Ho ascoltato in televisione il noto saggista, economista e politologo Edward Luttwak affermare: «Non credo che si possa capire un fenomeno come la guerra, quando uno parla di bambini e fa vedere le foto di bambinetti. Quando nella seconda guerra mondiale sono cominciati i bombardamenti alleati contro la Germania nazista, molti neonati tedeschi sono stati bruciati negli ospedali. Allora immaginate che venga Di Battista e tiri fuori foto di neonati tedeschi bruciati. Cosa succederebbe? Lasciare i nazisti al potere perché Di Battista fa vedere la foto del bambino?».
Ecco, qualcuno può sempre dire: punti di vista. La guerra è comunque orrore, perché è devastazione completa, morte che incede ovunque, senza tralasciare niente e nessuno. Ma la guerra, come ha ricordato il cantautore e scrittore Ermal Meta, nelle vecchie convenzioni novecentesche era fatta essenzialmente tra eserciti e, naturalmente, ci finivano in mezzo centinaia di migliaia di civili e si avevano così milioni di morti da entrambe le parti: i generali, solitamente, si salvano e, nel dopoguerra, magari fanno anche politica.
I soldati invece crepano o tornano a casa mutilati e invalidi. I civili muoiono centrati dalle bombe, dai gas asfissianti (qualcuno a destra dovrebbe ricordarsi delle magnifiche sorti e progressive del colonialismo italiano in Africa…), per fame, inedia, sotto le sferzanti mitragliate di chi li ritiene ribelli, partigiani e quindi apertamente ostili ai regimi che pretendono di affermarsi con lo spirito marcio della violenza a tutti i costi, premessa del suprematismo, dell’imperialismo, della ragione tanto di Stato quanto di etnia.
Alessandro Di Battista mostra su La7 le foto dei bambini palestinesi letteralmente bruciati vivi e Luttwak sbotta: non vorrete mica contestare Israele che sta liberando il Medio Oriente da Hamas e dai terroristi nemici della democrazia di Netanyahu, Ben-Gvir e Smotrich?! La Corte Penale Internazionale, intanto, sta preparando due nuovi mandati di cattura per crimini contro l’umanità e di guerra proprio per gli ultimi due signori dell’estrema destra israeliana appena citati. A Gaza vengono distribuiti pochi generi alimentari da parte di una organizzazione che fa capo agli Stati Uniti: sono tutti prodotti israeliani.
Qualcuno ha pensato bene di battere cassa a guerra ancora in corso. Per la ricostruzione c’è sempre il piano resort di lusso di Trump, approvato ovviamente dal governo di Tel Aviv. Luttwak tenta un parallelismo con la parte giusta della Storia: gli Alleati contro la Germania di Hitler. Insomma, Israele sarebbe ancora una volta Davide contro Golia: il piccolo pastore che diventerà re di una Palestina in cui dei palestinesi non ci dovrà essere più traccia. Persino alti funzionari dell’Unione Europea, dell’ONU e di altre organizzazioni internazionali ammettono che la misura è ben più che colma.
Ammettono anche che ormai è chiaro quello che vuole fare Netanyahu: prendersi Gaza e Cisgiordania e dare vita a quella “Grande Israele” che è sempre un po’ stata nei piani del sionismo novecentesco. Ci hanno provato prima gli arabi ad escludere gli ebrei del moderno exodus dall’Europa ad impedire la nascita di Israele. Ci provano da almeno settant’anni gli israeliani ad impedire la nascita di uno Stato palestinese e la realizzazione, così, di una convivenza che deve essere possibile. L’altra ipotesi, quella dello Stato binazionale, laico e secolare, portata avanti da Ilan Pappé, sarebbe l’optimum. Difficile che si possa realizzare una di queste due soluzione nel breve termine…
Dunque, l’unica opzione è la guerra? L’unica possibilità di mettere fine al conflitto è il conflitto stesso? Non avremo una pace in Medio Oriente fino a che una nazione non avrà messo fine all’altra? La furia di Luttwak è tutta protesa a sostenere la ragione indefessa di Netanyahu e del suo gabinetto di guerra a continuare nel bombardamento di Gaza per “stanare Hamas“. Ma è mai possibile che in oltre seicento giorni di attacchi a tutto spiano, Tsahal, uno dei più potenti eserciti del mondo, non abbia avuto ragione di un pugno di terroristi che sono, oltretutto, rintanati in un piccolissimo lembo di terra? I capi dell’organizzazione sono praticamente stati tutti uccisi da droni che li hanno sorpresi nelle loro abitazioni tanto a Gaza quanto all’estero.
I comandanti sono stati messi fuori combattimento. La tregua per il rilascio degli ostaggi è finita in men che non si dica ed è servita alle due propagande politiche per mostrarsi ai propri sostenitori come capaci di mettere fine, almeno temporaneamente, alle atrocità belliche. Poi la guerra è ripresa ancora più violenta. L’invasione totale della Striscia è stata declamata da Netanyahu con l’operazione “Carri di Gedeone“. Non facciamo altro se non assistere ad immagini, rimandate dai circuiti internazionali e non da pagine Telegram di Hamas, in cui tappeti di lenzuoli bianchi, con dentro tutte le vittime civili innocenti di questo conflitto.
Sono stati uccisi oltre ventimila bambini… Le vittime in totale sono più di cinquantacinquemila. I dispersi qualche decina di migliaia e gli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas dovrebbero essere circa una ventina. Si va per approssimazione, indubbiamente per difetto, perché ogni giorno ci sono decine di nuovi assassinati: scuole e asili centrati in pieno dalle bombe; ospedali e campi profughi, centri di raccolta degli sfollati, centri di distribuzione dei pochissimi viveri che Israele e Stati Uniti lasciano entrare nella totale devastazione della Striscia.
Per Luttwak, quindi, siccome nella Seconda guerra mondiale gli alleati hanno bombardato città colpendo ospedali e, certamente, incenerendo anche bambini (basti pensare a quell’atrocità che fu il rogo di Dresda), anche Israele avrebbe, nel nome del ristabilimento della libertà per Israele e magari anche del popolo palestinese (sic!), tutto il diritto di compiere atrocità uguali? Poi si raggiunge l’apice della pochezza intellettiva, intellettuale, morale…: «Però questi bambini e neonati hanno lanciato razzi»… Ecco, qui siamo nella bassezza più infima, oltre il cinismo personale e politico.
La risposta di Di Battista è quella che avrebbe dato qualunque persona dotata di un minimo di buon senso e, soprattutto, di empatia, di umanità: «Ma vergognati! Dalla culla li hanno lanciati? Vergognati!». Chi deve provare a mascherare il genocidio in corso a Gaza non può che ricorrere a tutti i revisionismi possibili tanto della Storia recente quanto dell’attualità dei fatti. L’isolamento mediatico della Striscia non ha funzionato. Le immagini arrivano e ne arrivano sempre di più e sempre più parlano di un appiattimento materiale, letterale: non ci sono più case in piedi, non c’è altro se non un orizzonte di macerie, di cadaveri.
I palestinesi rinchiusi nei corridoi di filo spinato davvero finiscono per ricordare altre atrocità del Secolo breve… Non si può osare nessun paragone, per rispetto di oltre sei milioni di ebrei morti durante la Seconda guerra mondiale che, visto quello che hanno passato, oggi si indignerebbero nel vedere i loro discendenti fare quello che stanno facendo e, in larga misura, sostenere il criminale governo di Netanyahu. Ma non è vero che non si può parlare di genocidio. Personalmente quando mi sono riferito alla tragedia del popolo ebraico durante il Terzo Reich, ho sempre usato un’altro termine: olocausto. Non genocidio, perché genocidio è riduttivo.
La complessa macchina dello sterminio pianificata a Wannsee, ragionieristicamente messa in pratica da tanti burocrati dal cuore di ferro (così li definiva lo stesso Hitler) come Reinhard Tristan Eugen Heydrich e come Adolf Heichmann, è qualcosa di diverso persino dal tremendo genocidio degli armeni ad opera degli ottomani. Gli stermini su vasta scala nella storia disumana dell’umanità sono tanti… Troppi. I nomi per definirli ci sono e non bisogna avere il timore di usarli, ma bisogna farlo con cautela, per non travisare i fatti, per non incorrere nell’obiezione dell’esagerazione propagandistica.
Dopo due anni e mezzo di guerra senza quartiere contro Gaza (con tutti i risvolti tremendi in Cisgiordania, nel sud del Libano e negli attacchi reciproci con l’Iran e lo Yemen degli Houthi), dopo che diverse voci della maggioranza del governo israeliano hanno minimizzato la pulizia etnica in corso e si sono prodotte in dichiarazioni come questa: «Ogni bambino a Gaza è il nemico. Dobbiamo occupare Gaza e colonizzarla, e non rimarrà lì un solo bambino di Gaza. Non c’è altra vittoria» (Mosche Feiglin, deputato nella Knesset per il Likud, il partito di Netanyahu); ecco, dopo tutto questo non è opportuno parlare di genocidio in corso?
Il governo israeliano per primo ammette di pianificare l’espulsione dei palestinesi dalla Striscia e di utilizzare come armi di persuasione l’omicidio e la fame. Costringere un popolo a morire e a lasciare la propria terra è esattamente somiglia tanto alle premesse naziste di quello che diventerà, proprio a Wannsee, su diretto ordine di Hitler e della sua cerchia, il piano della “soluzione finale del problema ebraico”. Netanyahu non vuole nessun compromesso con Al Fath, con l’ANP: vuole farla finita col problema palestinese e vuole farlo continuando a pretendere di dimostrare che sta reagendo, dopo ben seicento giorni di guerra, ai fatti del 7 ottobre.
Non c’è più nessuna attinenza tra il feroce atto terroristico di Hamas (che fece più di mille e duecento morti) e ciò che sta avvenendo a Gaza. La rappresaglia legittima, che si poteva intendere diretta contro i capi di Hamas e contro l’organizzazione terroristica stessa, era già allora ed è rimasta il pretesto criminale per eliminare la presenza palestinese in Palestina. Luttwak può anche pensare che tutto questo sia legittimo, ma non lo è. Può anche ritenere che Israele sia una democrazia, ma, de facto, oggi non lo è. Lo rimane de jure, ma è poco, troppo poco. Può anche credere che l’obiettivo sia la pace, ma non è così.
Non ci sarà mai nessuna pace possibile fino a che la Repubblica di Palestina non sarà proclamata nei territori compresi nei confini del 1967. Questo dovrebbe essere l’unico termine possibile di un accordo: la smilitarizzazione del Territorio occupato, la fine di ogni colonizzazione israeliana (oltre settecentomila persone impiantate in Cisgiordania e guidate da una destra superfanatica), il risarcimento per i crimini di guerra commessi a Gaza, la ricostruzione con l’aiuto internazionale e con l’interposizione dell’ONU in una zona cuscinetto a ridosso tanto della West Bank quanto della Striscia.
Tutti termini di un ipotetico accordo che, è evidente, presuppone la sconfitta almeno morale da parte di Israele e la presa d’atto dell’irrisolvibilità del problema manu militari. Ma, siccome i bambini in culla sono capaci di sparare razzi contro Tsahal, allora la guerra deve continuare… E, infatti, purtroppo, continuerà. Fino all’ultimo palestinese vivo? Domeniddio non voglia che si arrivi a quel punto. Ma se dovesse essere così, c’è da giurarci, anche allora qualcuno dirà candidamente: «Ma quale genocidio?!».
MARCO SFERINI
29 maggio 2025
foto: screenshot ed elaborazione propria