Alla vigilia della Giornata mondiale dell’acqua, l’Istat fa il punto sui problemi principali che riguardano la risorsa nel nostro Paese, che sono fondamentalmente due: la siccità e un elevato livello di perdite di rete per l’acqua immessa nella rete acquedottistica.

Il primo aspetto, che non è solo statistica ma già attualità anche nel 2023, tanto che ieri a Palazzo Chigi si è riunita una cabina di regia sulla crisi idrica, presieduta da Matteo Salvini al termine della quale è stato nominato un commissario straordinario, in carica fin al 31 dicembre 2023, che potrà sbloccare interventi di breve periodo come, ad esempio, sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque e aumento della capacità degli invasi.

Il livello della siccità è misurato dall’Istituto nazionale di statistica a partire dai dati raccolti nei 24 Comuni capoluogo di Regione e Città metropolitana, il 2021 si presenta come uno degli anni meno piovosi dell’ultimo decennio, con una precipitazione media totale di circa 72 centimetri, in calo di 7,5 centimetri rispetto al corrispondente valore del decennio 2006-2015. Sono 20 le città nelle quali si rileva una diminuzione, più alta per Bologna (-31 cm), Trieste (-26 cm), Milano (-24 cm) e Venezia (-22 cm).

Uno degli effetti della riduzione delle precipitazioni, che ovviamente non riguarda solo i capoluoghi ma tutto il Paese, è l’adozione di misure restrittive nell’erogazione idrica, causate dalla riduzione della portata delle fonti di approvvigionamento, causate del cambiamento climatico, che rendono insufficiente la disponibilità della risorsa idrica in alcune aree del territorio.

Nel 2021, sono stati 15 i Comuni capoluogo di provincia o di città metropolitana che hanno attuato misure di razionamento nella distribuzione dell’acqua potabile, segnando un incremento rispetto al 2020 (+4). Il problema, spiega l’Istat, non è più «esclusiva prerogativa dei capoluoghi del Mezzogiorno», perché il razionamento ha coinvolto anche un capoluogo del Nord (e non accadeva dal 2010), Verona, e uno del Centro, Prato.

Nel 2021 misure di razionamento sono adottate anche in quasi tutti i capoluoghi della Sicilia (tranne Messina e Siracusa), in tre della Calabria (Reggio di Calabria, Cosenza e Crotone), in uno della Campania (Avellino), due dell’Abruzzo (Chieti e Pescara).

Le situazioni più compromesse sono Cosenza, dove la misura è stata adottata tutti i giorni dell’anno, per fascia oraria e a giorni alterni, e Chieti, Agrigento e Trapani, con la sospensione o riduzione dell’acqua in quasi tutti i giorni dell’anno, con turni diversi di erogazione estesi a quasi tutti i residenti.

Un altro dei problemi che insieme alla riduzione delle precipitazioni favorisce questa situazione è l’obsolescenza dell’infrastruttura, soprattutto nel Mezzogiorno.

Nel 2020, il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua, calcolato come differenza tra i volumi immessi in rete e i volumi erogati, è pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,2% dell’acqua immessa in rete. Nel 2020, rispetto al 2018, i volumi complessivi movimentati nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile diminuiscono di circa un punto percentuale, mentre le perdite in distribuzione non presentano variazioni significative (erano al 42,0%), «confermando ancora lo stato di inefficienza di molte reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile» spiega Istat.

Le perdite rappresentano uno dei principali problemi per una gestione efficiente e sostenibile dei sistemi di approvvigionamento idrico e, benché molti gestori del servizio idrico abbiano avviato iniziative per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi, la quantità di acqua dispersa in rete continua a rappresentare un volume cospicuo, quantificabile in 157 litri al giorno per abitante. «Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2020 soddisferebbe le esigenze idriche di oltre 43 milioni di persone per un intero anno», praticamente un’altra Italia.

La situazione è leggermente migliore nei 109 Comuni capoluogo di provincia e di città metropolitana, dove i gestori spesso concentrano maggiori investimenti e migliori monitoraggi e la situazione infrastrutturale è nel complesso migliore. Qui le perdite totale sono pari al 36,2% (sei punti percentuali meno del dato nazionale e circa un punto in meno rispetto al dato registrato nel 2018). In nove regioni, invece, le perdite idriche totali in distribuzione sono superiori al 45%, con i valori più alti in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%).

Quello dei mancanti investimenti per ammodernare le reti è uno dei cavalli di battaglia del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, a partire dal referendum del 2011 «2 Sì per l’acqua bene comune».

Dodici anni dopo, lo Stato latita e i gestori quotati in Borsa preferiscono pagare dividendi agli azionisti (nel caso della romana Acea, il cui piano industriale 2020-2024 prevede addirittura un aumento dei dividendi a 860 milioni di euro distribuibili nell’arco del piano, è pari quest’anno a 0,85 centesimi per azione; per la lombarda A2a si parla di 0,0904 euro per azione, corrispondente ad un monte dividendi pari a circa 283 milioni di euro) senza risolvere il problema.

LUCA MARTINELLI

da il manifesto.it

Foto di mali maeder