Gilet gialli, tra protesta, sconforto e violenza

I violenti scontri agli Champs Elysées monopolizzano il «secondo atto» della protesta della classe media, schiacciata dai costi, dal precariato e dalla disoccupazione, che se la prende con le tasse: «Le élites parlano di fine del mondo, noi parliamo di fine mese». Castaner: «Mobilitazione dell'ultra destra, responsabilità di Marine Le Pen». Partecipanti in calo. Martedì Macron interviene sulla transizione energetica
La protesta dei "Gilet gialli" a Parigi

Le lunghe ore di scontri e di violenze sui Champs Elysées hanno monopolizzato la giornata di protesta di ieri dei gilet gialli, l’«atto 2» dopo il 17 novembre, e occultato in parte i motivi della protesta, che è continuata in tutto il paese, con manifestazioni in varie città, blocchi stradali e azioni in centri commerciali. Qualche migliaio di persone, 5mila secondo il ministro degli Interni Christophe Castaner, si sono concentrate sui Champs Elysées, sia in alto verso l’Etoile ma anche in basso, non lontano dalla Concorde che era stata loro negata come luogo di manifestazione, perché troppo vicina alla Senna (troppo rischioso, ci sono brutti ricordi di energumeni di estrema destra che hanno buttato nel fiume una persona) e anche troppo vicina all’Eliseo, che alcuni gilet minacciavano di prendere d’assalto (come era stato tentato il 17), per chiedere la “testa del re”, le dimissioni di Macron. La Prefettura aveva proposto il Champs de Mars, ma ieri non c’è stato quasi nessun gilet giallo sotto la Tour Eiffel, i manifestanti avevano paura di essere presi “in trappola” in un luogo facilmente bloccabile. La giornata è stata pesante, grande uso di gas lacrimogeni, persino di cannoni ad acqua, mentre dei gilet gialli hanno divelto dei pavé e fatto barricate con quello che hanno trovato, materiale di cantiere, arredi urbani, sedie e tavoli di bar, una ventina di feriti. Pattumiere, scooter, persino un attrezzo edile bruciato, odore pestilenziale, fumi. Ancora in serata dei gruppetti non volevano andarsene dai Champs Elysées.

Le cifre sulla partecipazione sono solo quelle del ministero degli Interni, perché i gilet gialli non sono organizzati (ma contestano le cifre ufficiali): 81mila in tutta la Francia, 8 mila a Parigi, cioè in netto calo rispetto ai 244mila del 17. I fermi sono stati 34 a Parigi, i feriti 19. Anche l’interpretazione è quella ufficiale: Castaner ha accusato «l’ultra destra», che ha «risposto all’appello di Marine Le Pen» di andare sui Champs Elysées. Marine Le Pen, che in effetti la vigilia aveva invitato a prendere i Champs Elysées, ieri ha considerato «penosa e disonesta» l’accusa di Castaner. Sui Champs Elysées gli scontri sono iniziati subito, di prima mattina, e per la polizia questa è una prova della presenza fin dall’inizio di gruppi di violenti. Ci sono manovre all’estrema destra per creare una «convergenza delle lotte» anti-tasse e anti-immigrazione. I gilet gialli, presi nel loro insieme, sono sprovveduti di fronte a questa partecipazione, perché non sono organizzati e rifiutano nel complesso di essere recuperati dai partiti politici (anche se, tra le personalità che appaiono di più nei media, ci sono militanti di partiti di destra estrema, come Debout la France o il Rassemblement national, ex Fronte). Ci sono stati anche episodi di violenze contro parlamentari di En Marche, minacce di ogni tipo, si sono sentite frasi razziste, omofobe; qualche giorno fa dei gilet gialli hanno scoperto dei migranti nascosti in un camion e li hanno consegnati alla polizia.

A Parigi, in piazza ieri con i gilet gialli c’erano anche degli esponenti della France Insoumise (mentre i sindacalisti, se erano presenti lo erano a titolo personale). François Ruffin, deputato, ha affermato che «Macron deve togliersi i tappi dalle orecchie e ascoltare cosa dice il popolo, deve cambiare politica». La protesta è scoppiata su un aumento del prezzo dei carburanti, previsto per far cambiare le abitudini e diminuire l’emissione di gas a effetto serra. Ma le motivazioni ecologiche non sono state capite, non solo perché i proventi delle tasse aggiuntive non vanno direttamente alla transizione energetica, ma anche perché la classe media non ce la fa e rifiuta di essere la prima a pagare per l’ecologia: «Le élite parlano di fine del mondo, mentre noi parliamo di fine mese» ha riassunto un manifestante. È l’effetto della crisi del 2008, tutto è più caro, i salari non seguono, il precariato dilaga, la disoccupazione cala troppo lentamente anche se le statistiche che interessano le autorità dicono che l’economia è in ripresa. È un movimento anti-tasse, che punta il dito contro il «peccato originale» di Macron, l’aver abolito in parte la patrimoniale. Martedì Macron interviene sulla transizione energetica. La Cfdt ha proposto tavole rotonde. Ma come saranno rappresentati i gilet gialli, senza organizzazione?

ANNA MARIA MERLO

da il manifesto.it

foto: screenshot

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