Connect with us

Hi, what are you looking for?

Marco Sferini

Toscana Rossa e la sfida dell’unione tra politica e società

Conferme e sorprese 
Probabilmente è vero: esiste ormai uno scollamento tra elezioni politiche nazionali ed elezioni amministrative regionali. Un’opinione che si fa sempre più largo come verità oggettiva, visto che i risultati della maggior parte delle forze in campo non sono mai coerenti l’uno nei confronti dell’altro e, fatta eccezione per il PD e Fratelli d’Italia, gli altri partiti e movimenti si trovano a commentare dati che li vedono più consolidati nella corsa al Parlamento e meno in quella ai consigli regionali, oppure viceversa.

Questo è un primo spunto di riflessione che qui si vuole offrire per considerare, ad esempio, i numeri in percentuale e in cifre assolute del Movimento 5 Stelle. Nell’appena terminata competizione toscana, in cui Eugenio Giani ha prevalso nettamente sul candidato del centrodestra, staccandolo di ben tredici punti, il partito di Giuseppe Conte sprofonda e fa il tonfo. Un 4,4% che non gli rende quella giustizia che dovrebbe invece avere se si guarda ai sondaggi nazionali dove i pentastellati sono comunque sempre dati a doppia cifra, oscillanti tra il 12 e il 14%.

Ciò vale anche per la Lega che precipita verticalmente dal 21,78 (pari a 353.514 voti) del 2020 passa oggi alla stessa percentuale dei Cinquestelle: il che in voti assoluti significa 55.648 consensi. Una perdita secca di quasi trecentomila elettori. Un vero e proprio disastro, nonostante la presenza nelle liste del generale Vannacci che avrebbe dovuto, in teoria, catalizzare l’attenzione delle elettrici e degli elettori un po’ come fatto alle ultime europee. Non c’è stato il bis e nella coalizione di governo si commenta amaramente dal lato del Carroccio, forse con qualche compiacimento da altre parti.

Tra conferme e sorprese, la Toscana rimane una regione affidata al centrosinistra, ma in cui la disaffezione al voto pesa come un macigno sulla sempre minore legittimità data dall’elettorato ai rappresentanti democraticamente eletti: dal 62,6o% del 2020, l’astensione sale di ben quindici punti in percentuale e, quindi, la partecipazione cala ad un desolantissimo 47,73%. Un dato davvero enormemente allarmante e su cui, pare, ci si concentri sempre troppo poco, presi dalle sconfitte gli uni e dalle vittorie gli altri. Invece, questo, al netto delle considerazioni sul voto in termini di confronto tra le coalizioni e le altre forze politiche in campo, dovrebbe essere il tema principale del dibattere nel dopo-voto.

La democrazia ne esce pesantemente ridimensionata in quanto a credibilità: come sistema che comprende il tutto, come elemento cardine del fondamento statale, come sinergia tra le varie sinapsi delle istituzioni, come priorità a cui non è possibile rinunciare. Pena il conseguente e progressivo deperimento della Repubblica parlamentare e il suo scadimento in qualcosa d’altro, certamente in linea con la propensione autoritaria che si registra in molte parti del mondo occidentale come risposta alle grandi crisi del nostro tempo: economie incerte, sopravanzare dei disagi sociali e di massa, questione ambientale…

Il simbolo di Toscana Rossa

In questo scenario poco confortevole, il dato di Toscana Rossa, guidata da Antonella Bundu, effettivamente colpisce per la sua nettezza: non si vedeva un 5% comparire sui tabelloni internettiani dei risultati da molto, troppo tempo. Il “porcellinum“, la legge elettorale voluta da Matteo Renzi, taglia però le gambe all’ingresso di una comunista nel Consiglio regionale toscano, perché, se la candidata presidente supera la soglia, appunto, del 5%, non così riesce a fare la lista che si ferma al 4,51% ottenendo comunque 57.246 voti (a Bundu vanno invece 72.322 preferenze). Questi quindicimila voti di differenza l’avrebbero fatta nettamente nel dare alla lista della sinistra di alternativa un meritatissimo diritto di presenza nell’assemblea regionale.

Si tratta di voti disgiunti che sono migrati, molto, molto probabilmente, nella maggior parte dalle liste pentastellate: tuttavia non va trascurato anche l’elemento inverso: un voto a Bundu e un voto, anche qui con grande probabilità, verso Alleanza Verdi e Sinistra, capace di entrare con certezza nell’assise regionale per via della sua presenza in coalizione e, quindi, l’emendamento dal dover sottostare alla soglia capestro del 5% dettata dalle Legge elettorale. Ciò non di meno, il risultato di Toscana Rossa è emblematico e si inserisce in un contesto in cui sono state provate diverse strade per riaffermare una nuova paradigmaticità della sinistra in un contesto sempre molto asfitticamente bipolare sul piano meramente elettorale.

L’interpretazione giusta
Qui si apre quindi l’ambito dibattito delle partigianerie interne alla sinistra di alternativa: chi vuole dimostrare che l’alternativa ai due poli è l’unica strada possibile da percorrere per una rimodulazione degli spazi di agibilità entro la società ed entro lo schematismo elettoralistico; chi invece sostiene che si sarebbe fatto meglio ad aderire alla coalizione e che, in quel caso, date le percentuali ottenute, oggi Toscana Rossa avrebbe più di un consigliere regionale e, quindi, anche un certo peso nella maggioranza di governo della Regione. Sono due posizioni legittime che, tuttavia, tengono poco in conto le complesse particolarità delle condizioni socio-politico-culturali in cui siamo.

O, per meglio dire, ne danno una declinazione del tutto condizionata ad una tendenza settaristica da un lato e da una esclusivamente alleantista dall’altro. Sarebbe bene, invece, mantenere un punto di vista critico che permetta di osservare il caso di Toscana Rossa come un qualcosa che è il prodotto di una dialettica molto più articolata e che non può certo prescindere dalle decisioni assunte da Rifondazione Comunista, Potere al popolo! e Possibile nel decidere di formare questa lista insieme a una buona parte della società civile e diffusa, del contesto di base nei singoli territori.

Non c’è dubbio alcuno sul fatto che la sorpresa nei commentatori televisivi e giornalistici ci sia stata e sia stata anche parecchia: un po’ perché si dà per acquisito che la sinistra di alternativa, anticapitalista e comunista sia dispersa in mille rigagnoli che non riescono mai a fondersi insieme per segnare un solco degno di questo nome; un po’ perché lo schema del bipolarismo è dato ormai così per scontato da impedire anche solo ipoteticamente che un qualche cuneo vi si possa inserire e riesca, come fecero a suo tempo i Cinquestelle, scombinare le carte, sparigliarle e determinare quindi un qualche sconvolgimento nell’agone politico, nonché nel contesto più prettamente popolare.

Non fosse che per questo, bisogna complimentarsi con il lavoro fatto per mettere in piedi una lista che ha dovuto raccogliere migliaia e migliaia di firme per potersi presentare e che, sfruttando anche questo deficit consolidato di partenza, ha potuto però raffrontarsi con molte persone e, mancando altre forze politiche sulla scheda, ha certamente recuperato una parte di un elettorato scontento dal centrosinistra, ovviamente opposto al fronte delle destre e, magari deciso a non recarsi alle urne senza una proposta alternativa concreta. Quale sia l’interpretazione giusta dell’affermazione di Bundu e di Toscana Rossa oggi è ancora difficile poterlo scrivere e dire.

I flussi elettorali dicono che il voto giovanile che premiava i Cinquestelle è andato, in parte, alla lista anticapitalista e comunista. È altresì ipotizzabile che l’internità nei movimenti per la pace, per la fine dell’aggressione israeliana a Gaza abbia giocato un ruolo fattivo nella giusta percezione di una formazione che si schierava contro ogni conflitto armato, per la pace, il disarmo, per la riduzione delle spese militari e per il NO alle basi della NATO e su una piattaforma economica e sociale nettamente distinguibile da quella del “campo largo”. Forse una candidatura a presidente di origine cinquestellina avrebbe aiutato nella considerazione dell’unità a sinistra.

Forse, però, d’altro canto, avrebbe – visti i risultati del M5S – penalizzato l’intera coalizione… Anche qui si ragiona ex post, per ipotesi non verificabili e, tuttavia, utili a delineare quella che può essere l’interpretazione più affine al sentire di un elettorato molto dimagrito nel numero di coloro che si recano ai seggi.

Provando a fare un paragone con i dati riguardanti le regionali del 2020, considerato che a sinistra c’erano altre due liste oltre a “Toscana a sinistra” di Tommaso Fattori (la lista ottenne il 2,87% dei consensi pari a 46.514 voti; il presidente il 2,33% pari a 39.684 preferenze), quindi il Partito Comunista guidato da Salvatore Catello (la lista ebbe l’1,05% corrispondente a 17.032 voti e il candidato presidente lo 0,96% pari a 17.007 consensi), e ancora il Partito Comunista Italiano con Marco Barzanti (la lista si fermò allo 0,96% con 15.617 voti, mentre il presidente ottenne lo 0,90% e 16.078 preferenze), il raffronto vede l’area della sinistra di alternativa con 79.163 voti. La percentuale totale delle tre liste al 4,88.

Va considerata naturalmente la percentuale dei votanti di allora: oggi, come già fatto cenno all’inizio di queste righe, siamo ad un meno quindici per cento rispetto a cinque anni fa. Nel 2020 votarono 1.870.283 cittadini; nel 2025 ad aver votato sono 1.435.329. Quattrocentomila elettori persi in un lustro. Un astensionismo che pare essere trasversale e che, quindi, colpisce a sinistra ma da cui nemmeno la destre può dirsi completamente immune. Quindi, premesso ciò, ne emerge che Bundu oggi registra 72.322 voti sulla sua candidatura a fronte di 72.769 dei presidenti delle tre formazioni di sinistra del 2020. Toscana Rossa, invece, si attesta sui 57.246 voti già citati al principio, a fronte dei 79.163 voti delle tre liste comunista di allora.

Per avere un ulteriore dato di raffronto riguardo il voto disgiunto, impropriamente detto “utile“, consideriamo i Cinquestelle oggi e cinque anni fa: 55.158 voti pari al 4,34 odiernamente, mentre nel 202o ottennero 113.836 voti (7,01%) ma non in coalizione, candidando Irene Galletti che ebbe il 6,4%. Nonostante il dimezzamento dei consensi, essendo entro il perimetro dell’alleanza vincente, il M5S oggi raddoppia i consiglieri regionali: dall’unico che aveva passa a due.

Quale prospettiva a sinistra?
Sufficientemente intuitivo è il fatto che non ci si può affidare ad una interpretazione unica delle elezioni. Non solo di quelle regionali, ma un po’ di tutto. Ne emergono, comunque, dalla complessità di dati appena sciorinati, delle linee generali di comportamento dell’elettorato: l’aumento dell’astensione è un problema politico che riguarda un problema sociale. Aumentando il disagio delle masse popolari, vessate dall’economia di guerra, dal rialzo dell’inflazione, dal carrello della spesa sempre più caro, dalla sempre maggiore carenza di servizi essenziali (scuola, sanità, infrastrutture, previdenza, tutela del lavoro, ecc.), pare aumentare anche costantemente la ribellione consapevole nei confronti del voto.

Forse intrisa un po’ di populismo, alimentato da una cieca rabbia che non lascia distinguere tra le proposte in campo e che, quindi, non premia nemmeno come dovuto una lista come Toscana Rossa, ma una ribellione che comunque c’è e che non accenna a diminuire e che, per quanto possa essere valutata come positiva in termini di critica-dialettica nei confronti del potere e della delega al potere stesso, non fa che, avvertitamente o meno, minare le basi della democrazia stessa. Non importa molto che sia un effetto indiretto, non voluto certamente. Poche frange estreme disprezzano apertamente il regime democratico (viene alla mente Bandecchi, forse qualche altro amico dell’autoritarismo dolce modernamente inteso…).

Ma alla fine il prodotto ultimo dell’astensionismo è una sempre maggiore incertezza complessiva delle istituzioni verso cui i cittadini hanno sempre meno fiducia. La proposta alternativa di Toscana Rossa è, in questo senso, utile a non lasciar cadere nella sterilità populistica la rabbia sociale. Ha questo compito e lo ha iniziato ad interpretare bene. Ma non può rinchiudersi entro una asetticità politica esclusivista. Deve interagire con le altre forze democratiche, di sinistra, progressiste. Anche di base, anche della coalizione vincitrice di questa tornata elettorale. Trattare, come fanno alcuni anche in Rifondazione Comunista (per non parlare di Potere al Popolo! e del PCI), Cinquestelle e AVS da avversari con cui non aprire nemmeno un dialogo è irresponsabilità nei confronti del momento che viviamo (e subiamo), ed è una vera miopia politica.

Il risultato pregevole di Toscana Rossa va capitalizzato anche in questa direzione: partendo dal fatto che c’è, a sinistra della sinistra del PD, un coagulo interessante di persone, di cittadini, sicuramente molto diversi fra loro, che non si riconoscono nelle due coalizioni e che, comunque, mandano un segnale chiaro tanto al campo largo quanto alla sinistra di alternativa. I quindicimila voti di scarto tra Bundu e la lista sono un appello ad una forma, se non di unità, di avvicinamento, di interlocuzione, magari di desistenza là dove è possibile rieditare la formula antica che fu di Fausto Bertinotti e che siglò il patto antiberlusconiano tra Rifondazione Comunista e l’Ulivo.

I tempi mutano radicalmente, per cui non è necessario farsi venire la pruriginosità che magari prese allora al sentirne anche solo palare. Ma se si vuole veramente radicare una nuova sinistra in questa Italia meloniana, si deve ragionare con calma su cosa è possibile fare insieme e su cosa invece è impossibile mettersi d’accordo. Vale un principio di salvezza repubblicana e democratica. Un principio altamente laico che non può essere trascurato nel nome della purezza ideologica o dell’imperturbabilità delle coscienze candide di quelli che, pur di essere dalla parte assoluta della ragione brindano anche quando, oltre a non avere nessuno dietro, non hanno nemmeno nessuna prospettiva davanti.

MARCO SFERINI

14 ottobre 2025

foto: screenshot ed elaborazione propria

Written By

SOTTO LA LENTE

Facebook

TELEGRAM

NAVIGA CON

ARCHIVIO

i più recenti

la biblioteca

Visite: 126 Non meno oggi rispetto ai tempi del regno di Lucio Domizio Enobarbo, altrimenti conosciuto con il nome di Nerone, imperatore romano che...

Analisi e tesi

Visite: 36 Ieri la consegna della laurea honoris causa. Un’occasione per riflettere sul senso del cinema nel tempo presente Una lezione magistrale fortemente politica...

Marco Sferini

Visite: 236 Festeggia con un cabaret di pasticcini, portandoli in giro per l’aula della Knesset. Itamar Ben-Gvir ha contribuito a far approvare una legge...

Il portico delle idee

Visite: 253 Tommaso scrive nella “Summa teologica” che propria dell’essere umano è una certa “intemperanza” che lo porta ad essere piuttosto simile all’animale: si...