Irlanda, l’autorevolezza ritrovata con la parola

Come ogni giorno anche stamattina un drappello di donne – undici, per l’esattezza – è partito in aereo dall’Irlanda per traversare il canale e andare ad abortire nel Regno...

Come ogni giorno anche stamattina un drappello di donne – undici, per l’esattezza – è partito in aereo dall’Irlanda per traversare il canale e andare ad abortire nel Regno Unito. Sono le “privilegiate”, quelle che hanno i mezzi per farlo. Le altre, centinaia di altre, continueranno a ricorrere alla pillola abortiva on line, altrettanto illegale e soprattutto pericolosa, perché non esistono controlli sanitari su chi la vende.

La storica vittoria di venerdì 25 al referendum che ha cancellato l’art. 8 della Costituzione del Paese e ha finalmente riconosciuto il diritto delle donne a decidere se diventare o meno madri apre infatti solo la strada al varo di una legge che dovrà esser presentata, discussa, votata.

Ci vorranno ancora mesi. E, comunque, resterà tagliato fuori un altro milione di irlandesi, quelle dell’Irlanda del Nord, come è noto tutt’ora suddite del Regno di sua Maestà Britannica, e però private del diritto riconosciuto alle inglesi. In un pezzo dell’isola sanguinosamente diviso su tutto, su una sola cosa protestanti bigotti e cattolici che nella religione hanno trovato il modo di difendere la loro autonoma identità nazionale, sono in accordo: sulla pelle delle donne.

Non voglio affatto, per carità, sciupare con un altro piagnisteo, la bella vittoria delle donne irlandesi. È stato un fatto storico. Ne chiarisce la portata la frase pronunciata da Katherine Zappone, ministra per l’infanzia, sposata con una donna, Anne Luise Gilligen, da quando il matrimonio fra appartenenti allo stesso genere è stato introdotto in Irlanda. «È la volontà delle donne di raccontare le loro storie – ha detto – che ci ha consentito di cambiare il cuore e la mente dei cittadini».

Questa voglia di uscire da un riserbo millennario per parlare di loro stesse è recente: è emerso da quando, fra incredulità e spesso anche irrisione, le donne hanno deciso di dar vita ai gruppi di autocoscienza per parlarsi direttamente. In molti non hanno capito che si trattava di una prima grande inchiesta su se stesse, attraverso i meandri della propria intimità mai fino in fondo visitata.

È stato il primo passo del nuovo femminismo. Cui oggi se ne è aggiunto un altro decisivo e recentissimo: le donne, quello che hanno scoperto dentro se stesse, hanno cominciato a raccontarlo e per la prima volta – ecco il fatto nuovissimo e dirompente – vengono credute. Quante volte nei Tribunali le denunce di molestia o di violenza non hanno avuto seguito perché le donne non venivano credute? Se milioni di donne, dagli Stati Uniti alla Spagna a ovunque in questi ultimi tempi sono scese in strada, hanno gridato «Me too» è perché, finalmente, la loro parola ha acquistato autorevolezza.

Il voto irlandese, oltre ad aver riconosciuto un diritto sacrosanto, ha sancito clamorosamente un passaggio storico.

LUCIANA CASTELLINA

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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Diritti delle donne

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