Districarsi nei numeri del 5 giugno

6.644.135 elettrici ed elettori sparsi in 25 comuni capoluogo di province (esistono ancora le province nonostante la propaganda di regime) rappresentano un ottimo test per individuare quale può essere...

6.644.135 elettrici ed elettori sparsi in 25 comuni capoluogo di province (esistono ancora le province nonostante la propaganda di regime) rappresentano un ottimo test per individuare quale può essere effettivamente l’indirizzo che stanno assumendo le dinamiche all’interno del nostro sistema politico.

Non saranno, infatti, i ballottaggi a determinare l’indirizzo politico di questa consultazione amministrativa come sostengono, invece, molti autorevoli commentatori: i ballottaggi saranno un “richiamo della foresta” rivolto “contro”, senza nessuna attenzione alla realtà concreta delle diverse amministrazioni. Al contrario di come avevano immaginato l’effetto della legge 81/93 i suoi estensori.

Si è così tentato di tracciare una mappa “politica” del territorio per ricavarne alcune indicazioni di prospettiva, prendendo in esame l’andamento delle varie liste al primo turno: per un raffronto, forzando sicuramente un poco, si è tenuto conto del voto delle Europee 2014, ultima occasione di voto omogeneo sul territorio nazionale.

E’ stato complicato, inoltre, determinare la natura delle moltissime liste civiche che hanno animato il panorama di questa consultazione: si è così provveduto a dividerle in almeno tre grandi famiglie, quelle di appoggio ai candidati del PD, quelle di appoggio ai candidati del centro – destra riunificando il dato e non tenendo conto della molteplicità di candidature determinatesi in molte situazioni, e quelle non identificabili con alcun schieramento.

Nella voce “Sinistra” sono comprese, invece, tutte le liste che hanno fatto riferimento alla Lista Tsipras, includendovi quelle che hanno appoggiato domenica scorsa De Magistris a Napoli.

Nella voce “Centro” le liste dell’UDC presenti in alcuni comuni e quelle di appoggio a candidati centristi.

Andando per ordine:

nei 25 comuni capoluogo di provincia i cui esiti elettorali sono stati analizzati nell’occasione risultavano iscritti 6.644.135 aventi diritto (circa la metà del corpo elettorale impegnato negli oltre 1.000 comuni chiamati al voto il 5 Giugno).

I voti validi che hanno assommato quelli di lista e quelli esclusivamente rivolti ai candidati sindaci sono state 3.696.557 (il 55,63% dell’intero elettorato).

I voti validi rivolti alle liste sono stati 3.372.721: nel 2015, all’interno degli stessi comuni capoluogo, i voti validi furono 3.426.309. Si è registrata quindi una flessione di 53.588 unità voto.

La differenza a favore delle schede votate per i Sindaci è stata di 323.836 (poco meno del 10% del totale).

Arrivando alle liste:

il PD con il proprio simbolo ha ottenuto 705.536 voti pari al 20,91%, le liste civiche che hanno appoggiato i candidati sindaci del PD hanno avuto 357.231 suffragi (10,59%). La somma corrisponde a 1.062.767 voti pari al 31,50%. Alle elezioni europee, nei 25 comuni presi in considerazione, il PD ebbe 1.507. 040 voti pari al 43,98%. Di conseguenza un calo di 444.273 voti e del 12,48%. Un PD che pare proprio destinato a rientrare nel vecchio alveo del 25- 30% (per la storia nel 1948 il Fonte Popolare prese il 31% dei voti: quota fisiologica, ma quel tempo votava il 90% degli aventi diritto).

Nel centro destra, con il proprio simbolo Forza Italia ha avuto 275.052 voti (8,15%), Fratelli d’Italia 195.119 voti (5,78%), Lega Nord (comprese le liste Noi per Salvini al centro – sud) 180.306 voti (5,34%), le liste civiche d’appoggio ai candidati di centrodestra (pur variamente collocati sul piano delle alleanze) 358.730 voti (pari al 10,63%). La somma di tutti i soggetti già appartenenti al vecchio centrodestra fa 1.009.207 voti pari al 29,92%. A dimostrazione dell’esistenza di una ancora forte base elettorale : pesa l’assoluta insufficienza della proiezione politica. La somma di FI, Lega Nord, FdI, alle europee fa registrare per i 3 partiti una flessione complessiva di 95.870 voti.

Insufficienza messa in risalto dal modestissimo risultato delle liste di centro: 67.231 voti pari all’1,99% (alle Europee 134.481 voti con una flessione di 67.250 suffragi).

IL Movimento 5 Stelle ha realizzato 700.456 voti pari al 20,76%. Un dato che non inganni considerato che il M5S ha raggiunto il ballottaggio a Roma e a Torino. Rispetto alle europee si registra una flessione di 47.125 voti. Dato che il M5S ha presentato il proprio simbolo dappertutto senza apparentamenti o presenza di liste civiche, si può affermare che dal punto di vista della proiezione elettorale la situazione sia sostanzialmente di tenuta e non di più.

La Sinistra, unita nella maggior parte dei casi, ha raccolto 295.547 voti pari all’8,76%. Un dato al quale prestare attenzione critica perché, in questo caso, comprende i voti d’appoggio alla candidatura De Magistris a Napoli ( circa 150.000 voti). E’ parso giusto procedere in questo senso dal punto di vista statistico avendo come riferimento – appunto – la lista Tspiras del 2015. In ogni caso si tratta, però di un voto con una forte venatura localistica. Nel 2015 la lista Tsipras, nei comuni presi in considerazione, ottenne 207.617 voti: l’incremento è quindi di 87.930 voti.

Le liste civiche non identificabili come schieramento hanno ottenuto 108.567 voti pari al 3,21%.

Sono poi comparsi simboli di formazioni politiche minori che comunque hanno voluto presentare il loro simbolo, in alcune limitate situazioni per un complesso del 3,86%. Voti così suddivisi: IDV 12.067; Liste Varie di destra (Casapound, Forza Nuova ecc.) 41.047, Verdi 25.005, PSI 12.487, PC (Marco Rizzo) 14.001, PCL5.256, PRI 3.154, Radicali 9.390, Partito Sardo D’azione 6.539.

Il trend politico complessivo può quindi essere riassunto in questi 5 punti:

1)      Il ridimensionamento del PD reduce dall’effetto “rana gonfiata” delle europee;

2)      Il mantenimento di vitalità del centro destra privo però di una efficace proiezione politica;

3)      La tenuta del M5S, che tiene le posizioni in attesa di definire una strategia. M5S in attesa, con tutta probabilità, di cimentarsi con la “prova del budino” di marca romana.

4)      Il vecchio “centro moderato” di matrice antico democristiana è ormai del tutto fuori gioco essendo lo spazio ben saldamente occupato in gran parte dal PD;

5)      La ricostruzione della sinistra deve cercare altre vie da quello del fuoriuscitismo tardo ulivista, come nel caso di Roma e Torino (risultati molto deludenti) cercando un ricambio soprattutto posto sul piano della rielaborazione di strategia politica. Lo si vedrà molto bene al referendum di Ottobre.

Per un primo approccio a questi dati così importanti ci si può fermare a questo punto: successivamente sarà necessario analizzare la suddivisione geografica del voto e anche quella “sociale” (il fenomeno del PD votato nei quartieri alti e di Lega e M5S nelle periferie è già stato segnalato) e generazionale.

Sarà per i prossimi appuntamenti.

FRANCO ASTENGO

8 giugno 2016

foto tratta da Pixabay

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