La fabbrica del Falso

Un volume importante di Vladimiro Giacché

Non andate al cinema, a teatro o a cena con amici. Andate al Mercato. È il posto più “sicuro”, lui non vi abbandonerà mai. Sarà anzi sempre con voi; non vi lascerà un istante e lo troverete sempre; ovunque voi siate, lui sarà sempre con voi, disponibile notte e giorno; lui sarà lì, anche se voi non ve ne accorgete. Perché voi dormite, ma lui no, voi non pensate a lui ma lui pensa a voi; e se dio è uno e trino, lui è sesquipedale e anche di più. Insomma smisurato, e incalcolabile. Il Mercato (che diventa i mercati, a seconda.).

Ce lo descrive come “merita” l’edizione aggiornata di questo libro di Vladimiro Giacché, “La fabbrica del falso” (Imprimatur, pag. 427, € 18), e ne siamo ammirati: Il Mercato (o i mercati, a seconda) dunque non lo ferma nessuno ed è capace di tutto.

Appunto lo spiega bene Giacché, dedicandogli un capitolo con un titolo appropriato, quasi da libro giallo: “Mercato: i mille volti di un prestanome”.

Per prima cosa, al Mercato bisogna sempre «tastargli il polso», in quantoché la sua salute, pardon, «i suoi listini», devono conservare «la volontà di mantenere vivo il trend in atto»; in quantoché lui, il Mercato, ad esempio, «punirebbe la Malesia se essa non liberalizzasse i movimenti di capitale a breve termine»; in quantoché «il panico del Mercato» può pure produrre effetti disastrosi, (ricordate un certo 1929, o certi “derivati” anno 2008?), vere e proprio tempeste, dette anche «la spirale impazzita»; e in quantoché, lui, il Mercato, è una specie di «nuova forza della natura», tipo “acquazzoni, nevicate, bancarotte ecc”, per dirla alla Bertold Brecht.

E poi c’è il Mercato “perfettamente concorrenziale”, ma anche quello “ingessato”; quello delle “manipolazioni”; quello degli “abusi”; e pure quello delle “degenerazioni”. E c’è Il Mercato-sistema economico, Il Mercato-società, Il Mercato-economia, scegliete pure.

Traducendo però queste “locuzioni”, scrive Giacché, tutti possono intendere che «quando si parla di Mercato, non si parla principalmente né di libero scambio delle merci, né di libera concorrenza. Si parla di titolarità dei diritti di proprietà: si parla di proprietà privata dei mezzi di produzione. Si parla di capitalismo». Sic et simpliciter.

Il libro è proprio questo, un lungo, preciso lavoro di “traduzione”, un manuale di guida o, se volete, una cassetta degli attrezzi per la difficile arte di “comprendere”.

La seconda parte del volume ha un titolo anch’esso molto appropriato: “La verità del falso”. Ovvero “la falsificazione del vero”. Vale a dire la realtà vera-falsa – o falsa-vera – nella quale siamo immersi (a nostra insaputa…) e della quale siamo prigionieri (sempre a nostra insaputa…): dal momento che «la menzogna è il grande protagonista del discorso pubblico contemporaneo».

Già. «Un tempo le verità inconfessabili del potere potevano agevolmente essere coperte dal segreto; ma oggi, nell’epoca dei mezzi di comunicazione di massa e della politica mediatizzata, «la verità deve essere occultata o neutralizzata in altro modo».

E cioè? Per esempio offrendo versioni di comodo dei fatti; distraendo l’attenzione dai fatti reali, dando il massimo rilievo a questioni di scarsa importanza; inventando pericoli e nemici inesistenti per eludere quelli veri. Eccetera. La ricognizione di Giacché non lascia ombre, ma il fulcro su cui richiama l’attenzione è ancora più chiaro. «Il terreno principale su cui oggi viene combattuta la guerra contro la verità, è quello del linguaggio». Vale a dire, il potere delle parole come «fattore decisivo» per la costruzione del consenso. E il libro è proprio anche questo, «un esame critico di luoghi comuni e parole chiave del lessico politico contemporaneo». Un “romanzo nero” del potere dove niente è inventato.

E dove, ad esempio, ci viene reso noto come e perché, «se volessimo comprendere davvero il ruolo delle immagini nel mondo attuale dovremmo fare una lista di ciò che non ci viene mostrato» (citando M. Augé).

Un compito fondamentale di oggi è allora «liberare le parole». Liberare le parole in questa nostra epoca in cui «i poteri dominanti utilizzano come un’arma formidabile il potere delle parole, grazie al loro potere sulleparole».

Il loro potere.

MARIA R. CALDERONI

da rifondazione.it

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