Tsipras, una sfida vinta contro tutti

Il puzzle scon­volto che del qua­dro poli­tico euro­peo ci con­se­gnano le ele­zioni offre mate­ria sva­ria­tis­sima di rifles­sione. La prima, imme­diata, riguarda la ter­re­mo­tata geo­gra­fia elet­to­rale del Vec­chio Con­ti­nente. L’avanzata...

tsiprasIl puzzle scon­volto che del qua­dro poli­tico euro­peo ci con­se­gnano le ele­zioni offre mate­ria sva­ria­tis­sima di rifles­sione. La prima, imme­diata, riguarda la ter­re­mo­tata geo­gra­fia elet­to­rale del Vec­chio Con­ti­nente. L’avanzata tra­vol­gente e impre­vi­sta dell’Ukip nel Regno Unito, del par­tito di Le Pen in Fran­cia (oltre al diverso suc­cesso di tutte le for­ma­zioni anti­eu­ro­pee nei vari Paesi), l’umiliante tra­collo dei socia­li­sti fran­cesi, la scon­fitta di Rajoy in Spa­gna e di Sama­ras in Gre­cia rati­fi­cano la disfatta delle classi diri­genti e del ceto poli­tico che ha gover­nato l’Europa negli ultimi 10 anni.

Dopo il disa­stro sociale pro­vo­cato dalla poli­tica di auste­rità arri­vano i conti anche sul ter­reno poli­tico. Molti par­titi socia­li­sti pagano dura­mente la loro ubbi­dienza alle ricette della Troika. Su que­sta scon­fitta dei pro­ta­go­ni­sti dell’aggressione al wel­fare euro­peo in nome dei conti pub­blici biso­gnerà lavo­rare, mostrando e denun­ciando il fal­li­mento com­ples­sivo del pro­getto con­ser­va­tore dei par­titi al ser­vi­zio dei poteri della finanza. Ma guar­dando all’Italia, prima della rile­vante affer­ma­zione del Pd di Renzi, qual­che con­si­de­ra­zione sul suc­cesso dell’ “Altra Europa con Tsi­pras”. E’ un suc­cesso, una vit­to­ria della sini­stra radi­cale e popo­lare e non c’è alcuna auto­ce­le­bra­zione in que­sta affermazione.

Il pur risi­cato 4% del risul­tato elet­to­rale dice molto di più dei numeri. Biso­gna riflet­tere un po’ meno fret­to­lo­sa­mente del solito sugli spe­ciali mec­ca­ni­smi che si met­tono in moto nelle cam­pa­gne elettorali.

La lista Tsi­pras messa su in fretta e furia all’ultimo momento era schiac­ciata fra due colossi. Ma la dram­ma­tiz­za­zione orche­strata nelle ultime set­ti­mane tra Renzi e Grillo, il con­sueto ricatto del voto utile aveva messo in un angolo que­sta for­ma­zione. Biso­gna pren­dere atto di un dato sto­rico nelle psi­co­lo­gie degli elet­tori del nostro tempo: quanto più la demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva appare debole e inef­fi­ciente, tanto più i cit­ta­dini ten­dono ad affi­dare ai par­titi con più chan­ces di vin­cere le loro spe­ranze di con­tare qual­cosa. Ho fatto un po’ di cam­pa­gna elet­to­rale e ho potuto misu­rare sui posti il peso ricat­ta­to­rio che la minac­ciata vit­to­ria di Grillo ha avuto su elet­tori pur delusi dal Pd. D’altra parte, nes­suno può dimen­ti­care che, rete o non rete, senza la pre­senza costante dei can­di­dati in Tv le ele­zioni non si vin­cono. E dov’erano i can­di­dati dell’Altra Europa? Se si esclude qual­che rada appa­ri­zione di Tsi­pras, di Bar­bara Spi­nelli e Moni Ova­dia nes­suno li ha visti. Infine un’ultima pesante pena­liz­za­zione. Nella società dello spet­ta­colo, che ingloba da decenni la lotta poli­tica, la figura del lea­der con­ti­nua a svol­gere una fun­zione fon­da­men­tale. La lista aveva un lea­der, è Ale­xis Tsi­pras. Per­so­nal­mente ho con­di­viso e apprez­zato la scelta corag­giosa e sim­bo­li­ca­mente signi­fi­ca­tiva di can­di­dare que­sto gio­vane greco che ha uni­fi­cato la sini­stra del suo paese, mar­to­riato dalle poli­ti­che puni­tive dei poteri euro­pei. Ma la sua scarsa popo­la­rità e il suo essere uno stra­niero è stato un han­di­cap non da poco, che accre­sce il valore del risul­tato finale della for­ma­zione a lui inte­stata. I par­titi mag­giori ave­vano i loro lea­der tutti i giorni in Tv, Tsi­pras è apparso un paio di volte e non par­lava ita­liano. La sini­stra radi­cale e popo­lare in Ita­lia ha dun­que una base molto più ampia di quanto non dica quel 4%, che ci ser­virà per con­ti­nuare il per­corso intrapreso.

La vit­to­ria di Renzi è cla­mo­rosa, ingi­gan­tita dalle false pre­vi­sioni della vigi­lia, le quali appa­iono ormai stru­menti di pro­pa­ganda elet­to­rale, armi di con­di­zio­na­mento degli elet­tori volte ad annien­tare le mino­ranze. In quel suc­cesso con­flui­scono più ele­menti, alcuni con­giun­tu­rali e for­tuiti, altri più pro­fondi e forse desti­nati a diven­tare siste­mici nella vita poli­tica ita­liana. Senza dub­bio ha molto gio­vato al segre­ta­rio del Pd essere il nuovo pre­si­dente del Con­si­glio: la “luna di miele” che di solito accom­pa­gna i primi mesi dei nuovi capi di governo è stato uno sfondo non da poco per la sua cam­pa­gna elet­to­rale. Ma Renzi ha ope­rato scelte poli­ti­che che anda­vano incon­tro ad aspet­ta­tive molto dif­fuse. Una di que­sta ha inter­pre­tato forse l’esigenza più pro­fonda dei cit­ta­dini euro­pei, che rimane ancora lar­ga­mente insod­di­sfatta e che spiega l’enorme asten­sio­ni­smo e l’avanzamento di tante for­ma­zioni di destra nel Con­ti­nente: la stan­chezza e talora l’odio nei con­fronti del ceto poli­tico di governo e di oppo­si­zione, aggrap­pato ai pro­pri pri­vi­legi , men­tre classi popo­lari e ceti medi indie­treg­giano sotto i colpi della crisi e delle loro stesse politiche.

L’eliminazione dei vec­chi gruppi diri­genti del Pd e la for­ma­zione di una squa­dra di governo in cui spic­cano volti di gio­vani donne sor­ri­denti è un gesto poli­tico signi­fi­ca­tivo e una mossa pub­bli­ci­ta­ria di grande effetto. Così come la limi­ta­zione per legge degli sti­pendi degli alti diri­genti pub­blici. Renzi, come Ber­lu­sconi, è con­ti­nua­mente in cam­pa­gna elet­to­rale. Tali ope­ra­zioni non sono inte­ra­mente da demo­niz­zare ma, certo, secondo la sag­gezza gat­to­par­de­sca, cam­bia tutto per­ché nulla non cambi. Quale dif­fe­renza poli­tica abbiamo potuto apprez­zare tra il mini­stro della difesa Pinotti e Mario Mauro che l’ha pre­ce­duta nel governo Letta? Dove sta la dif­fe­renza tra Maria Elena Boschi e Qua­glia­riello ex mini­stro per alle riforme isti­tu­zio­nali? E tra Gio­van­nini e Poletti al Lavoro? Qui anzi il peg­gio­ra­mento è netto. Senza dire delle nomine ai ver­tici delle grandi imprese pubbliche.

Certo, dopo anni di tagli alle pen­sioni, di decur­ta­zione della spesa sociale, di ina­spri­mento della pres­sione fiscale – pur den­tro la marea ancora mon­tante di una disoc­cu­pa­zione senza pre­ce­denti – redi­stri­buire, come ha fatto Renzi, 80 euro a una vasta pla­tea di lavo­ra­tori, con la pro­messa di esten­derli ad altre figure, rap­pre­senta un fatto sim­bo­lico che è stato sba­gliato sot­to­va­lu­tare nei suoi effetti elettorali.

La cam­pa­gna elet­to­rale ha fatto il resto insieme agli errori di Grillo e i limiti del movi­mento 5Stelle. Con il suo nuovo governo Renzi si è pre­sen­tato come non respon­sa­bile dei disa­stri della poli­tica di auste­rità, che i pre­ce­denti diri­genti del Pd ave­vano con­di­viso con i ver­tici di Bru­xel­les. E’ apparso come il diri­gente che vuol “cam­biare verso” in Europa e come colui che, raf­for­zato dal voto, avrebbe potuto espri­mere in campo con­ti­nen­tale lo stesso dina­mi­smo inno­va­tore messo in campo in Italia.

I toni for­ca­ioli da parte di Grillo hanno spa­ven­tato una fascia ampia di elet­tori incerti, che pote­vano essere attratti nell’orbita del movi­mento o sedotti a sini­stra. E la man­canza di pro­po­ste cre­di­bili di pro­spet­tiva ha fatto il resto. Se il movi­mento 5S non attiva alleanze con la sini­stra, non aiuta quella interna al Pd per aprire crepe nel suo spa­zio mode­rato, non con­corre a far vin­cere bat­ta­glie nel paese e nel Par­la­mento, da domani comin­cia la sto­ria della sua defi­ni­tiva irrilevanza.

In Ita­lia il mode­ra­ti­smo cul­tu­rale e poli­tico ha radici vaste e pro­fonde e parte di que­sto, con l’eclisse di Ber­lu­sconi, trova ora in Renzi un nuovo punto di rife­ri­mento. Si spo­sta con grande fiuto un po’ a sini­stra, ma trova un approdo sicuro. E’ signi­fi­ca­tivo, a tal pro­po­sito, che Ber­lu­sconi, anche in cam­pa­gna elet­to­rale, non abbia potuto (e voluto ?) demo­niz­zare la figura di Renzi. Il Pd, dun­que, si pre­senta come una for­ma­zione inter­clas­si­sta in grado di aggre­gare e sta­bi­liz­zare un ampio fronte sociale e poli­tico nei pros­simi anni. Una nuova Dc? Forse peg­gio, per­ché quel par­tito aveva un gruppo diri­gente e il Pd rischia di avere un solo capo cari­sma­tico. Forse meglio, per la neces­sità, cui il Pd non può sfug­gire, di cam­biare la poli­tica euro­pea di auste­rità. O si riav­via un grande pro­getto sociale, al più pre­sto, o l’Italia tra­colla e l’Ue va in rovina. La sini­stra radi­cale ora in corsa ha spazi ampi di mano­vra. Dovrebbe com­piere la grande impresa di dare ai temi ori­gi­nali ela­bo­rati negli ultimi anni (beni comuni, red­dito di cit­ta­di­nanza, nuova archi­tet­tura euro­pea, ecc) una forma poli­tica insieme plu­rale e tra­spa­rente, una rein­ven­zione ori­gi­nale del par­tito poli­tico che vada oltre la tra­di­zione novecentesca.

PIERO BEVILACQUA

da il manifesto

categorie
Elezioni europee 2014

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