Rubacchio in parte il titolo per queste note perché ben si addice alle miserie in cui è scivolato ciò che resta di Rifondazione Comunista.
Dall’alto dell’1,3% ottenuto con l’impresa di “Potere al popolo” e con l’1,7% registrato da “la Sinistra” alle recenti europee, gli attuali dirigenti guidati dal “libertario” Acerbo ed orientati dal “sempreverde” Ferrero, hanno pensato bene che per rispondere all’ondata di destra, all’inutilità ed inefficacia certificata della propria azione politica, non fosse utile aprire una discussione profonda, utilizzando e cercando di riattivare tutte le energie umane e le esperienze che ancora sono all’interno di Rifondazione Comunista.
Hanno pensato, Acerbo e co., che non fosse necessario assumersi doverosamente le proprie responsabilità di fronte a risultati tanto negativi che forse è utile brevemente e parzialmente riassumere:
– sul piano elettorale oltre ai già citati risultati elettorali va ricordata la mancata presentazione alle elezioni in Piemonte, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Molise, l’ottenimento dello 0,7% alle regionali sarde… Unici risultati parzialmente positivi quelli registrati alle regionali in Sicilia con il superamento del quorum del 5% ed in Basilicata con un risultato oltre il 4%: realtà in cui Rifondazione Comunista ha raggiunto accordi di coalizione non graditi (sicuramente quello siciliano!) all’Acerbo neo-segretario (si vedrà ora che accadrà in Umbria, Emilia-Romagna e Calabria….);
– sul piano del Partito, che ancora all’ultimo Congresso conclusosi a Spoleto registrava oltre 600 assemblee territoriali svolte, l’ultimo dato fornito in occasione del recente CPN dava una adesione/numero di iscritti “certificati”di 5.178 nel 2017 e di 2.191 iscritti certificati nel 2018 (certamente gli iscritti saranno di più ma… i dati non sono disponibili, salvo quelli non certificati e solo regionali riportati sul sito nazionale). Nessun dato pervenuto per l’anno in corso, 2019, nonostante sia statutariamente previsto il Congresso Nazionale ordinario per marzo del prossimo anno. In ogni caso si è di fronte ad un dato molto modesto che andrebbe comunque reso pubblico;
– nessuna campagna nazionale condotta, nessun tema caratterizzante, nessuna “bandiera”che si sia potuta sventolare come motivante e caratterizzante l’azione del Partito. Decine di comunicati firmati sempre dal “Segretario nazionale Acerbo”, su ogni tema, comunicati che quasi mai sono andati oltre il “sito ufficiale del PRC” o le pagine Facebook degli aficionados e che certamente poco hanno contribuito a realizzare un fronte sociale di opposizione di sinistra alternativa….;
– nessuna iniziativa di riflessione sulla propria identità, ruolo, etc…, nessun risultato nella ricomposizione a sinistra (disastroso il comportamento e le giravolte nella vicenda PAP), atteggiamenti e prese di posizione prevalentemente settari, nessun tentativo e/o capacità di reale reinsediamento territoriale coordinato, rare iniziative sul lavoro, nessun serio interesse per la ricostruzione di una presenza tra le giovani generazioni… solo richiami ai vari anniversari…;
– nessuna iniziativa per dare corpo alla Sinistra Europea in Italia e nessuna trasparenza, nel rapporto con le altre forze che, come il PRC, fanno parte della SE, nessun riporto del dibattito interno e/o delle stesse valutazioni post-voto europeo;
– scarsa valorizzazione, neppure nella composizione delle liste e/o nelle iniziative elettorali, del lavoro svolto in Parlamento europeo (valorizzazione che è venuta invece con le preferenze ottenute da Eleonora Forenza) e di candidature nazionali ritenute “non omogenee” come quella di Roberta Fantozzi;
– nessun lavoro collegiale, nessuno sforzo per far funzionare effettivamente le strutture/presenze territoriali del Partito demandando tutto (al di là delle stesse prerogative statutarie) ai soliti Segretari regionali (mica tutti però, solo quelli “omogenei”) nessuna crescita di lavoro collettivo, di coordinamenti tematici, di tentativo di costruzione di nuovi, plurali, rappresentativi (anche di genere) ”gruppi dirigenti”, nessuna valorizzazione delle esperienze, pur esistenti, di buone pratiche locali. Mancato rispetto degli stessi risultati congressuali e sostegno invece ad egoismi e prepotenze di piccoli (ma è ciò che resta,ormai) rappresentanti locali;
– nessuna valorizzazione delle competenze (che pure esistono ancora al nostro interno), nessun risposta concreta a problemi aperti come ad esempio la comunicazione: l’idea riproposta è stata sostanzialmente quella del “partito personale” contraddicendo nei fatti le sbrodolate verbali e le citazioni ridondanti su democrazia e partecipazione;
– scarsa, insufficiente, attenzione e cura per ciò che è restato del PRC.
La risposta a questo “Titanic” è stata una chiusura, una ulteriore riduzione del “gruppo dirigente”, un ulteriore muro eretto sia all’interno del Partito sia verso l’esterno.
Questo è ciò che ha sancito una riunione del Comitato Politico Nazionale riunito in “seconda convocazione”, come nei condomini, per garantire la possibilità statutaria di realizzare un piccolo “golpe” ed attraverso un quorum ridotto insediare un triunvirato di fedeli seguaci dell’inadeguato Acerbo, confermato Segretario.
Persino D’Alema, pur non obbligato, all’indomani del negativo risultato elettorale in quel caso regionale,ritenne doveroso dimettersi assumendosi la responsabilità politica del disastro registrato.
Lo stesso Segretario di Sinistra Italiana ha messo a disposizione di un percorso aperto di discussione interna ed esterna il proprio incarico, prendendo atto del fallimento elettorale.
Nel caso del PRC siamo a “Schettino”, al rifuggire le responsabilità, al continuo rinvio, all’indecisionismo che condanna ad una ulteriore inefficacia ed inesistenza, su ogni cosa salvo sul salvaguardare se stessi e le proprie “posizioni” autoreferenti.
Il paradosso è stato poi quello di confermare la carica politica del Segretario e di cambiare l’Amministratore a prescindere dai risultati ottenuti, da ogni valutazione, bilancio,verifica del lavoro svolto, misurabile tanto da aver garantito in situazioni difficilissime, la continuità e l’autonomia materiale del Partito.
Ne emerge un quadro, una cifra, sia politicamente che umanamente di grande inadeguatezza del triunvirato emerso dal CPN e di chi lo sostiene.
Ben altra è la storia e lo stile con cui si è condotto il dibattito interno nel PRC.
Una inadeguatezza quella attuale, che ha portato ad un ulteriore isolamento ed inefficacia della azione del PRC persino nei confronti di un dibattito che è aperto a sinistra: che segnale manda la scelta del “triumvirato“? Che segnale manda la conferma dell’inadeguato Acerbo? Che proposta prova ad avanzare il PRC alle altre forze, alle donne ed agli uomini, ai giovani, della sinistra, al sindacato, ai lavoratori, alle persone che stanno male, con le scelte fatte?
Ecco ogni persona dotata di buon senso e che ha a cuore un avanzamento positivo della situazione del Paese rifletterebbe mettendosi a disposizione, camminando con gli altri, cercando risposte nel lavoro comune non nella salvaguardia della propria persona, del proprio ego, con modestia ed apertura, con grande disponibilità al dialogo ed alle iniziative unitarie.
Non è tempo di chiacchiere ma di un lavoro di lenta e paziente ricostruzione, di proposte ed azione che cerchino di connettere le esperienze di resistenza e di lotta che ci sono nel Paese, in collegamento con le sinistre europee, ricostruendo una rete plurale, dalle realtà locali, dalle città, dalle navi che difendono i diritti umani, dalle mobilitazioni per il lavoro e l’ambiente, su basi solide e condivise che, come fu per il referendum sulla Costituzione, dia efficacia e prospettive all’alternativa.
E’ un lavoro politico concreto che richiede anche il contributo di ciò che resta di positivo dell’esperienza, che è stata forte anche perché democratica, plurale, non settaria, di Rifondazione Comunista.
B.K.
12 luglio 2019
foto tratta dalla pagina Facebook nazionale del Partito della Rifondazione Comunista