L’analisi e le proposte dell’Alleanza contro le povertà: “Disinvestiti complessivamente 3,2 miliardi, con il riarmo si rischia di eliminare altre risorse al sociale”. Giorgetti rivendica la stabilità e chiede alle banche un «sollievo fiscale». Meloni: «Con gli istituti di credito di vuole il dialogo”. Quello che manca con le questioni sociali
Tra riduzione degli stanziamenti e i risparmi sulla spesa sociale, il governo Meloni ha ridotto le risorse per finanziare le misure per il contrasto alla povertà di circa 3,2 miliardi di euro. Nella prospettiva di un aumento progressivo della spesa militare, sottoscritto dal governo Meloni con la Nato (fino al 5% del Pil entro 10 anni), e Bruxelles (il piano «RiarmUe»), altre risorse possono essere dirottate da un Welfare disastrato.
Lo ha sostenuto l’Alleanza contro la povertà, un network costituito tra gli altri da Acli, Caritas, Cgil, Cisl e Uil, ieri a Roma in un rapporto sulla povertà in Italia, discusso con le opposizioni (Furfaro, Pd; Del Barba, Italia Viva); Barzotti, M5S, Piccolotti (Avs) e della maggioranza Morgante (FdI). L’incontro è avvenuto in coincidenza con l’inizio del percorso parlamentare della legge di bilancio. Ieri il Senato ha approvato la risoluzione sul Documento programmatico di finanza pubblica che impegna il governo a presentare il testo in aula entro il 2 ottobre.
«Nel passaggio dalle vecchie alle nuove misure di contrasto alla povertà si è pressoché dimezzata la platea dei beneficiari – ha detto Antonio Russo, portavoce di Alleanza contro la povertà – Centinaia di migliaia di famiglie in condizione di gravi difficoltà si è trovata senza un sostegno economico su cui, fino a qualche tempo prima, aveva potuto contare. In questo modo, si è investito ogni anno per i poveri 1 miliardo di euro in meno». In tre anni fanno all’incirca 3,2 miliardi.
Il dato è stato analizzato nel dettaglio dallo studio presentato ieri, nonostante la scelta, da parte governativa, di rendere opachi i dati e di centellinarli ogni semestre per rendere difficile una valutazione delle politiche pubbliche. Secondo l’Alleanza contro le povertà solo il 60% dei nuclei familiari che percepivano il cosiddetto «reddito di cittadinanza» ha avuto accesso agli attuali «assegno di inclusione» e «supporto formazione lavoro». Nel primo semestre 2024 i nuclei beneficiari erano 695 mila, mentre chi prendeva il «reddito di cittadinanza» erano 1.324 milioni di nuclei.
Sulla pelle dei poveri è stato dunque realizzato un taglio di 1,7 miliardi. Il fondo complessivo è passato da 8,8 miliardi a 7,1 miliardi. Quest’ultimo è in diminuzione, considerata la temporaneità di un sussidio come quello dello per la formazione e il lavoro. La significativa diminuzione è stata praticata attraverso l’uso di criteri restrittivi, definiti «categoriali». Si accede a un sussidio più cospicuo del precedente (in media 620 euro, contro i 560 del «reddito di cittadinanza»), a condizione di avere in famiglia minori, disabili, over 60 o situazioni di «svantaggio certificato». Solo la stretta sul contributo agli affitti, che di recente si è cercato di correggere, avrebbe provocato l’espulsione dal sistema di 220 mila nuclei familiari.
La spesa effettiva per l’«assegno di inclusione» è pari a circa 4,5 miliardi di euro; per il supporto di formazione e lavoro la spesa sarebbe di 250 milioni. La minore spesa darebbe pari a circa 1,1 miliardi sull’assegno di inclusione e altrettanti sul «supporto». Stando alle stime in Italia oggi una persona su 10 è in povertà assoluta, 5,7 milioni di persone, mentre cresce considerevolmente il lavoro povero causato da bassi salari, tutele sociali inesistenti e scarsi e inefficienti servizi pubblici. Le più colpite sono le famiglie numerose, e i nuclei con cittadini stranieri.
«L’Italia ha promesso un aumento vertiginoso della spesa militare – ha osservato Russo dell’Alleanza contro la povertà – Per onorare l’impegno di alzare prima al 2 per cento poi al 5% il Prodotto interno lordo destinato alle spese militari entro il 2035, l’Italia dovrà spendere, secondo l’Osservatorio Milex, ogni anno molti miliardi in più rispetto a oggi». Da dove saranno tolti questi soldi? «La prossima legge di bilancio ce lo svelerà – ha risposto Russo – ma un’idea noi già ce l’abbiamo: le spese per il sociale e quelle destinate a sostenere i più fragili saranno le prime a essere colpite. Sarebbe gravissimo se, a pagare il prezzo di questa situazione drammatica, fossero sempre gli stessi».
L’alleanza ha chiesto misure straordinarie, misura di contrasto universalistica e un tavolo tecnico-politico permanente. Problemi che sembrano lontani dal dibattito economico sulla manovra. Ieri nel suo intervento al Senato il ministro dell’Economia Giorgetti ha rivendicato la stabilità finanziaria del paese e aumenti contrattuali che però hanno recuperato solo un terzo dell’inflazione cumulata. Il suo ministero ha confermato l’intenzione di rientrare dalla procedura Ue per deficit eccessivo sotto il 3% del Pil. Si pensa sia un modo da liberare le risorse da dare alle lobby armate. Giorgetti ha insistito nel chiedere alle banche un contributo per il «sollievo fiscale». Meloni, da New York, ha promesso di aprire con loro «un confronto aperto e costruttivo».
Quello che manca per le questioni sociali.
ROBERTO CICCARELLI
Foto di Ahsanjaya







