown vive in un suo universo infantile dal quale, rigorosamente, gli adulti sono esclusi (salvo che i bambini aspirano a comportarsi come adulti); Mafalda vive in una continua dialettica col mondo adulto, che non stima, non rispetta, avversa, umilia e respinge, rivendicando il suo diritto a rimanere una bambina che non vuole gestire un universo adulterato dai genitori».

Stringi stringi, insomma, un (necessario) controcanto all’America stile Norman Rockwell cantata da Charles M. Schulz nelle sue strip. E insieme, una creazione che sotto la pelle già denunciava le inquietudini destinate ben presto a spalancare le porte a quel figlio di puttana di Videla. Benché lanciato nell’empireo delle stelle dal personaggio, Quino l’avrebbe abbandonato nel giro di un decennio. Come ricordava in un’intervista del 2014 a «L’Espresso», «Ad un certo punto mi sono veramente stancato. Non ce la facevo più a dire tutto quello che non andava, a passare il mio tempo in un continuo atteggiamento di denuncia. Il momento in cui ho deciso di mettere fine alle sue avventure, è coinciso poi con l’inizio di un periodo nero per l’Argentina. Quello dei sequestri, delle sparizioni, della dittatura. Il regime militare ha rafforzato la censura. Anche volendo, non avrei mai potuto continuare».

D’altronde il mondo fantastico del leggendario disegnatore argentino, scomparso a 88 anni in questo cupo settembre 2020 in seguito ai postumi di un ictus, andava ben al di là delle case e dei cortili in cui aveva scatenato la sua baby gang. Nato a Mendoza nel 1932 da una coppia originaria dell’Andalusia, rimasto orfano di madre e padre durante l’adolescenza, Quino aveva costruito il suo tratto lieve ed elegantissimo e il suo formidabile talento nello storytelling a suon di film muti. Un linguaggio universale, nato per strappare un sorriso a qualsiasi latitudine e per questo lontanissimo da ogni tentazione puramente ideologica. Satira, sì, ma tutta scritta e disegnata guardando al sociale, al quotidiano, alle istanze primordiali del genere umano.

Prima di Mafalda, dal 1954 in poi, c’erano state le collaborazioni ai settimanali «Rico Tipo», il leggendario quotidiano «Clarin» e i primi volumi antologici di vignette umoristiche come «Mundo Quino», dal titolo ispirato all’exploitation movie Mondo Cane di Jacopetti e Prosperi.

Dopo Mafalda, sarebbero arrivati anni picareschi di viaggi tra Milano, Buenos Aires, Madrid e Parigi, molti altri libri pervasi di humour allo stesso tempo impalpabile e caustico, ma anche notevoli riconoscimenti internazionali: su tutti, le mostre dedicate alla sua carriera e il Cavalierato dell’Ordine delle arti e delle lettere conferitogli nel 2010 dal ministro della Cultura francese Fréderic Mitterrand. Le cronache ufficiali riportano che non avesse eredi cui lasciare la sua sterminata eredità umana e artistica. Curioso, quindi, che tra gli amanti dei fumetti oggi ci si senta tutti un po’ degli orfani: succede, quando i grandi se ne vanno.

ANDREA VOGLINO

da il manifesto.it

foto: screenshot

categorie
Fumetti e satira

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