La civiltà di un Paese, si diceva un tempo, la si poteva evincere dal modo in cui teneva le proprie carceri. Ho sempre pensato che fosse una mezza, ma molto mezza verità e per l’altra metà una mezza sciocchezza.
Sarà perché le carceri mi fanno orrore – al pari di questa società capitalista in cui sono “necessarie” perché le sono perfettamente congeniali – ma non ho mai ritenuto che quello fosse il solo metro di giudizio civile di una nazione.
Avevo ragione. Ma lo so da tempo. In queste ore reputo di avere ancora più ragione, perché la civiltà di un Paese la si ritrova anche sui treni, dove 27 ragazzi con handicap avevano un posto prenotato e sono invece dovuti scendere dalle carrozze (forse nemmeno ci sono potuti salire) perché i turisti si sono rifiutati di dare loro i posti che avevano indebitamente occupato.
Tutto quello che volete… colpe di Trenitalia, dei vandalizzatori di due carrozze in quel di Albenga… Tutto.
Ma la civiltà di un Paese la si riscontra da come quel Paese che si reputa moderno, democratico e civile si rivolge e tratta i più deboli, i meno difesi, i più fragili.
Dai carcerati ai disabili, dai lavoratori ai disoccupati, dai malati ai pensionati, dai giovani agli anziani.
Così può bastare come incazzatura quotidiana?
(m.s.)
20 aprile 2022
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