Le lotte in Francia, preludio di una nuova Europa

En regard de ces hommes, farouches, nous en convenons, et effrayants, mais farouches et effrayants pour le bien, il y a d’autres hommes, souriants, brodés, dorés, enrubannés, constellés, en...

En regard de ces hommes, farouches, nous en convenons, et effrayants, mais farouches et effrayants pour le bien, il y a d’autres hommes, souriants, brodés, dorés, enrubannés, constellés, en bas de soie, en plumes blanches, en gants jaunes, en souliers vernis, qui, accoudés à une table de velours au coin d’une cheminée de marbre, insistent doucement pour le maintien et la conservation du passé, du moyen âge, du droit divin, du fanatisme, de l’ignorance, de l’esclavage, de la peine de mort, de la guerre, glorifiant à demi-voix et avec politesse le sabre, le bûcher et l’échafaud. Quant à nous, si nous étions forcé à l’option entre les barbares de la civilisation et les civilisés de la barbarie, nous choisirions les barbares.

( V. HUGO)

Da ormai un mese, la Francia sta vivendo un grande risveglio sociale che sta investendo diverse categorie di lavoratori i quali, assieme agli studenti delle scuole superiori e delle università, stanno dando vita al primo grande movimento di contestazione delle politiche di Macron e del suo Presidente del consiglio Philippe.

Ma andiamo in ordine: nel Maggio dello scorso anno, la vittoria elettorale di Macron al secondo turno delle elezioni presidenziali segna uno dei punti di più bassa partecipazione elettorale da parte del popolo francese, a fronte di una grande mobilitazione popolare nel primo turno, soprattutto a sostegno del candidato della France Insoumise Jean Luc Mélenchon, che per per seicentomila voti, in parte “drenati” dal socialista Hamon, ha sfiorato il secondo turno. Nonostante tale vittoria cadmea, Macron, già banchiere di successo e soprattutto Ministro di Hollande, viene presentato come immagine di una Francia vincente e giovane, pur essendo un candidato letteralmente costruito dai media in un Paese in cui nove miliardari possiedono il 90 per 100 dei mezzi d’informazione, a seguito degli scandali che misero fuori gioco il candidato della destra gollista Fillon, su cui in prima battuta aveva scommesso la grande borghesia.

Il giovane rampante, col sui decisionismo, “piace alla gente che piace”, ossia a coloro i quali gli hanno dato sostegno in cambio della cieca obbedienza alle volontà dei “mercati “ (esattamente come Renzi in Italia): in un Paese in cui il debito pubblico costituisce il 90 per cento del Pil, si impegna da subito sulla via delle “riforme” richieste dalla UE e dai suoi sponsores, ossia allo smantellamento dei diritti del lavoro ed al progressivo processo di privatizzazione di un’economia, quella francese, da sempre a forte supporto pubblico.

Sulla scorta di quanto già iniziato dai precedenti governi nominati da Hollande, Macron da subito inizia a colpire le leggi a tutela del lavoro, attraverso una riforma che, monetizzando i lincenziamenti, esattamente come la riforma renziana, inizia a destrutturare le garanzie di sicurezza e di stabilità dell’occupazione, sostituita da quella che in Francia è chiamata l’ “huberisation” del lavoro, dal nome della famigerata impresa di trasporto privato.

Nonostante le mobilitazioni di CGT e forze della sinistra, la partecipazione nella prima fase di lotte risulta minoritaria, forse a causa di due opposte ma complementari onde lunghe: la delusione della sinistra rispetto ai risultati elettorali e la spinta mediatica del Presidente: gli scioperi e le manifestazioni, pur con numeri che in Italia oggi sarebbero significativi (a Parigi sfilano in 50 mila), non registrano quella “connessione sentimentale” di massa tale da trasformare una lotta dalla testimonianza alla rivendicazione, anche a causa della continua pressione securitaria determinata dai tragici attentati degli ultimi tre anni, che concentrano l’opinione pubblica, a torto e/o a ragione, su altre questioni, finendo, anche senza volerlo, per favorire la peggiore macelleria sociale.

Se, dunque, nel 2017 le “magnifiche sorti e progressive” ordoliberali di Macron sembravano senza fine, nonostante la continua opposizione parlamentare della France Insoumise di Jean Luc Mélenchon e dei sindacati CGT e SUD, e, talvolta, anche della più moderata Force Ouvrière, agli inizi del 2018 la situazione muta radicalmente nel momento in cui i progetti di “riforma” governativi iniziano a toccare settori storicamente coscienti e politicamente combattivi: il mondo universitario e soprattutto gli “cheminots”, i ferrovieri, contro i quali il governo, intenzionato a privatizzare le ferrovie per aprirle alla concorrenza, toccando il loro statuto, figlio degli anni del Fronte popolare del 1936, ha scatenato una vera e propria guerra con i consueti metodi della propaganda neoliberale: dapprima, è stata fatta una campagna mediatica per delegittimare il sistema ferroviario pubblico, indicando nei ferrovieri dei “privilegiati” rispetto agli altri lavoratori, quindi è stato presentato il progetto di riforma mirando a dividere i lavoratori dagli utenti e mettendo i secondi contro i primi, sino a quando – e siamo all’oggi- la strategia di lotta e comunicazione del movimento sindacale non ha iniziato ad aprire delle incrinature nella narrazione mediatica, soprattutto grazie ad una mobilitazione dal basso che sta vedendo negli ultimi giorni un’unificazione delle lotte.

Nella fattispecie, a partire dal 3 Aprile 2018 e per i prossimi tre mesi, i ferrovieri attueranno due giorni di sciopero la settimana, i quali si andranno ad affiancare agli scioperi previsti nel trasporto aereo ( il governo ha già preparato la privatizzazione dell’aeroporto parigino di Orly, del valore di 8 miliardi) , quelli degli spazzini e quelli nel mondo della scuola e dell’università, toccati da un processo di progressiva aziendalizzazione. Nelle università, in particolare, la repressione nei confronti degli occupanti a Montpellier, Nantes, Bordeaux ed altre città è stata molto dura; in certi casi, come a Montpellier, dei gruppi di estrema destra armati di bastoni e taser sono riusciti addirittura a fare irruzione nelle aule, picchiando selvaggiamente molti studenti, entro un inquietante fenomeno ancora tutto da indagare, e che ha determinato le dimissioni del rettore di Montpellier, cosa che evidenzia come sempre l’estrema destra sia in estrema sintesi l’ “utile idiota del padrone”.

Ancora non è dato sapere come si evolverà la situazione, anche se il primo dei grandi scioperi ha registrato punte di adesione al 75%, ma un dato è certo: la Francia è allo stato attuale l’ultimo bastione di resistenza di massa al neoliberismo reale, e dunque un luogo nel quale potenzialmente può avere inizio quel ribaltamento progressivo dei rapporti di forza che solo può dare un futuro ad un’Europa ormai divenuta una fortezza nei confronti dei poveri del mondo, una gabbia nei confronti dei Paesi che ne fanno parte ed una costante minaccia alla stabilità economica di milioni di persone.

Un’Europa dei capitali alla quale va contrapposta un’Europa della solidarietà e dei diritti, dell’apertura fisica e mentale, della pace e dell’eguaglianza fra i popoli, lontano sia da ogni sovranismo reazionario, anche quando ammantato di “sinistra” che da ogni liberoscambismo cieco.

ENNIO CIRNIGLIARO

redazionale

13 aprile 2018

foto tratta da Pixabay

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