Lesbo, una tragedia annunciata

Migranti. L’isola sarà in «stato di emergenza» per quattro mesi. Quanto basta per trasferire tutti gli ex ospiti di Moria nei campi situati nel continente, recintati e sotto il controllo della polizia

La vera notizia non è che l’incendio sia scoppiato ma che non sia scoppiato prima. In questi cinque anni la vecchia caserma abbandonata di Moria è diventata un enorme ammasso di anime con più di 15 mila ospiti, con punte di 20 mila. Gli incidenti erano all’ordine del giorno: risse per l’acqua, scontri tra bande, attacchi alle donne sole, violenze sui bambini, suicidi. Ma anche tende andate a fuoco da fornelli rovesciati, rivolte di chi aspetta da anni, assalti disperati alle barche, attacchi e incendi di fascisti greci e d’importazione. Da tempo la catastrofe era all’ordine del giorno. Alla fine è arrivata.

Moria era un inferno senza colpevoli. Le domande di asilo vanno a rilento perché la burocrazia greca ed europea non regge alla pressione. I migranti sono costretti a stare a Lesbo a causa del famigerato accordo tra Merkel ed Erdogan. Il presidente turco vede nei flussi migratori un’occasione in più per espandere il suo potere e ricattare gli europei. Nell’ultimo anno ha giocato pesantemente questa carta. A marzo ha mandato migliaia di immigrati a sfondare il confine greco sul fiume Evros, ma gli è andata male. Più tardi ha intensificato gli sbarchi sulle isole dell’Egeo. Malgrado i ripetuti respingimenti della Guardia Costiera greca (sempre negati), nell’ultimo anno ci sono stati più di 20 mila nuovi arrivi, facendo crescere il numero dei migranti in Grecia a poco meno di cento mila persone.

Il premier greco Kyriakos Mitsotakis è il principe di una delle dinastie politiche del paese, si interessa di economia e vive della comunicazione (propaganda) che gli assicurano in maniera corale tutte le emittenti tv del paese. L’acutizzarsi del problema migratorio è l’ultima delle sue preoccupazioni. Appena il suo partito di destra (con punte di estrema destra) Nuova Democrazia ha vinto le elezioni nel luglio 2019 ha subito abolito il ministero dell’Immigrazione fondato a suo tempo da Tsipras. Salvo poi tornare sui suoi passi e rifondarlo pochi mesi dopo, collocandovi a capo un cortigiano non brillante, Notis Mitarakis e come vice un ex diplomatico, Giorgos Koumoutsakos, uomo capace ma poco ascoltato a palazzo Maximou, sede del capo del governo.

Il fatto è che questi immigrati non interessano proprio a Mitsotakis, espongono il suo governo alle critiche dell’opinione pubblica internazionale e fanno anche perdere elettori. È indicativo il fatto che in un anno di governo il premier non ha mai voluto visitare alcuna struttura di accoglienza per farsi un’idea del problema.

In compenso, aveva visitato Moria il ministro dell’Ordine Pubblico Michalis Chrisochoidis, tanto per fare capire che l’immigrazione era cosa sua. Il premier si è accontentato di essere prima notizia nei telegiornali per giorni interi per aver «convinto» Merkel ad accogliere 50 minori non accompagnati.

Ieri mattina, mentre non era stato ancora spento l’incendio di Moria, Mitsotakis si è messo la cravatta e si è piazzato davanti alla sua telecamera preferita. Ha alzato il dito verso le vittime, sostenendo che l’incendio era il risultato della loro «violenta reazione» ai controlli sull’epidemia che avrebbero provocato «disordini di grande ampiezza», sposando così la versione secondo cui l’incendio sarebbe stato provocato dallo scontro tra 35 profughi trovati positivi e gli altri, diffusa dai poliziotti in un primo momento ma non confermata in seguito.

Ora si trasferiscono a Lesbo navi in disarmo per ospitare più di 13 mila anime disperse in tutta l’isola, inclusi 408 minori non accompagnati. Per rastrellarle sono state trasferite tre compagnie di celerini, mentre l’isola sarà in «stato di emergenza» per quattro mesi. Quanto basta per trasferire tutti gli ex ospiti di Moria nei campi situati nel continente, recintati e sotto il controllo della polizia, di cui Mitsotakis vorrebbe aumentare il numero ma le reazione xenofobe dei suoi elettori glie lo impediscono. In quelli già aperti e funzionanti sono stati già rinchiusi in questi giorni i profughi che hanno ottenuto asilo politico ed erano stati costretti a dormire per terra in Piazza Viktoria di Atene. La strada o il filo spinato, sotto l’ombra del manganello, ecco la politica migratoria della destra greca.

DIMITRI DELIOLANES

da il manifesto.it

foto: screenshot

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