Modello Tesla: «Serve taglio del 10% dei dipendenti»

Una mail pubblicata dalla Reuters svela i piani di Elon Musk: «Ridurre il personale del 10% e sospendere tutte le nuove assunzioni». Motivo: l’amministratore delegato ha «una pessima sensazione» di ciò che sarà il mercato globale dopo la guerra in Ucraina. E a Wall Street il titolo crolla

Diecimila dipendenti da licenziare. È il piano industriale del padrone di Tesla svelato dalla Reuters che ha pubblicato la sua mail inviata giovedì ai dirigenti di tutto il mondo. Parola d’ordine di Elon Musk: «Ridurre il personale del 10% e sospendere tutte le nuove assunzioni». Al momento Tesla, che ha fabbriche in Cina, Usa e Germania, impiega 99.290 dipendenti.

Motivo: l’amministratore delegato ha «una pessima sensazione» di ciò che sarà il mercato globale dopo la guerra in Ucraina. Tanto è bastato per imporre il maxi-taglio della forza-lavoro, e ieri anche a far precipitare di oltre il 3,5% il titolo Tesla a Wall Street.

Un’altra mail da paura di Musk, la seconda dopo quella spedita martedì scorso con cui obbligava i lavoratori di trascorrere almeno 40 ore settimanali in ufficio con l’ultimatum: «Chi non si presenta verrà considerato dimissionario». Minaccia inaccettabile per Ig-Metall, sindacato che in Germania difende i diritti (anche) dei 5.000 metalmeccanici attualmente impiegati nella “Gigafactory-Europe” che Musk ha appena costruito a Grünheide, nel Brandeburgo, a pochi chilometri dalla capitale tedesca. Dalla sede di Ig-Metall di Berlino-Brandeburgo fanno sapere che sul punto non mollano: «Qualunque dipendente Tesla che non rispetterà l’ultimatum di Musk avrà fin da subito le spalle ben coperte dal sindacato» assicura la responsabile Birgit Dietze.

Del resto con Tesla la Ig-Metall ha un conto aperto fin dalla denuncia dei costi di produzione «cinesi» delle sue 500.000 auto elettriche prodotte annualmente in Germania, insostenibili anzitutto per i colossi della produzione nazionale come Bmw, Mercedes e il Gruppo Volkswagen che resta un’impresa a partecipazione statale dato che il 20% delle azioni è di proprietà della Bassa Sassonia.

In altre parole, che Musk incameri i mega-contributi pubblici tedeschi per la mobilità sostenibile (stanziati all’epoca di Merkel e moltiplicati dai Verdi attualmente al governo) per poi imporre le proprie regole a Grünheide, alle orecchie dei dirigenti Ig-Metall suona malissimo. Per questo all’inizio dell’anno il sindacato ha moltiplicato gli sforzi per fondare il primo Consiglio di fabbrica nello stabilimento Tesla del Brandeburgo, mentre continua a tesserare sempre più operai non solo della catena di montaggio. Oggi i delegati Ig-Metall nella “Gigafactory-Europe” sono ben 19.

Del resto la partita in gioco non è solo strettamente industriale, il vero scontro in atto è fra due modelli socio-economici diametralmente opposti. Da una parte il vecchio sistema della cogestione tedesca, dall’altra la nuova deregulation del tycoon americano che – come si sottolinea a Berlino – più che sullo sviluppo dell’automotive sembra puntare sui suoi robot bionici “Optimus”.

Non a caso l’eco dell’attacco contro lo smartworking di Musk è stato particolarmente avvertito in Germania dove le case automobilistiche locali hanno introdotto il lavoro-ibrido, cioè la presenza flessibile e concertata, già durante l’emergenza pandemia.

Senza contare i rilevanti bonus-produzione assicurati dai costruttori tedeschi ai propri dipendenti, fissati nero su bianco negli accordi contrattuali.

E alla grana della rivelazione della Reuters per Musk si aggiunge lo scoop della Rbb, canale della tv pubblica di Berlino, secondo cui Tesla progetta di espandere la fabbrica del Brandeburgo di 100 ettari.

Lo conferma Arne Christiani, sindaco del Comune di Grünheide, ammettendo di avere ricevuto dai dirigenti Tesla la richiesta del permesso di costruire. La decisione è attesa entro la fine dell’anno ma nel frattempo è già montata la protesta degli ambientalisti dell’Associazione Natura e Paesaggio, pronti a difendere l’area da sacrificare agli interessi di Musk.

Buona parte è compresa nel sito di protezione delle acque della foresta di Grünheide istituito dopo il crollo della Ddr, la cui legge, in teoria, vieta qualunque intervento per scopi produttivi. Ma c’è anche il regolamento edilizio del Comune che autorizza le costruzioni solamente se non confliggono con l’interesse pubblico. Che oggettivamente non è più quello di prima: Musk oggi licenzia dopo che aveva promesso di impiegare 12.000 dipendenti nella “Gigafactory” tedesca, mentre chiede al sindaco di Grünheide di abbattere un altro bosco per far posto a una stazione merci, un capannone logistico e un parcheggio.

SEBASTIANO CANETTA

da il manifesto.it

Foto di Craig Adderley

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