Mattatoio n.5 ovvero la crociata dei bambini

A metà tra la leggenda e la Storia con la esse maiuscola è l’epopea di un certo Stefano, un ragazzino francese che, preda di un sogno in cui Gesù...

A metà tra la leggenda e la Storia con la esse maiuscola è l’epopea di un certo Stefano, un ragazzino francese che, preda di un sogno in cui Gesù Cristo pascolava le pecore e gli aveva comandato di radunare adepti per la crociata in Terrasanta, si presentò alla corte di Filippo II con una lettera niente che meno di Dio. Se si prova ad immaginare la scena, non viene nemmeno poi così strano pensare che i dotti dell’epoca e lo stesso sovrano abbiano irriso il dodicenne, intimandogli di ritornarsene a casa e abbandonare la peregrina idea della spedizione.

Ma pare che il ragazzo non si sia dato per vinto e abbia radunato una sorta di armata di fanciulli che, approdata a Marsiglia, attendeva che le acque del Mediterraneo si aprissero come quelle del mitico racconto biblico in merito alla fuga del popolo ebraico dall’Egitto attraverso il Mar Rosso. Stefano non era Mosé e forse nemmeno quest’ultimo è mai esistito veramente e, se lo è, non ha di certo mai fatto soffiare il vento dello spirito divino sulle acque per separarle. Si può credere un po’ a tutto, ma certe scene trimillenarie del passato sono buone soltanto per Hollywood.

Sta di fatto che la crociata dei bambini cominciò male e terminò peggio: dei pescatori li imbarcarono e fecero, in parte, naufragio vicino alle coste sarde. Una strage. I sopravvissuti furono venduti come schiavi a mercanti africani, arabi… Dunque, niente crociata, tante allucinazioni un po’ collettive e un sacrificio davvero inutile. Un po’ come la guerra nel corso dei secoli dei secoli. Settecento anni dopo i fatti appena descritti, Kurt Vonnegut, dal gradevole aspetto di un giovane americano che avrebbe potuto avere certamente un posto nei film più in voga allora.

La sua crociata, da figlio di tedeschi, è quella più realistica della partecipazione alle imprese degli eserciti alleati per liberare l’Europa dalla tirannide nazifascista. Dopo un iniziale frequentazione della facoltà di biochimica all’Università di Cornell, entra dunque nel mondo militare. Si arruola per una guerra che indubbiamente è, in quel momento, ciò che caratterizza il mondo rivoltato dall’asse Roma-Berlino-Tokyo. Tra il dicembre del 1944 e il gennaio del 1945 lo sclerotizzato regime hitleriano lancia l’ultima offensiva nelle Ardenne.

Sembra un successo, ma invece è l’ultimo sprazzo di una disperazione cui il Terzo Reich non si arrende. Vonnegut combatte e viene preso prigioniero. Lo deportano a Dresda e, poche settimane dopo, ha da un lato la disgrazia di essere preda anche lui del violentissimo bombardamento alleato sulla splendida capitale sassone; dall’altro la fortuna di salvarsi rifugiandosi in una grotta sotto il mattatoio cittadino. Quando riemerge dall’oscurità, tutto intorno è fuoco che arde tra le macerie, odore di carne sì, ma questa volta umana.

Non si hanno cifre certe, ma gli storici ritengono che in quel contesto morirono oltre trentamila tedeschi. Fu la vendetta alleata per i tanti bombardamenti subiti dall’Inghilterra e per una guerra mondiale scatenata da regimi totalitari preda di una megalomania immisurabile. Vonnegut, come ovvio, rimane segnato da questa esperienza per sempre. Ed infatti il romanzo “Mattatoio n.5 ovvero la crociata dei bambini” (nel catalogo Bompiani una edizione nuova nuova, dell’aprile 2025, con una traduzione di Vincenzo Mantovani) è il racconto quasi distopico di una parte della propria esistenza mescolata ad una fuga dalla realtà ultraterrena.

Non nell’aldilà, in qualche paradiso, purgatorio o inferno religiosamente predetto da tanti sacerdoti dei culti più disparati. Nemmeno in un Valhalla nordico. Ma sul pianeta Tralfamadore: rapito dagli alieni, dunque, dopo essersi costruito una vita “normale” nel periodo postbellico. Il suo alter ego è Billy Pilgrim, pellegrino di nome e di fatto, che vaga ovunque per un lavoro prima e che viene sballottato dalla prigionia nel mattatoio alla clinica psichiatrica postbellica. Qui avviene l’incontro con un personaggio piuttosto curioso: Eliot Rosewater. Questi gli fa conoscere i romanzi dello scrittore fanta-pulp Kilgore Trout.

Più che altro si tratta di racconti inseriti là dove nelle riviste pornografiche rimane qualche spazio vuoto… Billy però ne è entusiasta. Poi si sposa, ha una figlia e la stessa notte di nozze di lei l’incontro ravvicinato del terzo tipo avviene. Lo prelevano gli alieni e lo portano sul pianeta Tralfamadore. Il lettore e la lettrice non sapranno mai se questo sia un sogno o la realtà. Ma è certamente una fuga: indotta dall’inconscio? Probabilmente sì, perché “Mattatoio n.5” è un inno antibellico, ma non nel classico senso del termine che in questi casi si utilizza, quello della “denuncia” della guerra come male supremo dell’umanità.

Certo che è anche questo, ma l’istrionissima scrittura di Vonnegut, che salta da una scena all’altra con la dinsivoltura di una atemporalità che quantomeno spiazza, ne fa un presupposto di alterità a tutto tondo: non vi è rappresentata centralmente ed anche in proemio la natura innaturale della guerra, ma vi è una analisi più marcatamente triste dell’essenza disumana dell’animalità umana. La bestia che siamo, appartenendo al regno animale, è sinonimo spesso non di libertà ma di devastazione creunta, di autodistruzione, di annichilimento precoce dei tempi che potremmo invece vivere.

Tralfamadore è immaginato come l’alieno luogo lontano miliardi di anni luce dalla Terra in cui poter avere una dimensione completamente differente tanto dell’esistenza quanto del tempo della stessa. Lì Billy incontra Montana Wildhack, una prostituta terrestre data per scomparsa nelle fredde acque dell’Oceano Pacifico. Se ne innamora. Hanno un figlio. Ma questa nuova vita familiare alternativa è destinata a non durare perché Billy viene rispedito qui sul nostro povero pianeta e gli ritocca cominciare se non tutto, molto da capo. Dopo un incidente aereo ritorna il racconto del bombardamento di Dresda. Nel romanzo si rivivono le scene che hanno segnato l’autore più volte.

Non esiste quindi, in questa composizione di una sceneggiatura un po’ favoleggiata e un po’ realistica, una cronologica compiutamente data. La disarticolazione è decostruzione anche temporale, è separazione del consequenziale: anche per cercare di dare una maggiore responsabilità ai fatti, togliendo loro ogni alibi logico-cronologico, pur senza decontestualizzare ma rischiando di cascare nel revisionismo storico nel momento in cui, ad esempio, per calcolare i morti fatti dagli alleati a Dresda si rifà al libro “Apocalisse a Dresda” di un discusso saggista britannico: David Irving.

Ma il romanzo di Vonnegut non è un saggio storico. La potenza di questo libro è duplice: l’essere stato giustamente percepito come una sorta di manifesto del nuovo pacifismo moderno nell’aver constatato che la natura violenta dell’essere umano è una caratteristica da arginare ma impossibile da eliminare completamente. Suggerisce quindi di fare tutto ciò che è possibile per limitare le pulsioni pornografiche dell’eccesso per l’eccesso: possono essere molto avvincenti, ma se si tratta di un superomismo nietzschiano. Non se si travolge il tutto nel suprematismo hitleriano. C’è ancora troppa confusione su questi piani che non si intersecano e che vengono invece costretti all’intersezione.

Vonnegut non è un profeta della pace, ma è un uomo che detesta la guerra. Ne ha visto tutti i risvolti più crudi e tremendi e quindi il minimo che possa fare, oniricamente o meno, è trasportarsi su un altro pianeta per vedere se, almeno lì, è immaginabile una vita degna di questo nome, libera dai vincoli sociali, dalle imposizioni del potere, persino dai dettami del tempo. Se nel Duecento i bambini pensano che sia giusto fare la crociata per liberare il Santo Sepolcro dagli infedeli, ciò vuol dire che la guerra trascende l’innocenza della fanciullenza, travalica la bontà degli animi incontaminati e può essere quindi predatoria anche delle coscienze più immacolate.

La crociata dei nuovi bambini del Novecento pluribellico è quella di tutti coloro che sono mandati allo sbaraglio, a combattere per la grandezza immaginata di questo o quel dittatore che pretende di essere la raffigurazione fisica della Nazione al di sopra di tutto e di tutti e che ha la primazia di un ordine molto più che religiosamente metafisico. L’antimilitarismo di Vonnegut è la grandezza del romanzo in questione: gli sono occorsi oltre vent’anni per elaborare la tragedia di Dresda che è pari a quella di tante altre.

Non si tratta di fare qui dei paragoni tra Storia e attualità, ma se si pensa a Gaza, se si pensa al Donbass, se si guarda oltre l’Hic sunt leones e si approfondiscono i drammi delle guerre africane, ci si rende conto che la coazione a ripetere è data dal potere che non consente tregua. La data di prima uscita del Mattatoio di Vonnegut coincide con un’altra grande tragedia del secondo Novecento: la guerra in Vietnam. Napalm, bombe di ogni tipo, stermini di interi villaggi, avvelenamenti di pozzi, violenze nei confronti di migliaia di donne. Cosa non si può concedere alla guerra, una volta che la guerra c’è? I pacifisti vengono oggi chiamati “pacifinti” da chi, sprezzante, vuole ridicolizzarli.

Ma l’insensatezza non basta a condannare i conflitti. Bisogna andare economicamente alla radice dei problemi, ma occorre anche rielaborare tutta una serie di categorie mentali (e perché no… anche spirituali, in un certo qual modo) che, proiettandoci nell’incomprensibilità dell’esistenza, ci mostrino chiaramente tutta la plateale assurdità della lotta tra noi e tra noi e il resto dell’animalità e della natura del mondo in cui viviamo e di cui pretendiamo di essere gli incontrastabili padroni. Nessuno crede a Billy quando, in uno spettacolo radiofonico, inizia a parlare dei suoi viaggi interstellari. Lo cacciano anche malamente dallo studio.

Così, lui, abbandonata ogni crociata di bambini o di adulti, torna nella camera dell’albergo in cui stava e questa volta si addormenta. Ritorna al 1945, alla Dresda distrutta. Lì non può fare altro se non camminare sulle macerie di un mondo che non è più… Un uccellino gli si posa davanti e cinguetta. L’ultimo, dolce suono di una speranza flebile, ma pur sempre speranza.

MATTATOIO N.5
OVVERO LA CROCIATA DEI BAMBINI
KURT VONNEGUT
BOMPIANI, 2025
€ 16,00

MARCO SFERINI

2 luglio 2025

foto: particolare della copertina del libro


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