Quelli che si mostrano in prima fila, sui palchi dei Family day, nelle manifestazioni in difesa della vita in tutto e per tutto fin dal primo istante della fecondazione e che, allo stesso tempo, negano ai figli nati con la gestazione assistita il diritto di avere due genitori perché omosessuali, non si fanno nessuno scrupolo a trattare la vita degli animali non umani come se non fosse tale, come se non ci si trovasse davanti ad esseri senzienti. Ma solo a dei bersagli per i cacciatori. Una sempre più piccola e comunque potente lobby che controlla decine di migliaia di voti utili alle forze politiche che intendono mantenersi salde al governo del Paese.
Caso mai ce lo fossimo dimenticati, noi umani siamo animali. Siamo, appunto “animali umani“. Tutti gli altri esseri viventi del “regno animale” sono, quindi, “animali non umani“. L’umanità, come concetto, potrebbe anche essere pronta a comprendersi nel più ampio spettro dell'”animalità” e, quindi, da questo primo passo potrebbe nascere una differente attitudine, un differente approccio nei confronti degli animali che consideriamo variamente dal punto di vista dei rapporti tanto individuali (ossia tra individui) ed etici (ossia su un piano prettamente morale).
Noi siamo abituati ad avere intorno cani, gatti, uccellini, tartarughe come piccoli amici casalinghi, parte della nostra cerchia familiare e stabiliamo con loro una empatia molto speciale che è data proprio dal contatto quotidiano che abbiamo con loro. Non sono nostri simili, ma gli riconosciamo una sensibilità che reputiamo particolare proprio per il tipo di ultramillenario rapporto che abbiamo conseguito nel corso della Storia e dell’evoluzione di tutta l'”animalità” (quindi anche dell'”umanità” che vi è compresa). Questo riflesso, però, non scatta nei confronti degli altri animali non umani: quelli che, sempre da millenni, si è abituati a consumare come se fossero naturalmente del cibo.
Maiali, cavalli, mucche, polli, oche, anatre, pesci fanno tenerezza visti nel contesto naturale, nei loro habitat, ma poi sugli scaffali dei supermercati, nelle macellerie e nelle paninoteche, debitamente elaborati da lunghe processioni di trasformazione (e di sofisticazione delle carni) diventano altro da sé stessi e sembra a tutti normale che un hamburgher sia lì per essere consumato, così come una lingua, un fegato, una coscia, un’ala o un’aletta resa piccantissima e sapidamente ipergustosa. Il “carnismo” è proprio questo: una attitudine psicologica.
Per cui, l’animale che non vive con noi diventa un oggetto e perde la sua qualità naturale di “individuo“, pari pari alla nostra. Se la carne presente nei banchi dei macellai, pur sanguinolenta, non rimanda immediatamente alla morte subita dall’animale, al fatto che per potersi cibare di quella parte del suo corpo si è dovuti passare attraverso la fine della sua esistenza e, spesso e volentieri, con metodi davvero di indicibile crudeltà, è grazie al carnismo che, mediante il supporto di credenze, tradizioni e bias cognitivi, agisce come sofisticatore della sensibilità, dell’empatia che, invece, dovremmo poter provare.
I cacciatori fanno addirittura un salto ulteriore rispetto agli onnivori compratori e consumatori di carne: trasformano gli animali in prede, come se l’uomo non avesse mai superato la sua primitiva fase che lo poneva, per necessità e senza, quindi, possibilità di scelta, nella condizione di doversi muovere nei boschi e procurarsi da mangiare cacciando, oltre che raccogliendo bacche ed erbe. Dopo aver decretato che l’animale non umano è una preda, il cacciatore acuisce il suo sadismo perché non si limita ad andarne in cerca per vederla, magari per fotografarla e ammirarla come parte della natura. No…
Il cacciatore la deve prendere e per farlo deve ucciderla. Le associazioni venatorie si dilungano ormai sempre più retoricamente nel tentare la bislacca spiegazione che la caccia sarebbe uno sport e che, quindi, questa passione sarebbe giustificata da un divertimento puro e dalla voglia di consumare poi la selvaggina. Domandina facile facile: ma in quale sport uno dei partecipante muore? In quale sport c’è una sproporzione nella “competizione” per cui all’uomo è dato avere una doppietta e all’animale solo le ali o le zampe veloci per fuggire e sperare di rimanere vivo?
La caccia non è uno sport, non lo è mai stato. Semmai si è trattato per lungo tempo di una necessità, ma oggi nel 2025 abbiamo sviluppato un sistema di produzione degli alimenti che, se non fosse direttamente collegato al collasso climatico del pianeta e alla ineguale distribuzione delle ricchezze prodotte, sarebbe in grado di sfamare l’intera popolazione mondiale rispettando tutti gli individui, tutti gli animali non umani e il regno vegetale. Non esistono più motivi per ritenere la caccia una necessità e tanto meno un (sadico) divertimento. Chi si compiace nell’uccidere come può essere definito se non, appunto, un sadico?
Non è un mistero che le destre estreme siano sempre state molto affezionate ad una idea di sicurezza che contempla le armi come mezzo risolutivo delle problematiche relative al disagio sociale nei quartieri periferici, nelle zone degradate: parte del DNA dei fascisti e dei postfascisti è l’uso della forza prima che la disposizione alla comprensione dei complessi motivi che, intrecciandosi fra loro, sono alla base delle contraddizioni evidenti di una comunità.
A ciò fa il paio la difesa dei cacciatori come “regolatori faunistici” e, ovviamente, “sportivi” d’eccezione. Qualcosa però sfugge: la caccia servirebbe a stabilire un equilibrio naturale, contenendo quindi l’aumento degli abitanti selvatici dei boschi, ma da un po’ di decenni a questa parte i cinghiali sono invece cresciuti in numero e in presenze negli ambienti antropizzati (leggasi: prossimità alle coltivazioni, paesi di campagna e città costiere). La realtà, dunque, è ben diversa: sono stati gli stessi cacciatori ad implementare le nascite degli ungulati così da poterli cacciare e bracconare.
Adesso il governo sta affrontando la stesura di una nuova legge che, prescindendo dal principio della fauna come “patrimonio indisponibile da parte dello Stato” (in gergo si direbbe: “res nullius“), fa degli animali una proprietà esclusiva dei cacciatori. Se non è un colpo di spugna nei confronti dell’attuale normativa costituzionale, poco ci manca: esponenti del leghismo fanatico delle doppiette, ma non di meno i loro colleghi fratellitalioti, provano il superamento della riforma costituzionale del 2022 che aveva sancito, all’articolo 9 della Costituzione, la tutela dell’ambiente, delle biodiversità e degli ecosistemi.
I cacciatori vogliono negare che la fauna sia una parte importante, fondamentale dell’ecosistema? Vista la loro sfacciataggine nel difendere una “passione” cui crudelmente e sadicamente non vogliono rinunciare, tutto è possibile, anche il negare l’evidenza e la luce del sole. Di sicuro, il governo procede spedito nel recupero di un consenso elettorale che pareva in declino e, per essere sicuro di non lasciare niente di intentato, stila una vera e propria galleria normativa degli orrori. I provvedimenti previsti sono, nell’ordine:
– l’estensione delle aree cacciabili, riducendo o azzerando regole e divieti;
– l’obbligo per le Regioni di ridurre le aree naturali protette qualora siano ritenute «eccessive» e, qualora ciò non sia fatto, il Ministero dell’Agricoltura potrà intervenire e attuare direttamente la normativa;
– si ritorna alla cattura degli animali da trasformare in richiami vivi;
– è consentita la caccia nelle aree demaniali: spiagge, zone runali, foreste, praterie con rischi enormi per contadini, escursionisti, villeggianti, ciclisti;
– è rimosso ogni limite alla costruzione di nuovi appostamenti fissi di caccia;
– le gare di caccia con cani e fucili sono consentite anche di notte e nei periodi di nidificazione;
– nelle aree private la caccia può essere esercitata senza alcuna regolamentazione particolare;
– è riconosciuta la licenza di caccia per i cittadini stranieri senza alcuna formazione sulle regole italiane;
– vengono ampliati i mesi dedicati alla caccia, andando oltre il mese di febbraio nel periodo di migrazione e nidificazione;
– l’aumento delle specie cacciabili è stabilito senza alcuna verifica preventiva da parte di organismi scientifici;
– la caccia è consentita anche dopo il tramonto e si permette la braccata anche sui terreni innevati;
– le guardie giurate di banche e supermercati possono abbattere animali.
Non manca la stretta repressiva: sanzioni fino a 900 euro per chi protesta contro le uccisioni di animali durante le attività di controllo. Una legge così formulata è un vero e proprio disprezzo per l’ambiente, per le vite degli animali non umani, per la fauna di ogni parte del nostro territorio nazionale. Sparando, uccidendo e impedendo la difesa degli ecosistemi si protegge l’ambiente? La santa alleanza tra doppiette e governo, sancita da una normativa palesemente incostituzionale, si andrà a scontrare con una serie di ricorsi che le associazioni ambientaliste ed animaliste produrranno.
L’ENPA (fondata da Giuseppe Garibaldi), LAC, LAV, Lipu e WWF Italia hanno definito questo prodotto governativo-venatorio un «inaccettabile atto di arroganza che calpesta la Costituzione e limita le libertà e i diritti di tutti aprendo a inaudite forme di violenza sugli animali. Chiamiamo a raccolta il mondo scientifico, culturale e tutti quelli che hanno a cuore la natura e la libertà». Ciò ci dice anche che la cifra di questo governo è improntata ad un antropocentrismo esasperato che, a sua volta, si fonda su un capitalismo liberista per cui ogni elemento naturale è proprietà dell’essere umano e, nello specifico, di chi ha i soldi per trasformarlo e farne fonte di profitto.
La logica proprietaria è la logica di questo governo che non ha il minimo interesse nella difesa tanto dei beni comuni quanto dei beni comuni naturali. Il capovolgimento della realtà dei fatti è la costante di un esecutivo che spaccia ripresa la recessione economica, per ottime retribuzioni i salari più bassi d’Europa, per diritti civili le limitazioni delle libertà di essere ciò che si vuole senza nuocere agli altri, per grandi opere i peggiori progetti di impattamento con terra e mare, trascurando le infrastrutture decadenti.
Gli animali non umani non possono difendersi dai nostri simili sostenitori della caccia a tutti i costi, della proprietà umana del mondo animale nel suo complesso, dell’ecosistema come variabile dipendente del capitale moderno. Qualcuno deve prestare loro la voce. Anche noi, nel nostro piccolo, siamo qui per questo e vogliamo dare il nostro contributo. Se amiamo gli animali, come nostri simili, come individui capaci – come sono – di provare ogni tipo di sensazione e siamo consapevoli che hanno il diritto di vivere tanto quanto noi (e che non siamo noi a dovergli “concedere” questo diritto), cominciamo a fare qualche passo nella direzione giusta.
Iniziamo a consumare meno carne, a provare la rivoluzione vegetariana, ad escludere dalla nostra dieta ogni prodotto dell’uccisione degli animali non umani. Tentiamo di cambiare così la percezione che abbiamo nei loro confronti: si tratta di una scelta che non necessariamente è un sacrificio, visto che esistono tantissimi prodotti a base vegetale per sostituire le carni degli animali che, pure, ci fanno tenerezza quando sono vivi e che sappiamo come vengono crudelmente costretti a sopravvivere in quei lager che sono gli allevamenti intensivi…
Proviamoci. Cambiare il punto di vista è importante. Senza diventare fanatici di nulla, ma spiegando le nostre scelte, a costo di essere trattati come dei sognatori, dei noiosi, dei pedanti, dei rovina-pasto, eccetera, eccetera… Non imponiamo nulla, ma proponiamo tutto ciò che può salvare la vita degli animali non umani, dando così la miglior voce possibile al loro sacrosanto diritto naturale di poter esistere, vivere e morire senza essere più proprietà di nessuno: né nei circhi, né negli allevamenti, né in nessun altra forma e modo.
MARCO SFERINI
24 maggio 2025
Foto di Ünsal Demirbaş
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