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Licenziamenti alla Bosch, giù un altro pezzo del settore automotive tedesco

Poche righe all’attenzione del personale per comunicare che «il deficit annuale di 2,5 miliardi di euro nel settore Mobility richiederà una riduzione del personale nell’ordine di circa 13.000 dipendenti»

Dopo gli operai di Volkswagen e Bmw la crisi dell’automotive viene ora brutalmente scaricata anche sulle spalle lavoratori del gigante Bosch, il maggiore produttore mondiale di componenti del settore. Ieri il secco e freddo annuncio, con la sigla dell’amministratore delegato dell’impresa con sede nel Baden-Württemberg: poche righe all’attenzione del personale per comunicare che «il deficit annuale di 2,5 miliardi di euro nel settore Mobility, già comunicato in precedenza, richiederà una riduzione del personale nell’ordine di circa 13.000 dipendenti nelle sedi tedesche».

Si tratta del più grande licenziamento nella storia dell’azienda fondata a Stoccarda nel 1886; mai prima d’ora il marchio più noto del made in Germany – con business che spazia dalle batterie per l’auto e l’Abs fino agli elettrodomestici e gli utensili – aveva tagliato così nettamente la propria forza-lavoro. Eppure non è una sorpresa. Anzi, la scure preannunciata dai vertici Bosch ormai corrisponde al modello consolidato per salvare conti (e azioni in Borsa) dei padroni dell’automotive.

«Assistiamo continuamente alla ripetizione del medesimo schema: non appena si apre un deficit negli utili sono i dipendenti a pagare il conto e vengono tagliati posti di lavoro. Il management ricorre regolarmente a misure antiquate, ma la riduzione del personale non può né deve essere l’unica leva per raggiungere gli obiettivi economici. Serve invece coraggio, responsabilità e volontà di sviluppare insieme soluzioni. Puntando sui tagli si mina soltanto la futura sostenibilità delle fabbriche e si distrugge la fiducia sia nelle aziende collegate a Bosch che nelle regioni dove tutto ciò provocherà un vero e proprio disastro sociale» è la traduzione della «ristrutturazione» di Barbara Resch, responsabile del sindacato Ig-Metall nel Baden-Württemberg.

Sulla stessa linea gli operai traditi dalle promesse di concertazione del management aziendale: «Ci opporremo con la massima forza a questo folle piano. Invece di investire i giganteschi costi di questa operazione nello sviluppo di prodotti e modelli di business sostenibili, i dirigenti mandano a casa o trasferiscono i lavoratori».

A spiegare bene il progetto di liberarsi dal fardello dei dipendenti del comparto Mobility è Adrian Hermes che siede nel Consiglio di sorveglianza di Bosch per conto di Ig- Metall: «La notizia del taglio di personale record è soprattutto una grande delusione per i dipendenti dell’azienda. Nonostante gli accordi presi per gestire insieme la trasformazione sono nuovamente i lavoratori a dover colmare unilateralmente il deficit economico di Bosch. E dietro ai progetti di rinnovo si nascondono piani di delocalizzazione molto rigidi per produrre in modo più economico nelle cosiddette “Best Cost Countries”. In passato abbiamo fatto molte concessioni per mantenere i posti di lavoro, adesso, invece, per difenderli dichiariamo la lotta sindacale».

Così anche gli operai Bosch si aggiungono all’autunno di vertenze in Germania che per il governo Merz si preannuncia caldissimo.

SEBASTIANO CANETTA

da il manifesto.it

foto: screenshot tv ed elaborazione propria

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