Cuba è attanagliata da una crisi forse peggiore di quella del Periodo speciale, subito dopo la fine dell’Urss (1991). È una crisi economica che costringe la popolazione a lunghe e estenuanti code quotidiane per trovare beni di prima necessità ( i cui prezzi continuano a aumentare, +72% nell’ultimo anno).

E a tirare la cinghia al limite del sopportabile. Mentre, a differenza del periodo speciale, si apre nell’isola una pericolosa forbice sociale, innanzi tutto tra chi riceve rimesse dall’estero in moneta dura e chi deve sopravvivere con uno stipendio in pesos mangiato dall’inflazione.

Da la situazione dei primi mesi del 2023, appare difficile che l’economia dell’isola possa uscire dalla crisi in tempi rapidi. Sarebbe infatti necessaria una ripresa impetuosa del turismo, possibilmente accompagnata dal rialzo del prezzo internazionale del nichel (tra i pochi prodotti esportati) e sostenuta da un forte aumento dei servizi medici forniti da Cuba a vari paesi, così come dalla commercializzazione della biotecnologia e di alcuni farmaci prodotti nell’isola (come i vaccini contro la Covid-19).

Si tratta però di ipotesi che, come detto, difficilmente possono avverarsi in tempi rapidi e soprattutto in concomitanza. In questa difficile, se non drammatica situazione la destra repubblicana degli Usa, e soprattutto la contra della Florida, «sentono odore di sangue» e nutrono la narrativa che «oggi sì la società cubana è vulnerabile alle sanzioni». E dunque che è il momento di accelerare la politica volta a provocare la caduta del governo dell’Avana e non di ridurre le sanzioni.

In un clima internazionale dove le élites politiche nordamericane hanno abbracciato la «nuova guerra fredda» come asse della politica estera degli Usa, tale narrativa sembra essere assunta dallo stesso presidente Biden: all’inizio di marzo, gli Stati uniti hanno mantenuto Cuba nella lista nera dei paesi che favoriscono il terrrorismo (misura di recente riconfermata dal segretario di Stato, Tony Blinken).

In questo quadro, sia la destra repubblicana che i più noti influencer della contra di Miami, hanno invaso la rete con messaggi tendenti a trasformare le elezioni di oggi a Cuba per rinnovare l’Assemblea nazionale del Poder popular (Annp, il Parlamento unicamerale) nella più grande dimostrazione «contro il regime dittatoriale comunista dalle proteste popolari dell’11 luglio 2021».

La novità della prossima legislatura è una riduzione del numero dei deputati della Annp a 470 , ovvero 130 in meno della precedente. Secondo quanto previsto dalla democrazia socialista dell’isola i 470 candidati sono stati indicati da esponenti di vari «organismi di massa della società civile», sindacati, studenti, unione delle donne, comitati di difesa rivoluzionari: il 55% sono donne, il 20% giovani fino ai 35 anni, il 45% sono neri o mulatti, il 95% hanno un diploma di scuola superiore, l’età media è di 46 anni.

I candidati sono stati poi confermati da una sorta di primarie nelle Assemble municipali di appartenenza. Per essere eletti domenica dovranno avere il 51% dei voti espressi nel loro collegio.

Nessuno dei 470 candidati è stato espresso dal partito comunista, l’unico ammesso dalla Costituzione. Ma basta dare un’occhiata alle biografie pubblicate nel quotidiano del Pcc Granma e diffuse in vari canali della Tv di Stato per rendersi conto che la grande maggioranza, se non la totalità, proviene dalle fila del Pcc, o dalle organizzazioni della società civile legate al governo. Durante quasi tutto il mese di marzo i delegati sono stati impegnati in incontri con gli elettori.

Il nuovo Parlamento unicamerale eleggerà poi i membri del Consiglio di Stato e il presidente della Repubblica.

Per l’opposizione interna (assai minoritaria) e per le organizzazioni anticastriste fuori di Cuba si tratta di «elezioni blindate», senza la presenza di alcun esponente del dissenso. Così la propaganda anticastrista che ha i suoi centri in Florida e a Madrid ed è maggioritaria in rete martella ogni giorno per spingere i cubani a astenersi dal voto o a votare scheda bianca o nulla.

L’obiettivo indicato da giornali on line come (il madrileno) Diario di Cuba e (il cubano) 14ymedio e di vari blogs di cubano-americani vincolati al partito repubblicano è di «replicare» i risultati delle elezioni municipali del 2022, quando l’astensione raggiunse il picco del 31,5% e con circa il 10% di voti in bianco o nulli.

Da parte sua il governo è impegnato in una massiccia propaganda per organizzare il voto, indicato come unico strumento «per mantenere viva la Rivoluzione» e difenderla da chi vuole mettere fine al socialismo cubano. La formula indicata è quella, prevista nelle schede elettorali, «voto per tutti» per confermare i 470 candidati.
Saranno dunque i dati sull’affluenza e sulle schede bianche o nulle a dare indicazioni sull’esito politico del voto.

ROBERTO LIVI

da il manifesto.it

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