La Corte suprema Usa abbatte lo ius soli, restano 30 giorni

Sentenza contro il potere dei giudici, colpito un diritto fondamentale della Costituzione

«Uno stravolgimento dello stato di diritto». Così la giudice liberal Sonia Sotomayor, declamando il suo dissenso dalla decisione della Corte suprema nella quale siede, ha definito la sentenza della maggioranza conservatrice dei giudici sul caso Trump v. Casa, che riguardava l’ordine esecutivo del presidente che – nel giorno stesso del suo insediamento – aboliva un principio costituzionale fondamentale: lo ius soli.

Come spesso accade con le sentenze cosiddette blockbuster di questa Corte suprema, blindata dallo stesso Donald Trump durante il suo primo mandato (nominando 3 giudici su nove, e sottraendo una nomina al suo predecessore Barack Obama), la sferzata alla democrazia e allo stato di diritto è arrivata per vie traverse. I giudici infatti – decidendo in base alla loro appartenenza politica: 6 a favore, 3 contro – non si esprimono nel merito di quella che negli Stati uniti viene definita birthright citizenship, pilastro dell’identità e della legge statunitense per cui chiunque nasca sul territorio nazionale è un cittadino americano.

La Corte suprema accoglie invece l’appello dell’amministrazione Trump contro gli ordini emanati da tre giudici federali a Seattle (Washington), in Massachusetts e Maryland che imponevano un’ingiunzione a livello nazionale e bloccavano l’entrata in vigore dell’ordine esecutivo in così flagrante violazione della Costituzione.

Il governo sosteneva che l’ingiunzione rappresenta un «danno irreparabile» alle politiche di un presidente eletto, e i togati reazionari hanno sposato questa teoria, proibendo le nationwide injunctions anche rispetto a un diritto così essenziale. Che fra 30 giorni, la finestra di tempo garantita dalla Corte prima che l’ordine venga sollevato, si ritroverà in una condizione di completa discrezionalità, in cui alcuni stati garantiranno lo ius soli e altri no. Di certo sarà tutelato nei 22 stati democratici che avevano originariamente fatto causa contro l’ordine di Trump, a cui nel frattempo potranno aggiungersene altri. Altrove, la stessa identità di cittadino americano conferita alla nascita potrà venire negata.

Chi potrà essere deportato? Ci si spingerà fino a mettere nel mirino personaggi invisi all’amministrazione come l’attuale candidato sindaco democratico di New York Zohran Mamdani – naturalizzato nel 2018 – come ha chiesto il deputato repubblicano del Tennessee Andy Ogles? Nel caos aperto dalla Corte – o nella «stagione della caccia» sui «nostri diritti» che essa ha inaugurato, secondo la definizione del deputato democratico Greg Casar – è impossibile per il momento farsi un’idea chiara. Di certo secondo i sondaggi solo il 28% degli statunitensi si è detto in favore dell’abolizione della birthright citizenship.

L’amministrazione Trump ha celebrato la sentenza con tanto di conferenza stampa alla presenza del presidente, la sua ministra della Giustizia Pam Bondi e il suo vice Todd Blanche (ex avvocato personale di Donald Trump). «Oggi il nostro Paese dovrebbe essere molto orgoglioso della Corte suprema», ha detto il tycoon che su Truth social ha definito la sentenza una «vittoria monumentale». Per essersi schierata, ha aggiunto, contro «i giudici di estrema sinistra che hanno cercato di sovvertire i poteri di un presidente legalmente eletto».

Bondi ha detto di aspettarsi che lo ius soli verrà affrontato direttamente dalla Corte suprema a ottobre, quando i giudici torneranno in sessione dopo la pausa estiva. E ha alzato la voce contro i giornalisti che le chiedevano se ora il governo si sarebbe concentrato sulla deportazione dei bimbi nati da immigrati senza documenti, affermando solo che avrebbero dovuto ringraziare e sentirsi «più sicuri» per le politiche del governo al confine. «I criminali violenti nel nostro paese sono la priorità adesso», ha aggiunto.

Sintetizza l’allarme dell’opposizione e dei gruppi per i diritti civili l’intervento del leader dei democratici al Senato Chuck Schumer, secondo il quale la sentenza della Corte suprema è un «passo terrificante in direzione dell’autoritarismo».

Non bisogna infine dimenticare che la decisione dei giudici costituzionali ha un effetto dirompente anche su molti altri casi in cui le politiche illiberali di Trump hanno trovato un unico argine nella risposta dei tribunali. Fra questi i tagli del Doge prima diretto da Elon Musk, l’attacco contro le politiche di diversità e inclusione, la decisione di spostare i detenuti transgender nelle prigioni conformi al sesso assegnato loro alla nascita, lo smantellamento di UsAid e molto altro.

GIOVANNA BRANCA

da il manifesto.it

Foto di Gabriel Sanchez

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