Elias Rodriguez forse non se ne è reso conto, altrimenti non avrebbe ucciso due giovani membri dell’ambasciata israeliana a Washington all’esterno del Jewish Museum, ma ciò che ha fatto non aiuta Gaza, non aiuta i palestinesi, non serve alla causa della liberazione di un intero popolo oggi più che mai sotto la minaccia dell’annientamento totale, di una nuova Nakba, nel pieno di un genocidio di cui troppo hanno il timore di pronunciarne il termine, esprimerne il significato riconoscendo il piano criminale di Benjamin Netanyahu e del suo governo.
Un atto di violenza individuale è e rimane un gesto che ottiene l’effetto opposto di quelle che magari sono le intenzioni di chi lo compie. Intorno a questo episodio di efferata crudeltà, privo di qualunque senso politico, ruotano già da ora le dichiarazioni ipocrite di capi di Stato e eminenti difensori del diritto di Israele di difendersi dall’antisemitismo, piaga ultramillenaria e soprattutto otto-novecentesca che si riverberebbe oggi in una sorta di “accerchiamento” dello Stato ebraico da parte del resto del Medio Oriente.
Chi stermina un popolo, ne distrugge completamente le case, le infrastrutture, le scuole, gli ospedali e li sta per spingere ad un esilio forzato oltre i confini angusti della Striscia di Gaza, si permette ovviamente, con tutta la sfacciataggine che contraddistingue questi criminali patentati e autorizzati dal sostegno di larga parte della comunità internazionale (ossia dagli interessi che intercorrono tra Israele e il resto del mondo), di affermare che ad essere in pericolo è Israele e non la Palestina. Sono morti, in un anno e mezzo di guerra, quasi 20.000 bambini a Gaza. Sono state distrutte 9 case su 10 e sono state uccise più di 50.000 persone.
I feriti gravi sono più di 150.000 e gli sfollati, spinti sempre più a sud, al confine con la penisola del Sinai, sono quasi due milioni di persone affamate, private di qualunque supporto medico, lasciate morire o sotto le bombe dell’Heyl Ha’Avir o di inedia. Ecco che a dare sostegno a quella che non è nemmeno una versione dei fatti, bensì una plateale, vergognosa bugia istituzionale, ossia che tutti i palestinesi sarebbero dei terroristi, arriva il gesto di un singolo, di un uomo che, aspettando di essere arrestato dalla polizia statunitense, urla «Gaza libera!». Ma la libertà non passa attraverso questo stretto viatico, facilmente (ed opportunamente) strumentalizzabile.
Difficile, del resto, dire da che parte oggi possa trovare un passaggio quella libertà che dovrebbe, anzitutto, avere corso dalla fine dei combattimenti, dal cessate il fuoco permanente e da un ritiro dell’esercito israeliano da Gaza. Utopia. Perché Netanyahu ha dichiarato, finalmente gettando completamente la maschera, di voler occupare militarmente e politicamente tutta la Striscia di Gaza per annetterla ad Israele. Lo stesso piano, nemmeno a pensarlo, riguarda il resto del Territorio occupato palestinese, ossia la Cisgiordania.
Lì, una delegazione internazionale, fatta di esponenti di governo, di forze di opposizione, assistenti e giornalisti al seguito, è stata presa di mira a Jenin dove sorge un campo profughi sotto assedio da parte di Tsahal da oltre quatto mesi. Qualche scarica di pallottole per intimidire, per lanciare un messaggio ulteriore al mondo: Israele fa quello che vuole, in barba al diritto internazionale, ridicolizzando l’ONU, infischiandosene dei mandati di cattura della Corte penale per i crimini di guerra e contro l’umanità commessi da Netanyahu e Gantz, piccandosi di mostrarsi come la “democrazia” sola che nel Medio Oriente si difende da quell’accerchiamento terroristico di cui si scriveva poco sopra.
A dire il vero, un po’ di voci iniziano a mostrare qualche insofferenza nei confronti della macelleria israeliana contro il popolo palestinese. I numeri sono esorbitanti e toccano le coscienze di governi che rischiano di passare alla Storia come complici di un genocidio, come sostenitori, seppure indirettamente, di politiche davvero criminali. Ma, a differenza di Spagna, Francia e Gran Bretagna, l’Italia meloniana rimane indefessamente al fianco dell’estrema destra iper-religiosa che è la quintessenza dell’imperialismo del gabinetto di guerra di Netanyahu.
Giuseppe Conte ha espresso al riguardo, tanto in televisione quanto in Parlamento, parole piuttosto chiare, definendo il premier israeliano un “pazzo criminale“. Sulla pazzia si può concordare soltanto in senso metaforico, perché Bibi tutto è tranno che guidato da una follia che lo rende incapace di intendere e di volere. Sulla criminalità, siamo perfettamente d’accordo. La sinistra extraparlamentare parla, inascoltata, da tempo di atti genocidi nei confronti del popolo palestinese. Appena si nomina quel termine, i difensori del diritto di Israele ad esistere (a scapito completo dei palestinesi) si agitano, smaniano e scalpitano.
Ammettono che a Gaza stiano avvenendo cose terribili, ma di genocidario non si può parlare. Quando se ne potrà parlare? Quando si potrà affermare che l’intento di Netanyahu e del suo gabinetto di guerra è ormai oltre la chiarezza e l’evidenza perché è manifestamente dichiarato all’opinione pubblica mondiale? I palestinesi di Gaza vengono ridotti alla fame e fatti morire a decine di migliaia per spingerli quanto prima ad abbandonare per sempre la Striscia e lasciarla al piano di ripascimento trumpiano, fatto di resort, spiagge, alberghi e quartieri di lusso, obliando così i catastrofici cumuli di macerie e di cadaveri che oggi sono le cartoline funeree e mortifere di quel piccolo lembo di terra.
Israele si vuole identificare totalmente con l’antico territorio storico palestinese. Non può esistere nessuna comunità in forma di Stato, di Nazione accanto o dentro i suoi confini. Prima o poi la colonizzazione della West Bank sarà assoluta e comprenderà tutta la Cisgiordania. Dal fiume al mare Israele sarà quel grande paese biblico, quel nuovo regno di Davide che i sionisti più intransigenti sognano da sempre. Per ottenere questo scopo, l’attentato di Hamas è stato un utilissimo suggerimento, un viatico da percorrere con la cinica disinvoltura di una politica imperialista, di progressiva eliminazione del nemico e di annessione delle sue terre.
Per poter poi consolidare questo risultato genocida, Israele deve preservarsi dalla reazione dei paesi circostanti: primo fra tutti l’Iran. Ecco, dunque, la minaccia recentissima contro le centrali nucleari della Repubblica islamica degli ayatollah. Sarebbero pronti degli attacchi mirati contro i siti in cui si sta sviluppando il programma scientifico a tale riguardo e, come è ovvio, un’azione di questa natura porterebbe ad una reazione altrettanto tale. In una ipotesi di quel genere, tutti i commentatori politici sono unanimemente concordi nel ritenere possibile che Teheran disporrebbe una rappresaglia non solamente diretta contro lo Stato ebraico ma anche contro i paesi arabi alleati degli Stati Uniti d’America.
Donald Trump, in fondo, ha sempre affermato di voler arrivare ad un’intesa con l’Iran in merito al nucleare; ma, se questa non fosse concretizzabile, nemmeno lui escluderebbe un “bombardamento a tappeto” (sue esatte parole) per scongiurare quella che viene definita come una delle minacce più terribili che da parte orientale si può rivolgere verso occidente. Sta di fatto che, intanto, mentre il governo italiano e l’Europa nel suo complesso non fanno nulla per ostacolare le mosse genocide di Netanyahu, a Gaza si crepa ogni minuto che passa e i morti si contano a centinaia giorno dopo giorno.
Israele non solo impedisce a qualunque camion di aiuti di entrare nella striscia, ma rende di ora in ora sempre più impossibile la sopravvivenza nella Striscia: del resto, la guerra contro Hamas è ormai un pretesto, oggettivamente tale, perché i capi della formazione terrorista sono stati quasi tutti eliminati e gli ostaggi israeliani sono ridotti a poche decine a causa delle morti causate proprio dall’aviazione e dalle truppe di terra di Tel Aviv. Questa guerra si sarebbe potuta evitare, pur in una comprensibile reazione di Israele contro Hamas dopo i fatti del 7 ottobre 2023, se l’intelligence israeliana avesse pianificato degli interventi mirati contro la dirigenza della jihad palestinese.
Ma l’intento è sempre stato un altro: approfittare del criminale atto terroristico per scatenare la resa dei conti contro tutti i palestinesi e farla finita una volta per tutte con loro. Di per sé questo è un genocidio in potenza che, come è stato evidente mese dopo mese, anno dopo anno, si è realizzato e si sta realizzando davanti agli occhi del mondo intero e sotto il compiacimento di molti governi pseudo-democratici che pensano solamente agli affari d’oro che faranno dopo che a Gaza non sarà rimasto un solo palestinese.
Se l’Europa fa qualche passo verso la condanna del progetto di Netanyahu e del suo governo, l’Italia rimane vergognosamente al suo fianco. Il punto non è nemmeno più fondato sulla coerenza o meno su un principio primo di umanità e di rispetto dei diritti fondamentali di ciascuno e di tutti: non è mai importato niente a costoro delle sofferenze di un intero popolo, ma soltanto delle relazioni economiche ed affaristiche tra Roma e Tel Aviv. L’Europa, del resto, ha adottato la politica del doppio-standard fin dal principio delle moderne guerre in corso: la Russia è criminale, mentre Israele si difende. Gli ucraini vanno sostenuti e i palestinesi dimenticati e lasciati al loro destino.
Tipico di chi ha impostato la barra del timone verso una direzione e pazienza se il tracciato che segue olezza di incoerenze a tutto tondo. Ciò che importa sono tutti gli affari che si potranno fare con una economia di guerra che va alla grande e che la NATO e gli Stati Uniti trumpiani caldeggiano, seppure con quelle divergenze di opinioni che sono più che altro geopolitiche: l’Alleanza che vuole espandersi ancora di più ad est, mentre Trump guarda con maggiore piacere alla ricolonizzazione del Medio Oriente anche grazie al supporto israeliano.
Stati Uniti e Israele, via via che il tempo passa, si somigliano sempre di più: due nazioni nate e sviluppatesi su un lungo andare di una storia genocidiaria che ha sterminato ieri i nativi americani e che stermina oggi i nativi palestinesi…
MARCO SFERINI
22 maggio 2025
foto: screenshot ed elaborazione propria