L’augurio per il 2017: una grande vittoria dei SI’ ai referendum sul lavoro!

Non sono un economista e, quindi, non ho i titoli accademici per contestare un luminare come il professor Pietro Ichino. Al massimo sono un politico sui generis, anarchicheggiante e...

Non sono un economista e, quindi, non ho i titoli accademici per contestare un luminare come il professor Pietro Ichino. Al massimo sono un politico sui generis, anarchicheggiante e un po’ introverso quando si trova stretto tra categorie limitative soprattutto della potenzialità di allargamento del dubbio e, in sostanza, di creazione della critica.
Però credo che i fatti abbiano sempre, comunque la testa molto, molto dura.
In uno speciale di Sky Tg 24, il professor Ichino, esponente autorevole del Partito democratico, quindi di area più che governativa, con “ancora nel cuore la Cgil” (così la sua profusione di affetto per il sindacato interconfederale italiano più grande che, a suo parare, “non può ridursi ad essere solo un sindacato di metalmeccanici”, sposando così posizioni estreme…), ha snocciolato i dati inerenti l’utilizzo dei tanto celeberrimi voucher: quei buoni che vengono consegnati ai lavoratori temporanei, per lavori temporanei e che, da qualche tempo a questa parte, hanno subito una impennata negli acquisti da parte dei richiedenti lavoro.
I dati sono, sostanzialmente, questi: dal gennaio all’ottobre del corrente anno ne sono stati venduti 121,5 milioni, il 32% in più rispetto al 2015 quando l’aumento di utilizzo dei buoni era cresciuto del 60% rispetto al 2014.
E’ stata la legge Fornero a dare lo sprint per l’uso di questo sistema di retribuzione riconosciuta dallo Stato e dall’Inps e quindi volta a far emergere quel lavoro nero che prima era diffusissimo, ad esempio, nei vigneti, nei campi di pomodori, in lavori quindi agricoli e anche in lavori urbani. Dalle badanti ai giovani impiegati per poche ore giornaliere a dare volantini dei “compro oro”.
Fin qui, nulla di terribilmente associabile ad una politica di liberistico sfruttamento del lavoro: assicurare delle coperture e delle indennità su lavori anche temporanei sembrerebbe, anzi è, un avanzamento dei diritti sociali per i lavoratori e le lavoratrici.
Ma fatta la legge e trovato presto l’inganno, anche da parte dei governi stessi: il sistema dei voucher è stato ben presto istituzionalizzato e regolarizzato con tetti massimi di utilizzo da parte dei richiedenti lavoro (leggasi: “datori” di lavoro) e, appena si è scoperto che potevano comodamente sostituire dei contratti interinali, dei part-time e quindi prestazioni di medio-breve periodo, al posto dei contratti medesimi sono spuntati gli acquisti dei buoni nelle tabaccherie e il loro propinamento ai giovani stagionali che fanno magari i venditori di dolci e cocco per le spiagge, a chi consegna le pizze per qualche settimana, a chi fa la badante, continuando anche ad essere utilizzati, come ha ripetuto più volte il professor Ichino, per pagare chi viene chiamato una sola giornata per lo sgombero di una semplice, innocua cantina.
E’ pur vero che la percentuale dei lavoratori pagati con i voucher è minima attualmente e, al massimo, coinvolge dalle 50 alle 150.000 persone. Ma è altrettanto vero che l’aumento esponenziale di vendita dei buoni di Stato per il pagamento di quello che dovrebbe essere lavoro meramente stagionale e momentaneo ha assunto le caratteristiche di una nuova forma di contratto. Anzi, sarebbe meglio definirla di “non-contratto”. Perché chi viene pagato in voucher, per prima cosa, non ha diritto per esempio al Trattamento di fine rapporto (la liquidazione), non matura ferie e nemmeno può fare gli straordinari.
Il punto, dunque, è quanto potenzialmente i voucher sono un nuovo, straordinario viatico di sfruttamento del lavoro per il futuro: e poco importa che il governo pensi a dei correttivi sui tetti di vendita dei buoni per evitare uno dei quesiti referendari della Cgil che ne chiede l’abolizione senza se e senza ma, perché già oggi questa via è aperta e ai contratti a tempo determinato molti “imprenditori” e cercatori di lavoro di piccolissima statura, quasi famigliari, hanno preferito questa forma di precarietà costante, assoluta e senza diritti sostanziali, a regolarizzazioni contrattuali anche minime come quelle che esigevano i lavori classicamente definiti “precari”.
L’emersione del lavoro nero è diventata, ben presto, una motivazione e niente più per l’applicazione dei voucher: sarebbe interessante, infatti, conoscere parimenti ai dati microscopici sull’utilizzo dei voucher nel mondo del lavoro, quanto di questo lavoro però in nero è venuto alla luce, è emerso.
Ma questi dati per ora non sono comparabili all’esplosione di vendita dei voucher nel 2016 rispetto alle precedenti annate.
Così, quello 0.25% di lavoro pagato in buoni è il volano di partenza per una nuova precarietà alimentata da una novità in campo di sfruttamento della mano d’opera, anche di opere intellettive.
Ciò che conta, dunque, è stroncare sul nascere queste tentazioni di neo-schiavismo che possono prendere facilmente il largo e farsi strada in una contrattualità regolamentata, nel bene e nel male, e sfuggire persino ai controlli stessi degli ispettori e dei tribunali del lavoro, nonché delle associazioni sindacali.
Per questo il referendum sull’abolizione dei voucher, che interviene sulla legge Fornero, è importante per il semplicissimo motivo che mette fine sul nascere e sullo svilupparsi ad infinitum di una nuova teoria dell’impiego: il pagamento con dei buoni da dieci euro che, al netto delle trattenute Inps e Inail, valgono sette euro e cinquanta centesimi all’ora.
E non è affatto detto che ad ogni ora di lavoro prestato corrisponda un voucher: la Cgil denuncia da tempo moltissimi casi in cui giovani e meno giovani lavorano cinque, sei ore e vengono pagati con un voucher solo.
Pare che il governo si stia muovendo per eliminare anche questo fenomeno di ulteriore sfruttamento: le vie delle riforme sono infinite come quelle per evitare il referendum che sarebbe una ennesima batosta politica per una maggioranza di governo, per un PD ormai alla deriva e alla mercé del ritorno di Renzi quanto prima possibile.
Se possiamo farci un augurio per il 2017 è soprattutto questo: che l’11 gennaio la Corte Costituzionale ammetta tutti e tre i referendum della Cgil (qui la scheda che li descrive dettagliatamente, per cominciare a conoscerli) e che la si possa fare finita, una volta per tutte, con i voucher, con i licenziamenti indiscriminati e senza giusta causa (ripristinando l’articolo 18 della Legge 300 – il cosiddetto “Statuto dei lavoratori” -) e la responsabilità differenziata sugli appalti.
E poi, come secondo augurio, possiamo farci quello di vincere questi tre referendum, di tentare un favoloso bis dopo la grande vittoria del NO il 4 e 5 dicembre scorsi che ha salvato la Costituzione della Repubblica da uno stravolgimento tutto volto a rafforzare queste politiche liberiste che vogliono fare del mondo del lavoro un campo da mietere per gli accumulatori dei profitti, per i padroni, in parole estremamente povere. Povere per i ricchi. Ma ricche per i poveri.
Buon anno nuovo a tutte e tutti voi, buone lotte sociali. Da comuniste e comunisti, per il comunismo. Sempre.

MARCO SFERINI

29 dicembre 2016

foto tratta da Pixabay

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