La grande invenzione

Che cos’è una parola non scritta? È un verbum, è una oralità, un concetto attraverso cui, comunque, si “legge” la realtà perché la si categorizza, le si assegnano dei...

Che cos’è una parola non scritta? È un verbum, è una oralità, un concetto attraverso cui, comunque, si “legge” la realtà perché la si categorizza, le si assegnano dei nomi attraverso cui poter avere un “senso comune” della natura, delle cose, di noi stessi, di tutti gli esseri viventi e, per massima estensione, dell’esistente in quanto tale. Alla parola ancora non scritta si attribuisce l’inizio per antonomasia, il Principio in assoluto: l’incominciamento per definizione.

Il Vangelo di Giovanni così inizia: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste». La parola è, quindi, all’origine di tutto se si sta letteralmente a ciò che è appena stato qui citato. Prima ancora dell’invenzione della scrittura, è la parola ad essere posta – dagli uomini che la intendono e la riportano poi per iscritto – all’origine delle origini.

Il creazionismo quindi identifica l’espressione orale dell’esistente con Dio stesso, che è Verbum, che è quindi qualcosa di etero al pari del suono e non palpabile e percepibile da tutti quanti i sensi. A pensarci bene, in effetti, se immaginiamo una divinità, non lo facciamo mai considerandola materialmente assisa sul trono celeste secondo la ripetitiva iconografia religiosa dei secoli nei secoli. Semmai, invece, come un alito di vento, una luce, un fenomeno che si accosta alla natura più splendida e alle sue manifestazioni altrettanto tali. La parola è la prima forma di comunicazione che ci sottrae dalla singolare solitudine che altrimenti vivremmo.

Se non parlassimo non avremmo nessun tipo di rapporto concreto con i nostri simili. Certo, sarebbe possibile in un certo modo comunicare con gli sguardi, con gli occhi, con la mimica facciale o con i gesti delle mani. Ma la parola e, ovviamente, la scrittura della parola, quindi la traduzione dei suoni in segni da tramandare (dando così seguito all’importanza della memoria come fatto culturale, sociale e civile), fanno parte della naturalità che ci riguarda e che riguarda, nel campo della sonorità, la vita stessa: senza il trasporto consentito dall’aria, non c’è suono trasmissibile.

Nel vuoto, inteso come assenza totale di materia, non c’è verbum, non c’è dunque nulla. Partire dalla parola per spiegare l’origine della scrittura è necessario perché senza la necessità di tradurre i suoni in qualcosa di oggettivamente visibile, rilevabile dalla molteplicità degli esseri viventi e tramandabile, molto probabilmente la specie umana non avrebbe sviluppato quelli che sono definiti “logogrammi“, ossia i segni grafici che hanno il ruolo di rappresentazione, per l’appunto, dei singoli suoni o di altrettanti concetti.

Affascinante viaggio alle origini della scrittura è un insieme di lezioni tenute dalla professoressa Silvia Ferrara (ordinaria di Civiltà egee all’Università di Bologna, ha studiato all’University College di Londra e all’Università di Oxford dove è stata anche ricercatrice in Archeologia e linguistica) e riunite nel saggio “La grande invenzione. Storia del mondo in nove scritture misteriose” (edito da Feltrinelli nel 2019) sugli enigmi tutt’ora irrisolti che riguardano una serie di logogrammi che, senza dubbio, sono qualcosa di più di semplici raffigurazioni delle epoche che li concernono.

Disco di Festo (fronte)

Per fare un esempio di una scrittura tutt’oggi indecifrata (ma non aprioristicamente indecifrabile), il famoso “Disco di Festo“, che si trova nel museo Heraklion di Creta, è un rompicapo che nessun esperto archeologo, nessuno storico, nessun linguista è mai riuscito a decriptare. L’invenzione della scrittura, è ormai accertato, si determina come passaggio veramente storico nell’evoluzione umana nel momento in cui la necessità lo determina. Siamo quindi innanzi ad un vero e proprio salto di qualità nella considerazione anche dei rapporti tra noi sapiens per, ad esempio, catalogare delle merci, inventariare altri beni,

Ma parallelamente a questo bisogno si soddisfa anche quello di assegnare ad ogni evento dell’esistenza una attribuzione nominale che, dunque, lo renda condivisibile nella comunità e sostanzi l'”idea” che ci si è fatti di prodotto della materia, della natura, del mondo che ci circonda e ci comprende. Dall’aver sentito il bisogno di chiamare e di chiamarci, di definirci per stabilire un minimo senso comune in una insensatezza dell’esistenza di cui continuiamo a cercare un impossibile soluzione, siamo passati alla trascrizione dei suoni, delle parole che li compongono e dei pensieri più elaborati.

La culla della scrittura si trova tra la Mesopotamia e l’Egitto: quattromila anni fa circa fa la comparsa questa “grande invenzione“. Non è una scoperta di un qualcosa che già esiste, ma letteralmente una inventio, una vera e propria creazione che fa il suo ingresso nel cammino umano, penetra nella temporalità e diviene parte indispensabile e non più rinunciabile dell’essenza stessa dell’essere autocosciente. Piuttosto interessante, come rileva la professoressa Ferrara, è il fatto che la scrittura compaia autonomamente in diverse parti del mondo.

Non c’è, infatti, nessun atto tramandato a noi che ci faccia anche solo lontanamente ipotizzare che l’idea della scrittura sia il frutto di una condivisione di esperienze di diverse civiltà. Ma, oggettivamente, è una intuizione comune dell’essere umano, perché tanto in Mesopotamia come in Mesoamerica, in Egitto come a Creta, sull’Isola di Pasqua come in Etruria arrivando fino in Cina e in Giappone, gli uomini (e le donne) adottano questo metodo di traduzione grafica dei suoni, delle parole, dei concetti.

I primi segni grafici sono esattamente ciò che la semiotica definisce come “qualcosa che sta per qualcos’altro, a qualcuno in qualche modo“. L’autrice del saggio qui proposto in lettura ci avvisa: bisogna distinguere tra segni grafici e disegni. Non sono la stessa cosa. Ma è avvenuto, ed anche qui in diverse regioni del pianeta in assoluta autonomia le une dalle altre, che le popolazioni siano passata dall’utilizzo del disegno alla sua intendibilità come suono, come parole, come raffigurazione non soltanto più di quello che in primis rappresentava (la figura del gatto per il gatto stesso), ma di ciò che ha finito per essere come “linguaggio comune” e, quindi, come “scrittura comune“.

La scrittura legata alle immagini è detta “geroglifica“: viene istintivamente da pensare all’antico Egitto. Ma anche quella cretese è una civiltà la cui scrittura è stata definita in eguale maniera. Non perché abbia delle affinità con quella dei monumenti delle millenarie dinastie faraoniche, ma perché, per l’appunto, parte da una prima impostazione legata alla raffigurazione in immagini di suoni e concetti. Ci troviamo in ambiti di sviluppo sociale in cui non esiste ancora una vera e propria scrittura narrativa. Non vi sono racconti o poesie, versi o trascrizioni di storie.

Più che altro si sono ritrovati reperti di monili, oggetti, gioielli e suppellettili su cui sono state rinvenute delle scritte. Forse i nomi dei casati cui appartenevano. Siamo nel campo delle ipotesi, perché molte di queste scritte in “geroglifico cretese” rimangono indecifrabili. Così come resta un vero e proprio mistero il già citato Disco di Festo. Lo scoprì nel 1908 un architetto italiano, Luigi Pernier. Qualcuno pensò malevolmente che, per avere quindici minuti di celebrità, lo studioso lo avesse prodotto di sua mano. Ma non era così. Il disco, che contiene centinaia di segni grafici è un vero e proprio mistero.

Per diverse ragioni: non è stato inciso, ma è stato stampato. Sì, proprio così… Millenni prima che la stampa fosse inventata, il Disco di Festo è forse il documento più antico di qualcosa che è stato impresso su un materiale perché questo lo riportasse come “testo scritto” da tramandare nel tempo. Duecentoquarantuno simboli che possono essere sia interpretabili come immagini oppure come logogrammi. Ma siccome non si hanno altri reperti storici con simbologie simili o uguali, la scarsità che ne consegue è un punto penalizzante nel tentativo di decriptazione di quello che l’affascinante disco cretese riporta su di sé.

Vi si riconoscono teste piumate, teste tatuate, donne, bambini, prigionieri, frecce, archi, scudi, guanti, persino degli alveari e delle navi. Ma nell’insieme, segno dopo segno, non si riesce a decifrare il significato di tutto ciò se non riducendone l’interpretazione a mere raffigurazioni in immagini stilizzate di momenti di vita della società di allora. Il Disco di Festo è, naturalmente, solo uno degli eclatanti, eccezionali, davvero straordinari misteri della scrittura antica sparsa sui continenti. Tutt’oggi rimangono anche indecifrate le scritture rupestri, di vere e proprie incisioni (dette “glifi“),

Incisioni rongorongo sull’Isola di Pasqua

Tra queste quelle di Rapa Nui, cosiddette “rongorongo“. Nessun tentativo di soluzione dell’enigma è andato a buon fine. Si sa che questi simboli vennero tracciati con denti di squalo su tavolette di ossidiana. Anche in questo caso la coincidenza determina la consapevolezza che nell’essere umano sia sempre esistita la propensione a raffigurare il mondo in cui si trovava a vivere e a darne, in una qualche maniera, un significato almeno proprio, conosciuto e conoscibile dai propri simili. I logogrammi, del resto, rappresentano un qualcosa ma, come si è già scritto poco sopra, possono anche arrivare a significare ben altro.

La scrittura, quindi, è una grande invenzione comune a tutta la popolazione umana: non c’è angolo del pianeta in cui la nostra specie di animali-umani non si sia diffusa in cui non sia, in un determinato momento storico, comparsa la traduzione grafica dei suoni per dare alle cose esistenti una catalogazione che servisse, mnemonicamente, al miglioramento degli stili di vita stessi. Il fascino del racconto fatto dalla professoressa Ferrara è dato dal fatto che i misteri sono tanti e affondano nella notte dei tempi: ma, prima di tutto, sebbene sia spiegabile da un punto di vista meramente materiale, rimane il quesito sull’origine prima della scrittura.

L’essere umano cosciente ed autocosciente ha sentito il bisogno di inventare dei segni grafici per dare ai suoni una loro traduzione scritta: noi oggi lo diamo per scontato, come se la scrittura fosse sempre esistita. Sappiamo che non è così. E ripensare al fatto che qualcuno abbia immaginato che si potessero in qualche modo “fermare“, bloccare, fissare i suoni orali della propria bocca in segni e disegni, attribuendo agli uni una immagine e agli altri una sonorità (concettuale, ma pur sempre tale), è indubbiamente affascinante dal punto di vista storico ed evolutivo.

La grande invenzione della scrittura è una storia appena incominciata. Le nuove forme di comunicazione lasciano intendere che, per quanto la scienza possa complicare o semplificare le interazioni tra noi umani e il resto degli esseri senzienti, nonché il mondo per intero, oralità e scrittura viaggeranno sempre di pari passo. Non può esistere una parola non scrivibile e non può esistere una scritta non declamabile e traducibile in sonorità. Anche questa è una antropizzazione della realtà.

Forse la meno colpevole fra tutte, la più innocente e, anche per questo, considerata come secondaria rispetto alle conquiste degli spazi, sia in terra, sia in cielo, sia in mare. La realtà rimane per quello che è e noi ne possediamo, alla fine, solo i nomi. Nemmeno di noi stessi siamo pienamente proprietari. Tutto ci sfugge… Come ha scritto Bernando di Cluny, ripreso da Umberto Eco ne “Il nome della rosa”, «…stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus…».

Di Roma antica ci rimane solo il nome. Ma i tanti monumenti letterari e quelli in pietra che la repubblica e l’impero ci hanno lasciato tenderebbero a smentire questo concetto se inteso come rimpianto di ciò che fu e che il tempo ha consumato…  La scrittura, come è evidente, sorpassa i secoli, i millenni ed è più dura a consumarsi di una pietra miliare, di una colonna di marmo.

LA GRANDE INVENZIONE
STORIA DEL MONDO IN NOVE SCRITTURE MISTERIOSE
SILVIA FERRARA
FELTRINELLI, 2019
€ 19,00

MARCO SFERINI

14 maggio 2025

foto: particolare della copertina del libro


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