Tutto iniziò nel luglio 2013, a pochi mesi dalla sua elezione al pontificato. Di ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro, rispondendo in aereo alle domande dei giornalisti disse: «Se una persona è gay e cerca il Signore, e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?». Sembrava l’inizio di una svolta rispetto al secolare atteggiamento della Chiesa nei confronti delle persone Lgbtq+.
Invece su questo versante (come su altri temi eticamente sensibili: aborto, eutanasia, suicidio assistito) la dottrina è rimasta tal quale. E le parole del papa hanno cambiato la forma con cui la Chiesa si adatta alle circostanze e alle necessità storiche e si relaziona con l’opinione pubblica laica ed ecclesiale, non la sostanza. E infatti il Catechismo continua a definire la tendenza omosessuale come «oggettivamente disordinata».
Così come resta il divieto (formalizzato sotto il pontificato di Ratzinger, nel 2005) ai gay di accedere al seminario. La Chiesa di Francesco punisce ancora il peccato, ma ha misericordia del peccatore. E concede al limite agli omosessuali, che restano peccatori, una serie di “attenuanti”.
Certo, il linguaggio è importante. E il papa ha mostrato un volto meno arcigno e sessuofobico rispetto ai suoi predecessori. In virtù di questo nuovo atteggiamento, va riconosciuto che gli omosessuali credenti in questi anni hanno potuto sperimentare un clima di maggiore accoglienza all’interno delle comunità ecclesiali. Prima banditi dalle parrocchie, o accolti in modo semi-clandestino, durante il pontificato di Francesco si sono moltiplicati i gruppi di credenti Lgbtq+ che hanno potuto incontrarsi in locali parrocchiali, talvolta anche seguiti da preti e parroci. In alcune occasioni le diocesi italiane hanno elaborato piani pastorali ad hoc per le persone Lgbtq+.
In una intervista all’Associated Press (25/1/2023) il papa bollò come «ingiuste» le leggi che criminalizzano l’omosessualità, affermando che Dio ama tutti i suoi figli così come sono, e esortando i vescovi cattolici che sostengono queste leggi ad accogliere le persone omosessuali nella Chiesa. Ha però anche aggiunto: «Essere omosessuale non è un delitto. Distinguiamo il peccato dal delitto».
Fu ancora più esplicito nella risposta a una lettera di padre James Martin, il gesuita statunitense che svolge il suo apostolato tra le persone Lgbtq+. «Bisogna considerare anche le circostanze, che diminuiscono o annullano la colpa», perché «sappiamo bene – scrisse il papa – che la morale cattolica, oltre alla materia, valuta la libertà, l’intenzione». E questo vale, ricordò ancora, «per ogni tipo di peccato».
Rispetto all’idea che una coppia omosessuale possa considerarsi “famiglia” il papa è però sempre stato molto netto. Valga come esempio ciò che disse al Forum delle Famiglie, in occasione dei 25 anni dell’associazione, nel giugno 2018: «Si parla di famiglie diversificate, di diversi tipi di famiglia», «ma la famiglia immagine di Dio è una sola, quella tra uomo e donna».
Venne accolto come l’ennesima “svolta” un documento del Vaticano, dal titolo Fiducia supplicans, datato 18 dicembre 2023, che dava la possibilità alle coppie “irregolari”, a partire da quelle dello stesso sesso, di ricevere una benedizione in chiesa. Ma svolta non era, il documento ribadiva che nessuna sovrapposizione con il matrimonio fra uomo e donna era possibile.
Difficile poi non menzionare due celebri gaffe di Francesco sul tema dell’ammissione dei gay in seminario. La prima – cui seguirono delle scuse ufficiali per il termine utilizzato – quando affermò durante un incontro a porte chiuse con i vescovi italiani, il 20 maggio 2024: «Nei seminari c’è già troppa frociaggine». L’altra durante un incontro – sempre a porte chiuse – con il clero romano. «In Vaticano – ribadì Bergoglio a detta di diversi testimoni presenti – c’è aria di frociaggine»; per poi aggiungere che se un ragazzo ha una tendenza omosessuale è meglio non farlo entrare in seminario. Sono «ragazzi buoni», avrebbe detto Bergoglio, «ma con questa tendenza meglio di no».
VALERIO GIGANTE
Foto di 42 North