La strada obbligata di Psoe e Podemos per fermare le destre

Prospettive iberiche. Dopo l’esito disastroso delle elezioni andaluse, si impone un rapido tentativo di consolidamento della maggioranza di governo, che ancora regge sulle forze nazionaliste catalane e basche e sull’appoggio di Unidos-Podemos
Il primo ministro spagnolo, il socialista Pedro Sànchez

Il fuoco appiccato ieri alle barricate che bloccavano molte strade di accesso a Barcellona forse non ha bruciato ancora la speranza che il conflitto territoriale catalano si possa avviare verso una vera soluzione politica.

Mentre il congresso dei deputati approvava quel tetto di spesa non votato a giugno proprio dagli indipendentisti e da Unidos-Podemos, si è tenuto l’incontro tra il capo del governo spagnolo Sánchez e quello del governo autonomo catalano Torra. La parola d’ordine diffusa dai Cdr – i Comitati in Difesa della Repubblica – è stata «saremo ingovernabili» come risposta alla convocazione in città del Consiglio dei ministri del governo spagnolo. Abbastanza inopportuna la scelta della data, proprio il 21 dicembre, il giorno in cui Rajoy l’anno passato, sotto il rigido controllo dell’articolo 155, decise di indire le elezioni per il governo della Catalogna, non riconoscendone la dichiarazione di indipendenza.

Ma in questi giorni, dopo l’esito disastroso delle elezioni andaluse, si imponeva un rapido tentativo di consolidamento della maggioranza di governo, che ancora regge sulle forze nazionaliste catalane e basche e sull’appoggio di Unidos-Podemos. Così, Consiglio dei ministri a Barcellona, al cui esito è legata sia l’approvazione del bilancio dello stato per il prossimo anno, che tante risposte darebbe alla questione sociale, sia la possibilità di durare del governo socialista.

In molti vorrebbero soffocare questa speranza. Innanzitutto le destre, Pp, Ciudadanos e Vox, abilmente orchestrate dall’ex-presidente Aznar, che chiedono elezioni anticipate, dopo il successo ottenuto in Andalusia, e vogliono spregiudicatamente che lo scontro in Catalogna si radicalizzi e precipiti. Il loro gioco è chiaro.

Ha lavorato con altrettanta lena e vocazione al sacrificio una parte delle forze indipendentiste, che pur di non mettere in discussione la linea unilaterale sembra invocare lo scontro, forse sperando che per questa strada si svegli l’Europa, facendo arrivare qualche segnale di consenso all’indipendenza della Catalogna. Mentre proprio i prigionieri politici di Esquerra Republicana e Junts per Catalunya hanno diffuso un comunicato in cui chiamano alla mobilitazione pacifica e a non cadere nelle provocazioni. C’è infine il fuoco amico di quella parte dei socialisti spagnoli che non ha mai digerito la svolta a sinistra che Sánchez ha impresso al Psoe, il modesto orizzonte che delineano è quello di rilanciare le larghe intese per impedire che Ciudadanos e Pp si alleino con l’estrema destra franchista di Vox. Per chiudere definitivamente con Podemos e con tutto ciò che quel partito rappresenta dell’indignazione del 2011 contro la ricetta liberista della crisi.

Evitare elezioni anticipate è decisivo se si vuole impedire una pericolosa involuzione della Spagna. Pensare di riuscire a farlo con improvvisazioni e colpi di immagine non porta da nessuna parte se non a una sconfitta storica. Sánchez e il Psoe, e con loro Podemos, hanno un’unica strada: consolidare la maggioranza e trasformarla in una alleanza strategica, lo schieramento con cui sfidare le destre alle prossime elezioni, cercando di vincerle.

Il Consiglio dei ministri intanto è riuscito ad approvare l’aumento del salario minimo, il maggiore aumento dal 1977, l’aumento delle retribuzioni dei funzionari pubblici e, nonostante le tensioni in piazza e gli arresti effettuati dai mossos, ha continuato a lanciare messaggi distensivi verso i catalani come con l’annullamento della sentenza contro Companys, presidente della Generalitat assassinato nel 1940 dal regime di Franco, dopo essere stato arrestato dalla Gestapo in Francia.

La strada obbligata da percorrere per rilanciare la maggioranza di governo passa dalla approvazione dell’insieme delle misure sociali fortemente redistributive, previste dalla manovra di bilancio 2019, e dalla riforma del vecchio patto costituzionale per dare una soluzione alla questione catalana. Strada difficile da percorrere quando a gennaio inizierà il processo ai detenuti politici catalani e le destre lo utilizzeranno, invocando una giustizia di parte e condanne esemplari per agitare le piazze. Strada complicata, ma l’unica praticabile.

MASSIMO SERAFINI
MARINA TURI

da il manifesto.it

foto tratta da Wikimedia Commons

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