Non è definita arma letale, eppure si muore: il taser, strumento di “dissuasione”, immobilizza e irrigidisce un soggetto attraverso una scarica elettrica intensa (massimo 50mila volt) ma di breve durata (circa 5 secondi). È stato usato a Olbia tra sabato e domenica nei confronti di un 57enne, Gianpaolo Demartis, in stato confusionale che stava aggredendo i passanti, l’uomo è morto poco dopo. E ancora fuori Genova, nella frazione di Sant’Olcese, dove i vicini domenica sera hanno allertato i carabinieri a causa di forti rumori: gli agenti hanno trovato un 41enne, Elton Bani, fortemente agitato, un carabiniere ha usato il taser che ha raggiunto di striscio sia l’uomo che un collega; un secondo colpo non avrebbe avuto effetto. Il taser è stato poi impugnato da un altro carabiniere che ha colpito l’uomo, poi deceduto in ambulanza.
Sia a Olbia sia a Genova ci sono due carabinieri indagati, un atto dovuto per consentire ai due militari di partecipare agli accertamenti tecnici con propri consulenti. Si riapre così il tema della pericolosità del taser. Ci sono stati recentemente altri due casi simili dove uomini con problemi psichiatrici o sotto effetto di droga o alcool sono stati colpiti perché giudicati un pericolo. Ma a sentire l’azienda che li costruisce e li fornisce alle forze dell’ordine italiane, la Axon Public Safety Germany, di origine statunitense, inventrice del taser che fornisce a oltre 100 paesi, in nessun caso c’è correlazione tra la morte e l’utilizzo del dispositivo elettrico, perché non esisterebbero evidenze scientifiche sulla «correlazione diretta di causa-effetto».
Anzi sono armi salvavita (c’è un contatore sul sito dell’azienda che stima quasi 300mila vite salvate), che mitigano il crescere di situazioni critiche, come indicano i casi di studio condotti dall’azienda stessa. Eppure non la pensano così associazioni, attivisti e medici: possibili interferenze con i pacemaker e in caso di problemi cardiaci, che portano ad arresto o frequenza elevata, o situazioni di alterazione psichica o da droghe possono causare la morte. Si registrano poi respirazione alterata e, in soggetti sani, aritmie cardiache. La stessa Axon, a fronte degli studi, ha cambiato nel 2009 le proprie linee guida consigliando l’utilizzo dei taser nella parte inferiore del corpo, evitando il torace.
All’introduzione in Italia nel 2022 l’Autorità garante delle persone private della libertà aveva espresso perplessità sull’utilizzo improprio in luoghi come carceri e caserme. Amnesty International in un report del 2003 definiva i taser «pistole stordenti ad alta tensione associabile all’elettroshock» e aveva riscontrato abusi proprio nelle carceri statunitensi. Nel 2007 le Nazioni Unite l’hanno definito strumento di tortura in violazione della convenzione dell’Onu del 1984.
In Italia, al momento, di questi dispositivi ce ne sono circa 5mila, in 200 comuni. Prima dell’entrata in vigore, a marzo 2022, c’era stata una sperimentazione in dodici città italiane per 12 mesi, con 32 dispositivi forniti gratuitamente proprio dalla Axon, senza che fossero forniti i risultati. Due gare andate a vuoto (una nel 2019 e una nel 2021), con l’esclusione della Axon da entrambe per rilevamenti sui dispositivi. E poi una fornitura d’urgenza, stavolta senza test, vinta proprio dall’azienda Usa: 4.482 pistole elettriche (1.600 per la polizia, 2.626 per i carabinieri, 256 per la guardia di finanza) per 8,5 milioni di euro, distribuite nel 2022.
In quelle due gare nei documenti di esclusione i problemi riscontrati riguardavano la non piena precisione dei dadi, che spesso si staccavano, diventando potenzialmente pericolosi per i cittadini e per gli stessi agenti. Problemi che Axon dice di aver risolto con il suo nuovo modello sul mercato, il Taser 10, che però non è quello in dotazione in Italia, il Taser X2. Nel frattempo un bando del 2023 chiede ad Axon altri 600 dispositivi, più cavi, fondine e 140mila cartucce, costo 5,7 milioni di euro. Nel 2024 altre batterie e cartucce per 3,7 milioni di euro. Axon in Italia è ben inserita, organizza road trip incontrando sindaci, rappresentanti delle forze dell’ordine e prefetti per presentare le ultime novità.
Negli Stati Uniti questa mancanza di concorrenza le è costata tre azioni legali. Un business immenso se si pensa all’appoggio che molti politici di destra danno a questa tecnologia: dall’inizio della sperimentazione alle sole forze dell’ordine si è passata a quella per la polizia locale, al vaglio in decine di piccoli comuni, aperta anche a quelli sotto i 20mila abitanti grazie alle disposizioni nel Milleproroghe. Dispositivi disponibili per gli agenti municipali. L’augurio di Lega e Fratelli d’Italia è che arrivino anche alla Polizia penitenziaria. Il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni (Lega): «Puntiamo a implementarne l’uso».
RITA RAPISARDI
Foto di Kindel Media







