Ancora una volta, Aldo dice 26 x 1…

Con una repubblica in odore di presidenzialismo informalmente descritto dalla rielezione di Napolitano al Quirinale e formalmente proclamato dalla parte politica maggiormente eversiva del Paese (sto parlando di Silvio...

Con una repubblica in odore di presidenzialismo informalmente descritto dalla rielezione di Napolitano al Quirinale e formalmente proclamato dalla parte politica maggiormente eversiva del Paese (sto parlando di Silvio Berlusconi e della sua schiera di corifei), l’attualità dei valori della Resistenza antifascista è da riaffermare ogni giorno, non solamente il 25 aprile d’ogni anno:
Tuttavia, la memoria la si può conservare pienamente se si prende anche coscienza dell’oggi, di come si viva, in quali condizioni di estrema sopravvivenza siano costretti milioni di persone nel nostro Paese.
In que Paese a cui associamo spesso l’aggettivazione petrarchesca per farne il più bello del mondo e che mostra, in tutta la sua evidenza, i limiti di una società che ha accondisceso per troppo tempo ai disvalori del liberismo, fondandosi sull’egoismo, su un egocentrismo che ha sciolto i legami che la solidarietà operaia, del movimento dei lavoratori avevano costruito dal dopoguerra fino agli anni ’80.
Poi è iniziato un lento declino, una progressiva seduzione merceologica che ha avuto nel connubio politica-affari il suo padre e padrone con Silvio Berlusconi.
La corruzione morale di molta parte della popolazione si è aggiunta alla già fin troppa corruzione politica e la Costituzione è stata relegata in un angolo quando, ancor peggio, usata per affari strettamente privati, violentandola e facendola diventare un mero pezzo di carta privo di qualunque valore.
La riscoperta dei valori repubblicani e costituzionali non ci sarà nemmeno con il governo di Enrico Letta, ammesso che possa vedere la luce in questi giorni. Le ricette politiche sulle riforme istituzionali e quelle economiche saranno in continuità se non con l’austerità montiana, certamente col liberismo continentale gestito dalla Banca Centrale Europea. Mario Draghi si è assicurato più volte, telefonicamente con il Quirinale, che tutto procedesse nel solco di un’assicurazione di linearità su Palazzo Chigi che non conoscesse alcuna soluzione di continuità con la precedente traccia istruita dal senatore Monti e da Corrado Passera.
Se oggi esiste un’offesa fatta al linguaggio e alla verità, ebbene questa è tutta nell’abuso della parola “riforma”. Quando generalmente si citano “le riforme”, si cita un cambiamento gattopardesco, una finzione, un nulla di fatto.
Davanti a questi scenari pietosi, davanti allo spettacolo indegno dato dal PD e dal Parlamento per l’elezione del nuovo (si fa per dire…) Capo dello Stato, sembra quasi venire meno anche il valore di una festa come quella della Liberazione dal nazifascismo e di fondazione della futura Repubblica Italiana.
Invece vogliamo ancora pensare e sentire questa festa come la più bella della nostra Repubblica, la più alta di valore per le coscienze e per le vite che vi si sacrificarono in nome di una libertà di cui molte e molti di noi non sono degni. Eppure, anche se l’indignità è diffusa e poggia sul menefreghismo, sulla disaffezione, sulla ricerca della dimenticanza, dell’oblio e della lontananza dall’impegno civico, politico e sociale, nonostante tutto questo, il 25 aprile va festeggiato con vigore, con rumorosa partecipazione: cantando, sfilando, sventolando le bandiere rosse e della pace e andando con i giovani nei luoghi – e sono tantissimi – dove la Resistenza è passata con le gambe delle partigiane e dei partigiani: dalle città alle campagne, dalle colline alle montagne.
Visitate qualche cippo, qualche stele partigiana: leggete i nomi dei giovani di allora, morti a vent’anni sotto i colpi dei plotoni di esecuzione dei fascisti e dei nazisti. Durante l’anno c’è solo il vento ad accarezzare quelle fotografie sbiadite, quelle lapidi ruvide e quelle bandiere tricolori che vi sventolano accanto.
Ogni 25 aprile raduno i miei pensieri e le tante voci che nella mia vita ho sentito dalle bocche di chi c’era e di chi ha sofferto: nei campi di concentramento e sterminio del Terzo Reich; di chi ha vissuto la guerra qui in città dove i gappisti svolgevano un ruolo pericolosissimo, critico e di grande sostegno a chi lottava in montagna e in collina.
Ho sentito le voci delle donne partigiane, come Vanna Vaccani Artioli, raccontarmi del fratello ucciso a 18 anni ad Albenga e da lei riportato a casa in mezzo alle macerie di un’Italia distrutta materialmente e moralmente.
Ho sentito le voci di Pino Menozzi e di Piero Corsiglia raccontarmi della atroce fame, del freddo di quegli inverni sotto il tiro dei mitra nazifascisti, e di quando, a fine guerra, rirtrovato un panino ammuffito in un cassetto, con la disperazione dei morsi dallo stomaco, con un coltello improvvisato si raschiava via dal pane quella muffa per poter mangiare quel che rimaneva di quel sassolino di farina e di acqua…
E ho sentito i racconti di Luciano Guarena e di sua moglie Giovanna, per noi tutti “Gina”: la deportazione, il ritorno, la ricostruzione di un Paese che era completamente allo sbando. Come oggi. Ma con l’aggravante che allora non esisteva proprio nulla: dalle leggi alla Costituzione, dall’assetto economico a quello civile.
Ho sentito tante voci e, per ultima ma non ultima, mi viene alla mente il lungo racconto di mio nonno Antonio che spesso mi snocciolava quelli che oggi protremmo banalmente definire “aneddoti”, ma che erano robuste fette di vita vissuta nel mezzo dei bombardamenti sullo stabilimento dell’Ilva di Savona, sulla fortezza del Priamar. La durezza delle squadracce che malmenavano senza alcuna pietà donne, vecchi e bambini che fuoriscivano dalla loro condotta “irreprensibile” di vita, dalla morale fascista, dalla fascistizzazione totalitaria di un presente da cui si voleva solo fuggire e presto.Ed invece la guerra durò cinque anni, dopo quindici di dittatura.
Ma c’è sempre, anche oggi, anche in un periodo di ondeggiamento delle coscienze e dei bisogni materiali come la stretta attualità in cui viviamo, un elmento di speranza, un canto di libertà che non viene meno. Se ci sono ancora giovani che sentono questi valori, ventenni che vogliono vedere Auschwitz, che vogliono conoscere la vicenda degli studenti della Rosa Bianca, che si emozionano per l’assassinio dei fratelli Cervi, che sentono rabbia e dolore quando guardano un film che parla di Marzabotto o di Sant’Anna di Stazzema, che vogliono capire e che arrivano alla naturale conclusione che solo l’uomo ha fatto tutto questo e, siccome lo ha fatto una volta può ancora rifarlo, allora, se tutti questi ragazzi ci sono e si iscrivino all’ANPI o a forze della sinistra e democratiche, comunque antifasciste, la memoria dell’orrore è viva e non c’è revisionismo che la possa sorpassare.
Non c’è una conquista che possa durare per sempre. Ma ci sono conquiste e cammini di emancipazione che vanno sempre difesi, vigilando sulla democrazia, difendendola anche da chi dicendo di volerla proteggere finisce per affossarla.
Questo è il fiore del partigiano, il suo più bel fiore: la libertà unita alla giustizia sociale per cui centinaia e centinaia di comunisti morirono. Dovremmo ogni anno rinnovare un giuramento laico festeggiando il 25 aprile. Facciamolo senza la retorica delle cerimonie di Stato, ma con la semplicità della partecipazione e con tanta, nuova, grande passione per la libertà, per la democrazia, per la Repubblica e per quello che, almeno per noi comunisti, è l’obiettivo finale. Così lontano, ma imprescindibile se questa disgraziata umanità vuole sopravvivere.
Ancora una volta “Aldo dice 26 x 1” e se non sapete a cosa si riferisce questo codice da telegramma… leggete qui sotto:

[Testo del telegramma diffuso dal Clnai indicante il giorno [26] e l’ora [1 di notte] in cui dare inizio all’insurrezione

A tutti i comandi zona.
Comunicasi il seguente telegramma: ALDO DICE 26 x 1 Stop Nemico in crisi finale Stop Applicate piano E 27 Stop Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga Stop Fermate tutte macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette Stop Comandi zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità forze alleate su strade Genova-Torino et Piacenza-Torino Stop 24 aprile 1945. A tutti i comandi zona. Stop.]

MARCO SFERINI

24 aprile 2013

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