Connect with us

Hi, what are you looking for?

Marco Sferini

Emergenza democrazia: per una Svolta di Salerno 2.0

Molte volte è toccato lanciare l’allarme in difesa dell’impianto democratico italiano, per tutelarne la Costituzione come architrave della società, della politica, della cultura, del mondo del lavoro, dei diritti tutti. Intorno a noi c’era ancora un’Europa che aveva una fisionomia istituzionalmente liberaleggiante ed economicamente liberista. Non si può certo parlare ci compensazione degli obbrobri del sistema capitalista in salsa europea con il mantenimento dei diritti umani e civili, visto che quelli sociali sono stati sempre ampiamente calpestati. Ma, quanto meno, il rispetto di una uguaglianza formale permetteva di esercitare il diritto di critica, anche aspra, nei confronti dei governi e delle commissioni che si succedevano.

Oggi, di fronte ad un impianto iperliberista, di cui anche la UE è piena espressione, nel macronismo, nell’asse franco-tedesco e, non di meno, nell’atlantismo che ne è il braccio potentemente armato e armante la guerra ad Est, viene progressivamente meno quella timidissima attenuazione data dal rispetto formale dei diritti. L’avanzata delle destre tanto in Europa quanto negli Stati Uniti d’America è un processo di mutazione degli assi di sviluppo del capitalismo moderno che individua nelle forze della conservazione ultranazionale i nuovi basamenti su cui poggiare le proprie certezze per l’immediato futuro. Il fatto che la sinistra moderata sia stata costretta, per il momento, a non essere più uno dei punti di riferimento dei poteri economici e finanziari, non può che essere salutato con favore.

Ma, per quanto importante sia questo passaggio, non ci si deve illudere più di tanto: al recupero (come nel caso del PD) di una linea e fisionomia più propriamente sociali non corrisponde un cambiamento radicale, un impianto programmatico riveduto e corretto in chiave esclusivamente sociale. Le contraddizioni interne ai partiti del fu-centrosinistra non si sono risolte. Hanno solamente cambiato colore, passando dal blu acceso del centrismo al rosa pallido di un socialdemocraticismo non bene definito. Se a questo si aggiunge il contraltare dell’aumento dei consensi per le destre estreme di governo, in Italia e in mezza Europa, il bilancio finale non è proprio un saldo positivo.

Positivo per la tenuta democratica vera di un paese, per una riproposizione degli elementi fondanti, ad esempio, la nostra Repubblica. Pace, pane, lavoro sembrano ancora rivendicazioni esclusivamente novecentesche, di un movimento operaio oggi privo di una contraddistinzione di classe precisa. Eppure un risveglio sindacale c’è stato, per quanto criticabile possa essere per altri aspetti. Tre anni di governo Meloni hanno per lo meno chiarito da che parte stanno i sindacati: CGIL e UIL con i lavoratori, la CISL con le politiche dell’esecutivo. Una distinzione un po’ primitiveggiante, ma tuttavia così è e non se vi pare, ma proprio perché le scelte di campo sono abbastanza nette. Due dei tre sindacati confederali, più quelli di base si sono schierati – con posizioni differenti – per una saldatura dei movimenti.

Questo è il dato che deve essere messo a valore: oggi l’attacco al dissenso da parte dei governo sovranisti che hanno un chiaro intendimento di stravolgimento degli impianti democratici per farli divenire, nella migliore (si fa per dire…) delle ipotesi, delle democrazie autoritarie (“democrature“, in gergo politico), è un attacco fondante un nuovo sistema di potere politico che si nutre della formalità costituzionale e che lavora pervicacemente per destrutturare gli elementi primari che permettono il mantenimento della sostanzialità dei diritti come principio di uguaglianza più generale. Le pretestuosità si iniziano a distinguere nettamente: l’omicidio brutale di Charlie Kirk, che fino alla data della sua morte in Italia era un perfetto sconosciuto, ha permesso anche al governo Meloni di prodursi in dichiarazioni iperboliche.

Sono stati evocati gli “anni di piombo“, quelli del terrorismo che viene declinato solo a sinistra ma che, invece, si nutriva di molti più colori oltre il rosso. La narrazione di Giorgia Meloni espunge dal contesto storico tutta una sequela di violenze e di atti eversivi della sua parte politica, della destra estrema, che hanno attentato alla vita democratica e alla Repubblica anche partecipando a tentativi di colpi di Stato, oltre che essere protagonista di vere e proprie stragi come quella di Bologna, come piazza Fontana, il treno Italicus… Si prova a far passare il revisionistico messaggio che solamente le Brigate rosse fossero il terrorismo in Italia.

A questo proposito sarebbe utile la lettura di alcuni testi interessanti, tra cui “La strategia della tensione” di Aldo Giannuli (ed. Ponte delle Grazie) e libri-intervista come “Brigate rosse, una storia italiana” in cui il punto di vista di un irriducibile come Mario Moretti, biasimabile eticamente e criticabile politicamente quanto si vuole (e si deve), aiuta comunque a comprendere le dinamiche dell’epoca, di quegli anni Settanta e Ottanta e di come nulla, nemmeno le BR, fosse stato estraneo a tentativi di infiltrazione e manipolazione da parte di un potere di governo e da un asse atlantico che intendevano alterare proprio la natura della democrazia repubblicana utilizzando ogni mezzo per soffocare le rivendicazioni del mondo del lavoro e l’avanzata del PCI e delle sinistre.

La chiassata di Giorgia Meloni dal palco elettorale nelle Marche non è, tuttavia, banalizzabile come una uscita meramente propagandistica alla mera ricerca di voti. C’è di più dietro dichiarazioni così apertamente contrastanti con la realtà dell’Italia di oggi: siccome non c’è nessun “odio organizzato” in bande armate, come appunto ai tempi delle BR o di Prima Linea, e siccome la Presidente del Consiglio non è una sprovveduta, la domanda che ci si deve porre riguarda i veri motivi di una affiliazione immediata con la teorizzazione trumpiana della responsabilità dell’omicidio di Kirk da ricercarsi nella sinistra radicale statunitense, nel cosiddetto mondo Antifa. Pare piuttosto evidente il fatto che, oltre al legame che unisce Meloni e Trump, c’è la presa al balzo dell’occasione.

Quella di mostrarsi vittime di un complotto internazionale. Di chi? Degli antifascisti, della left, della gauche, della izquierda, della sinistra insomma. Moderata o radicale, socialista o comunista, libertaria o meno che sia, della galassia anarchica, di tutti coloro che sono fermamente convinti che la vera opposizione si faccia anche unendo le forze politiche e sindacali, ma in particolare organizzando un nuovo grande movimento di massa contro le guerre, contro gli imperialismi e, dunque, in ultima (e prima) istanza contro il capitalismo neoliberista dominante. Dietro al tono comiziante di Giorgia Meloni c’è il riscatto di un richiamo alla necessità di mettere in essere azioni concrete per dare adito a legislazioni e poteri speciali. Per garantire, ovvio, la “sicurezza nazionale“.

Questo viatico conduce inevitabilmente, se non sarà fermato da una opposizione generale, espressione dell’unione di tutte le forze democratiche, antifasciste, da una unità repubblicana che difenda l’Italia del pluralismo e della partecipazione, ad una torsione autoritaria, ad un impianto fortemente repressivo: negli Stati Uniti Trump ne è la manifestazione davvero più appariscente e abbacinante. Che cosa sostiene il magnate-presidente? Che gli antifascisti sono terroristi. Che cosa sostiene Giorgia Meloni? Che lei è la persona più odiata d’Italia (letteralmente: «Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola»). Volutamente scambia e sostituisce alle critiche e alle opposizioni della maggioranza degli italiani l’odio, l’avversione più che politica.

Recenti rilevazioni sondaggistiche dicono che un 44% degli italiani ha ancora fiducia in lei, mentre il restante della popolazione no. Quindi ci sarebbe un 56% di cittadine e cittadini che la odiano? Qualcuno forse sì, altri invece, molto più semplicemente, la biasimano per ciò che fa a Palazzo Chigi, per come tratta il Parlamento, per quello che afferma e per le idee che esprime. Tutto ciò è legittimo, ma se si stabilisce una equiparazione tra opposizione e odio, il gioco sillogistico è bell’e fatto. Pensare che l’antifascismo e gli antifascisti siano dei terroristi è un modo per fascistizzare, per fare di tutta l’erba un fascio (appunto). Trump mentre quattro volte su tre quando si rivolge al popolo americano.

Fa appello agli istinti più bassi di una società frustrata e depressa, costretta a vivere in un multipolarismo in cui gli Stati Uniti non sono più la grande potenza egemone di oltre la metà del pianeta. La responsabilità di ciò? Non il capitalismo e i grandi magnati che investono sempre di più altrove, che sfruttano altra mano d’opera e forza lavoro, ma i migranti che premono alle frontiere per sopravvivere, i diversi per cultura, per sesso, per etnia, per religione, per appartenenza politica. A quest’ultimo punto non si era ancora arrivati prima. Ora sì. Ed è un salto di qualità negativo piuttosto ingente che deve allarmare. Perché la questione sociale va peggiorando in molta parte del cosiddetto Occidente e quindi anche le destre, che cavalcano il malessere sociale, rischiano di aumentare il loro potere.

L’Europa dei grandi capitali ha due possibilità: sposare i nuovi istinti conservatori e unirsi alla crociata dei nazionalismi divenendo un guscio vuoto, oppure contrastare tutto questo partendo da una riconversione delle politiche antisociali in politiche sociali. La seconda ipotesi appare molto improbabile, la prima, purtroppo, piuttosto concretizzabile ed anche in tempi relativamente brevi. Le involuzioni autoritarie del Novecento ci hanno insegnato che povertà e autoritarismo vanno a braccetto. I fascismi e il nazismo hanno come elemento strutturale anche il consenso dei grandi industriali e delle confederazioni degli stessi, ma pure il favore di masse che sono spaventate dallo scivolamento nell’indigenza totale e dalla mancanza di una prospettiva di immediato futuro.

Non c’è più tanto tempo per organizzare un fronte democratico e progressista ad ampio raggio: politico, sindacale, sociale, civile e culturale. Una alternativa a tutta questa bassa instintività, a questo odio e disprezzo delle differenze, a questa iper esaltazione dei primati nazionali (dal suprematismo bianco a quello più propriamente etico delle “radici giudaico-cristiane“) e a questa voglia di potere a tutti i costi, deve richiamarsi all’emergenza del salvataggio delle nostre libertà e diritti, delle nostre esistenze e di quelle di chi vive in Italia da lungo tempo e non ha gode nemmeno di tutte le prerogative che gli dovrebbero invece spettare secondo i princìpi fondanti della Costituzione. Non siamo in guerra o forse sì… Perché la guerra ci circonda, ci riguarda: economicamente, senza ombra di dubbio.

Una “svolta di Salerno 2.0” tra i partiti antifascisti e antiautoritari è imprescindibile: unire prima di tutto chi vuole mantenere un livello più che abbondante di democrazia repubblicana. Primum vivere e, quindi, far vivere una Italia in cui si possa ripartire da una uguaglianza formale per poter continuare a lottare per quella sostanziale. Non accorgersi del pericolo che stiamo correndo non era una colpa qualche tempo fa… Ora inizia ad esserlo. Ora, anzi, lo è.

MARCO SFERINI

20 settembre 2025

foto: screenshot ed elaborazione propria

Written By

SOTTO LA LENTE

Facebook

TELEGRAM

NAVIGA CON

ARCHIVIO

i più recenti

la biblioteca

Visite: 126 Non meno oggi rispetto ai tempi del regno di Lucio Domizio Enobarbo, altrimenti conosciuto con il nome di Nerone, imperatore romano che...

Analisi e tesi

Visite: 36 Ieri la consegna della laurea honoris causa. Un’occasione per riflettere sul senso del cinema nel tempo presente Una lezione magistrale fortemente politica...

Marco Sferini

Visite: 236 Festeggia con un cabaret di pasticcini, portandoli in giro per l’aula della Knesset. Itamar Ben-Gvir ha contribuito a far approvare una legge...

Siria e Libano

Visite: 82 Al Sharaa cerca protezione da Trump: apre ad una base Usa a sud di Damasco per garantirsi da Israele Il nuovo Medio...