Il professor Musacchio: “No alla proroga dello stato di emergenza”

I provvedimenti di natura amministrativa assunti dal Presidente del Consiglio e dai Ministeri competenti in materia durante il periodo emergenziale, che hanno costretto in casa tutti gli italiani dalla...

I provvedimenti di natura amministrativa assunti dal Presidente del Consiglio e dai Ministeri competenti in materia durante il periodo emergenziale, che hanno costretto in casa tutti gli italiani dalla fine di febbraio all’inizio di maggio e che sono stati prorogati e lo saranno probabilmente sino al 31 gennaio 2021, meriterebbero perlomeno un’attenta valutazione sulla loro legittimità costituzionale, anche se ormai è l’assunto è condiviso da gran parte degli studiosi di diritto pubblico.

Nei precedenti articoli pubblicati sulla stampa nazionale, palesai, in primis, la violazione del principio di ragionevolezza per mancata ponderazione e bilanciamento dei diritti, principi, interessi e valori costituzionali, e in particolare, con riferimento al diritto alla salute contenuto nell’art. 32 della Carta Costituzionale.

Evidenziai profonde riserve sull’invalidità del regime sanzionatorio previsto e applicato in virtù dei DPCM impugnati per violazione del famoso principio “nullum crimen, nulla poena sine lege”, e altre violazioni furono acutamente evidenziate dal prof. Sabino Cassese. Leggiamo oggi nei principali quotidiani nazionali che il Presidente del Consiglio sarebbe in procinto di prorogare lo stato di emergenza in conformità a una non meglio precisata “esigenza di tenere sotto controllo il virus, per la presenza di alcuni contagi in territorio italiano”, sino al 31 gennaio 2021.”

Ribadiamo ancora una volta che laddove ciò accadesse ci troveremmo di fronte a un nuovo strappo dell’ordine costituzionale, a causa del quale la democrazia di un Paese è ancora una volta congelata per un anno intero, ad arbitrio del potere esecutivo, oggi, ancor più in assenza di qualunque presupposto giustificativo.

A nulla vale, a mio parere, il richiamo continuo al Codice della Protezione Civile. Lo stato di emergenza ivi delineato si riferisce “a eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione devono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo.” (art. 24, 7 comma 1 lett. c) Codice Protezione Civile).

Il testo della norma, e del Decreto nel suo complesso, è evidentemente destinato a disciplinare quelle situazioni nelle quali vi sia necessità di azione tempestiva e immediata. Il termine stesso “calamità di origine naturale” difficilmente si attaglia a un problema sanitario ed emerge, con tutta evidenza nei confronti dello stato di emergenza. Perciò, oggi, sembra ulteriormente sproporzionato e illegittimo il ricorso a questi strumenti eccezionali.

La presenza di focolai, peraltro circoscritti in alcune zone del Paese, e a oggi gestibile agevolmente dal Servizio Sanitario, a nostro giudizio, non costituisce requisito sufficiente a introdurre un nuovo regime di eccezione che consenta di derogare alla dialettica democratica propria di uno Stato di diritto e di una democrazia parlamentare.

Né lo stato di eccezione è giustificato dal mero timore di possibili futuri scenari, sui quali ancora nulla è dato prevedere e sui quali, peraltro, la stessa comunità scientifica internazionale mostra di avere opinioni divergenti con ripercussioni diverse anche nelle varie Nazioni europee. Ciò rafforzerebbe la tesi non giustificativa di un arbitrio del potere esecutivo che potrebbe sospendere la democrazia in qualunque momento, perché in fondo, nessuno può prevedere il futuro.

Non regge neanche la tesi dei focolai in Paesi stranieri (es. Francia e Spagna), essendo sufficienti le ordinarie misure di contenimento dei flussi in entrata e uscita del Paese per arginare qualunque pericolo in tal senso. Sono convinto che ci troviamo ancora una volta di fronte a un’inaccettabile distorsione di norme che sono nate per la tutela dei cittadini e che sono invece distorte al fine di blindare il potere esecutivo e legittimare atti normativi, spesso privi di forza di legge, che possono incidere profondamente sui diritti garantiti dalla Costituzione.

Gli stessi trattati internazionali vincolano le scelte discrezionali dell’Esecutivo. L’art. 15 della CEDU che consente allo Stato contraente di esimersi dal rispetto dei diritti fondamentali in essa sanciti in caso di urgenza, specifica tassativamente che ciò sia possibile solo “nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in contraddizione con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale”.

L’esistenza di una situazione di emergenza, pur rimessa alla valutazione discrezionale dei singoli Stati, deve palesarsi in un evento concretamente verificatosi, che coinvolga l’intera Nazione e non comporti l’adozione di misure restrittive a tempo indeterminato e ciò non ci sembra riscontrabile nell’odierna situazione sanitaria italiana.

In conclusione, qualora lo “stato di  emergenza” fosse prorogato nell’attuale situazione sino al 31 gennaio 2021, in mancanza di qualsiasi presupposto, ci troveremmo di fronte a un nuovo abuso che lede i principi e valori nazionali e internazionali suffragati all’interno della Carta Costituzionale e nei trattati internazionali già riconosciuti dall’Italia.

VINCENZO MUSACCHIO
giurista, già allievo di Giuliano Vassalli e allievo di Antonino Caponnetto, è professore di diritto penale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA), ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra

3 ottobre 2020

Foto di Engin Akyurt da Pixabay

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Politica e società

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