Così è cancellata la Resistenza meridionale

25 aprile. La storia dimenticata del partigiano Rocco Marra

Anche quest’anno le celebrazioni del 25 aprile subiranno severe limitazioni dovute all’emergenza sanitaria. Non certo un bene se tanti italiani ancora equivocano sul fascismo e la sua storia mentre alcuni, più per ignoranza si vuol credere, addirittura li esaltano. Tra le iniziative messe in campo per questo secondo anniversario all’interno della pandemia, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) ha voluto che vi fosse almeno un evento dal vivo, “Strade di Liberazione”, invitandoci a deporre, nel rispetto delle norme anti-covid, un fiore sotto le targhe che ricordano i partigiani nei diversi comuni italiani.

Un’iniziativa semplice che, tuttavia, costringerà molti di noi a interrogarsi su chi erano quelle donne e quegli uomini, vissuti nelle nostre stesse case e che parlavano il nostro stesso dialetto, che si sono spinti così in là nella lotta al fascismo da rischiare e, infine, perdere la vita. In tanti comuni del Centro-Nord i cittadini che vorranno aderire all’appello dell’Anpi non avranno che l’imbarazzo della scelta. A Torino, ad esempio, si contano a centinaia le targhe che ricordano i caduti nelle varie zone della città.

Qualche anno fa la sezione Anpi dedicata a Nicola Grosa, straordinaria figura di partigiano che nel dopoguerra si impegnò nel recupero delle salme dei suoi compagni caduti in combattimento, ne ha censite venticinque nel solo quartiere San Salvario-Borgo Po. Non è, purtroppo, così ovunque in questo paese. Soprattutto il Mezzogiorno è privo, in larga parte, di questa memoria nonostante la storiografia più recente, dopo molti anni di colpevole oblio, ha infine riconosciuto l’importanza della partecipazione dei meridionali nella guerra di Liberazione. Chi in Calabria, ad esempio, volesse onorare la memoria di Rocco Marra da Sant’Alessio d’Aspromonte non potrà deporre un fiore su una targa perché quell’amministrazione comunale non ha mai pensato di dedicargliene una.

Eppure la vicenda di Marra è emblematica sotto molti aspetti e consente di liberarci anche dell’ultimo tabù sui partigiani meridionali. Leone, questo il suo nome di battaglia, non è un soldato dell’esercito italiano rimasto intrappolato a nord dopo l’8 settembre; e non è neppure un disertore dell’esercito di Salò perché non è ancora stato chiamato alle armi essendo nato nel febbraio del ‘26. Marra è un giovanissimo operaio delle Officine Savigliano, emigrato l’anno prima dalla sua Calabria accodandosi ai Romeo, una famiglia di santalessoti in cerca di fortuna a Torino.

L’esperienza in fabbrica, il suo spirito intraprendente e ribelle gli hanno impresso presto una solida coscienza antifascista. La sera del 25 gennaio ’44, insieme a quattro dei suoi compagni, prende la via della montagna. Al mattino del giorno successivo, giunti in Val di Lanzo, nella borgata Chiaves, si presentano al tenente Guglielmo Conti, in realtà il sottotenente dell’aeronautica Girolamo Rallo di Catania, che guida il gruppo “Etna” dopo essere stato tra i primi ad abbandonare la sua caserma all’armistizio. Il coraggio e la determinazione mostrati valgono a Marra, nonostante la giovanissima età, il ruolo di caposquadra nell’80a Brigata Garibaldi guidata dal piemontese Giovanni Burlando, detto “Primula rossa”.

Il 5 settembre scatta l’operazione Strassburg, un’imponente operazione che unisce tedeschi e fascisti nel rastrellamento anti-partigiano sulle montagne sopra Lanzo. Il 13 un reparto tedesco, informato della presenza di Leone e dei suoi compagni in una villa abbandonata, si porta a Monastero e cannoneggia dal basso la base partigiana. Leone sarà trovato morto con una granata in mano nel tentativo di un’impossibile difesa. Le sue spoglie, anche queste tra quelle rinvenute da Grosa, sono custodite in una cella del Sacrario dei Partigiani al Cimitero Monumentale di Torino ma sulla targa è stato scritto “partigiano ignoto 1944” in quanto all’epoca del ritrovamento non fu possibile distinguerla da quella di altri suoi compagni.

Come Marra molti altri partigiani meridionali attendono di essere riscoperti e onorati nei comuni dove sono nati e da dove partirono senza potervi fare ritorno. Sia, allora, questa ricorrenza, questo 76° anniversario del 25 aprile ’45, l’occasione per tanti comuni del Mezzogiorno di dedicare una targa ai loro, sinora dimenticati, eroi della Resistenza.

PIPPO IPPOLITO ARMINO

da il manifesto.it

foto: screenshot

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