I vertici europei si preparano a presenziare ai funerali di Francesco a Roma, il papa che «continuerà a guidarci tutti verso un mondo più giusto, pacifico e compassionevole», come lo ha definito la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Eppure le lodi all’uomo di pace che Francesco è stato, stridono con i programmi di riarmo dell’esecutivo Ue. Quelli delineati nel Libro bianco sulla difesa e dettagliati nel piano «prontezza 2030», che ricevono un impulso decisivo proprio in questi giorni.
L’accelerazione arriva dalla proposta di nuove norme, in forma di regolamento, che la Commissione ha annunciato ieri. Si tratta di un pacchetto di modifiche al bilancio pluriennale dell’Ue, che copre ancora l’anno corrente e i due successivi. Lo scopo di questa messa a punto, spiega il commissario alla Difesa Andrius Kubilius, è quello di «incentivare gli investimenti nel settore bellico».
Il mezzo, invece, consiste nell’utilizzare un nuovo provvedimento per la semplificazione burocratica la cui presentazione è prevista a giugno. Quella sarà una nuova tappa nella sequenza dei controversi provvedimenti Omnibus, il primo dei quali è già stato usato poche settimane fa per disinnescare alcune importanti norme del Green Deal.
La commissione assicura che «le modifiche proposte rafforzeranno la capacità dell’Ue e degli Stati membri di sviluppare, ampliare e innovare le capacità di difesa fondamentali». Ma come? La porta d’ingresso è l’inserimento del capitolo bellico tra le tecnologie innovative meritevoli di finanziamento. Finora niente del genere figurava nello Step, acronimo inglese per definire la Piattaforma online per le tecnologie strategiche per l’Europa.
Bruxelles l’ha ideata poco più di un anno fa con lo scopo di favorire gli investimenti nel digitale, nell’innovazione ad altissimo contenuto tecnologico e nelle tecnologie pulite ed efficienti. Adesso invece aiuterà il riarmo. La Commissione prevede che l’estensione del campo di applicazione della piattaforma aiuterà a «stimolare gli investimenti in tecnologie critiche per la difesa», comprese le start-up che lavorano su innovazioni ad uso civile e militare.
Fin qui la modalità proposta per far crescere l’industria degli armamenti. Ma la produzione bellica è sempre alla ricerca di incentivi finanziari e la richiesta avanzata da von der Leyen agli stati in direzione del riarmo, spendendo fino a 800 miliardi complessivi, si scontra sempre con la ricerca di risorse disponibili. Per questo le modifiche al bilancio Ue comprendono una parte dedicata esplicitamente ai fondi di coesione.
Gli stati potranno decidere di trasferire o meno l’ammontare assegnato da Bruxelles nell’ambito delle politiche di coesione a due fondi militari. Uno è l’Edf, o fondo europeo per la difesa, che fa quindi tornare i soldi alla ricerca e sviluppo nel settore bellico.
L’altro è l’Asap, strumento per finanziare la produzione delle munizioni destinate all’Ucraina. La direzione comunque è quella indicata dal commissario Fitto sul possibile utilizzo di parte dei fondi di coesione per l’industria bellica, possibilità sostenuta con l’accesso a benefici e incentivi.
Ora il tutto si traduce in proposta legislativa dell’esecutivo Ue. «La Commissione tira dritto nella sua testarda e ostinata escalation militare e approva un nuovo regolamento per facilitare gli investimenti nella difesa», sintetizza l’europarlamentare 5S Danilo Della Valle, che parla anche di «stratagemma per scippare fondi europei ai territori più poveri e dirottarli verso l’industria delle armi».
Intanto, la Spagna annuncia il suo piano di riarmo da 10,4 miliardi. Servirà per garantire l’impegno richiesto dalla Nato di destinare alle spese per la difesa almeno il 2% del Pil nel 2025, dato che Madrid è attualmente ferma all’1,3%. Per il premier socialista Pedro Sánchez «l’Europa deve proteggersi da sola e la Spagna darà il suo contributo». La svolta si scontra però con critiche bipartisan, anche se di segno opposto.
Chiede «un piano di difesa, non di autodifesa» il leader Ppe Feijoo, mentre il capo dell’ultradestra di Vox Abascal mette in guardia dall’aumento delle tasse per finanziare un programma di spesa militare così vasto. A sinistra, gli alleati di governo di Sumar bollano come «esorbitante» la cifra destinata al riarmo, mentre Podemos accusa Sánchez di essere un guerrafondaio e di seguire le orme di Donald Trump.
ANDREA VALDAMBRINI
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