Chi lo ha detto che cani e gatti si azzuffano?

Everteen. Tomi Ungerer, Roald Dahl e il Villaggio delle fate di Anna Vivarelli

Nella sua città, a Strasburgo, dal 2007 esiste il «Center for Illustration – Tomi Ungerer»: all’epoca rappresentava una rarità assoluta dato che era un museo dedicato a un autore ancora vivente (Ungerer è scomparso nel 2019, era nato nel 1931). È un posto particolare, «fiorito» dentro la cornice elegante di Villa Greiner e conserva circa undicimila disegni di questo prolisso artista e scrittore che, nel corso della sua vita, ha pubblicato più di 140 libri. Appassionato di mineralogia e di lunghe pedalate in bicicletta, l’autore lasciò la Francia nel 1956 per partire all’avventura (visse anche nelle estreme propaggini del Canada) passando poi gli ultimi quarant’anni a Cork, in Irlanda, dove – diceva – «puoi parlare allo stesso modo con un medico e un contadino perché è un paese senza arroganza e troppe distinzioni di classi sociali». Ungerer si è sempre considerato trilingue, scrivendo in francese, inglese e tedesco e forse proprio questa sua posizione obliqua e aperta lo ha portato a privilegiare personaggi «ibridi», abitatori di più mondi insieme.

È questa infatti l’identità di Flix (Camelozampa, pp. 40, euro 16, traduzione di Sara Saorin) nato cane da una innamoratissima coppia di gatti, creatura che a tutto si adatta nonostante i pregiudizi altrui e che, con il suo carattere gioioso (impegnato a mettere pace facendo collimare i tasselli della variegata popolazione felina e canina di Borgatto e Canecittà), finirà per formare addirittura un partito politico per conferire eguali diritti ai «diversi». Divenuto grande, a sua volta rapito da amore, sceglierà una barboncina che partorirà una bella gattina, chiudendo il cerchio delle mescolanze che rendono felici.

Eccentrico e poco ortodosso (naturalmente, pure sporcello) è anche il genitore affrescato con veloci tratti (in rima) da Roald Dahl nell’albo uscito con Ape Junior Il mio papà è fantastico (euro 10,90), accompagnato dalle illustrazioni di Quentin Blake, una delle coppie più feconde per la semina delle emozioni nella letteratura per l’infanzia. Infine, c’è l’avventurosa quotidianità di una figlia e un padre (agente immobiliare) accaniti «occupatori» di case che poi, una volta vendute, devono lasciare ai legittimi acquirenti. La loro normalità è attraversata da uno stato di perenne trasloco. Ventuno le dimore che cambiano nella loro nomadica esistenza (la madre nonché moglie è fuggita con un suo ex fidanzato ed è anche sparita) fino ad approdare al Villaggio delle Fate, in una pineta con alcuni bungalow mobili, tante stelle splendenti nel cielo da osservare al telescopio, scoiattoli e uccelli per allietare i risvegli. Ma le streghe, nelle fiabe moderne, prendono la forma delle proprietarie di terreni che obbligano a sloggiare chi vi poggi sopra piedi e sogni. Eppure le risorse della libertà sono infinite e si colorano di amicizie con altre famiglie, corse ciclistiche, scorribande circensi e un allenamento alla precarietà. Il romanzo di Anna Vivarelli La casa delle meraviglie (Feltrinelli, pp, 126, euro 10) si candida così a essere una storia di formazione e di educazione sentimentale che prende la scorciatoia dell’assoluta voglia di vivere senza paletti sociali.

ARIANNA DI GENOVA

da il manifesto.it

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