Il freddo della morte davanti alle porte d’Europa

Prima i governi europei fanno a gara a chi salva meno migranti oltre le 30 miglia marine, poi tutti sono pronti a battersi il petto e ad avvicinarsi ipocritamente...

Prima i governi europei fanno a gara a chi salva meno migranti oltre le 30 miglia marine, poi tutti sono pronti a battersi il petto e ad avvicinarsi ipocritamente alle parole del pontefice sui diritti umanitari, sull’ecatombe che si sta consumando al largo delle nostre coste meridionali.
Il gioco tragico al massacro è anche tutto questo: una scia di ipocrisia di Stato che si accompagna molto bene al razzismo alimentato dalla Lega Nord e da Matteo Salvini con i suoi millanta interventi televisivi dove sciorina numeri ad arte gonfiati per alimentare una propaganda di disprezzo ed odio come nemmeno il Ku Klux Klan sapeva fare.
E’ in questo contesto di arretratezza morale e culturale che va letta la tragedia degli oltre 330 migranti morti assiderati, di ipotermia e magari anche annegati perché caduti dai barconi di quella che è la loro unica speranza e diventa invece l’ancora che li trascina non alla salvezza, ma alla profondità più buia del mare “nostrum”.
Un’Europa, del resto, che non fa che pensare a come calcare la mano sul debito pubblico dei paesi già in estrema difficoltà, non può essere un sistema di cooperazione tra stati teso a salvaguardare vite al limite della vita stessa.
Triton e Frontex si sono rivelati un fallimento e il meno meggio che c’era sul mercato, l’operazione “Mare Nostrum”, viene ora reclamata in reintroduzione per evitare nuove tragedie, per scongiurare l’arrivo di barconi vuoti che segnalano solo un triste epilogo per viaggi d’avventura dove dalle guerre fratricide e dai califfati omicidi si fugge per avere l’ultima delle speranze in una terra sempre più straniera, sempre meno accogliente.
Bisogna in qualche modo interrogarsi su come mai una nazione come l’Italia, con una Costituzione avanzata ed evoluta sul piano sociale e civile (dove l’antisociale e l’anticivico tentano ogni giorno di scardinarne le fondamenta…), non riesca ad assumere un punto di vista solidale nei confronti dell’immigrazione, tenendo conto che rimaniamo un paese con un tasso di crescita demografica non certamente alto e che, nonostante questo, il numero degli “stranieri” non aumenta negli anni, ma anzi tende a diminuire.
L’unico tessuto solidale che regge sembra essere quello della Chiesa cattolica e delle reti di protezione messi in essere dalle altre confessioni religiose. L’intervento dello Stato o si fonda su singoli progetti mirati o, per troppo lungo tempo, si è fondato sulle leggi come la Turco – Napolitano e poi la Bossi – Fini: tutte respingenti, tutte discriminanti e includenti solo in quelle strutture – lager che sono tristemente note con l’acronimo “CIE”.
Ora l’Europa del nord si mostra sicura di sé stessa, forte di un trascinamento economico che sfida il governo ribelle di Atene, e lo fa anche sul piano umanitario. David Cameron pochi mesi fa proclamava a pieni polmoni che Roma era troppo indulgente con il fenomeno migrante e che avrebbe dovuto resistere alla tentazione di salvare i barconi della morte.
Anche questa, in fondo, è una cultura di ostilità, di guerra aperta all’umanità e da parte di un leader che si definisce “laburista” e, in teoria, dovrebbe avere un retroterra culturale quanto meno sociale.
Ma le tragedie del mare sono così palesemente evidenti, hanno numeri così debordanti dalle due cifre che non possono non destare scalpore e inchiodare alle rispettive responsabilità tutti quelli che si sono voltati dall’altra parte per far finta di non vedere, per ignorare quello che si sperava fosse un problema “trascurabile”.
L’alimentazione costante dei fuochi di guerra nel Medio Oriente e in Africa dove l’Isis colpisce dalla Libia fino all’Iraq e alla Siria, ha costruito un solido ponte migratorio che è passato attraverso la Turchia e attraverso i canali di comunicazione tra Tripoli e la Sicilia, tra Tunisi e le coste di Lampedusa.
Non c’è stata sosta per i mercanti di carne umana, per i trafficanti di schiavi delle guerre e della fame. E l’Europa ha reagito a tutto questo ponendo limiti, confini e barriere non perché intimorita dalle parole di Matteo Salvini o Marine Le Pen, ma perché persuasa, ampiamente persuasa, del suo compito di ricostruirsi come fortezza economica in gara costante con il capitalismo americano e asiatico. I poli economici valgono di più, ovviamente, delle vite umane. Anche di centinaia e centinaia di vite in un colpo solo, in un solo affondamento di barconi, in un solo collettivo assideramento marino.
L’inversione di tendenza, anche in questo caso, può arrivare solo da nuovi governi che rovescino la logico dell’Europa economica esclusivista e monopolista dei debiti. Dall’Europa antisociale della Merkel e di Draghi all’Europa solidale e sociale di Tsipras.
Noi puntiamo su quest’ultima come speranza di evoluzione di una politica dell’integrazione totale, della solidarietà senza prezzo, colore, cultura. Noi dobbiamo puntare ad una Europa che faccia dell’umanità la sua forza e dell’economia di mercato l’estrema subordinata a tutto il resto.

MARCO SFERINI

12 febbraio 2015

foto tratta da Pixabay

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