Vite a scartamento ridotto

Serve sempre una tragedia per dare una scossa alla pubblica opinione, per ammansire le coscienze inebriate di odio e di egoismo e per renderle più umane. “In disgrazia addio...

Serve sempre una tragedia per dare una scossa alla pubblica opinione, per ammansire le coscienze inebriate di odio e di egoismo e per renderle più umane. “In disgrazia addio orgoglio”, dice un vecchio adagio. Ma se le nostre sensibilità, se il nostro senso civico e la nostra morale sono legate ad avvenimenti tragici come quello dello scontro tra i due treni nella piena provincia barese, in mezzo a quel bellissimo scenario di ulivi che rosolano al sole cocente dell’estate, se per aprirci alla solidarietà e alla rabbia per il mancato sviluppo di una parte del Paese occorre sempre e solo un fatto eclatante, terribile e non ignorabile cinicamente, allora siamo ancora messi molto, molto male in quanto a crescita individuale e sociale.
Ma, a parte queste considerazioni morali o moralistiche che siano, cercando tra le cause che hanno determinato lo scontro tra i due convogli, si può addurre che la colpa sia certamente di una persona, che, quindi, esista il cosiddetto “errore umano”. Ma quanto è condizionato questo errore da fattori di arretramento delle infrastrutture ferroviarie? Quanto questo errore dipende anche dal mancato sviluppo di un secondo binario che poteva essere finanziato con soldi provenienti dall’Unione Europea e che giacciono ancora in qualche scrivania di qualche ente pubblico preposto al miglioramento delle linee di trasporto?
Il Paese è diviso anche in questo caso: al Nord c’è la maggiore percentuale di scartamento doppio e multiplo, con le punte più alte in Piemonte e Liguria (il vecchio Regno di Sardegna, tanto per intenderci…); al Sud lo scartamento unico la fa da padrone. E i numeri sono proprio inversamente proporzionali: laddove al sud il 20% rappresenta lo scartamento doppio, al nord rappresenta quello unico. E così via…
In tutti questi anni abbiamo fatto lotte incessanti contro il Terzo Valico a Genova, contro la famigerata Alta Velocità (TAV) che dovrebbe bucare le montagne della Valle di Susa e penetrare dalla Francia in Italia causando la distruzione di un ecosistema e di una comunità intera per consentire alle grandi compagnie di far viaggiare le merci (e anche le persone, bontà loro!) dal Portogallo fino all’Est Europeo a ritmi sostenuti.
Qui si aggiungerebbero binari e si forerebbero montagne per incentivare i privati e facendo spallucce del fatto che l’attuale linea è sempre stata sottoutilizzata.
Quindi, al Nord la TAV e al Sud lo scartamento unico, ridotto, insufficiente e che dal 1965, da quando Aldo Moro inaugurò quel tratto che proprio va per le campagne pugliesi e che ora qualcuno vorrebbe attribuire soltanto alla svista di chi era addetto ad alzare il telefono per comunicare alla stazione di arrivo che stava partendo il “suo” treno.
Sembra tanto un capro espiatorio su cui riversare tutte le insufficienze e i mancati adeguamenti tecnologici di sicurezza che vigono sulla rete ferroviaria italiana e rendono sicura una parte della popolazione.
Dal 1965, dunque, ad oggi, pur avendo i finanziamenti, non è stato fatto praticamente nulla per posare un secondo binario lì, nella tratta dove i due trenini privati si sono scontrati frontalmente.
Pare servisse un decreto ministeriale per impiegare i denari occorrenti. Ma quel decreto non è mai arrivato e quindi nessun inizio di lavori per potenziare le ferrovie meridionali e per rendere più sicuro il viaggio dei pendolari.
Anche in questo caso ci troviamo davanti a vittime del profitto: i privati investono dove annusano gli affari; si fanno viaggiare le frecce rosse e bianche, si fanno bellissime pubblicità dove tutti sui treni cantano e scendono allegri e poi, per uno scartamento unico, per una curva, per l’assenza totale di metodi di sicurezza che interrompano il viaggio di due treni che sono sullo stesso binario e in direzione opposta l’un l’altro, ci troviamo a contare morti, feriti, lamiere piegate sui corpi, corse a donare il sangue da parte degli studenti di medicina dell’Università di Bari…
Ma sarà colpa solo di uno soltanto che ha dimenticato di agitare una paletta rossa, che ha fatto una telefonata sbagliata per avviare la corsa del treno o magari di un macchinista cui sarà attribuita una incauta distrazione. E così saremo ancora tutti tranquilli: l’errore c’era ma era “umano”, quindi il sistema, nel suo complesso, era ed è efficiente. Lo deve essere. Altrimenti tocca correre ai ripari e adeguare i sistemi di sicurezza… E sono soldi…
La prossima volta conteremo ancora i morti, scriveremo nuovamente più o meno le stesse cose e ci lamenteremo per qualche giorno. Poi tutto passerà e torneremo alla vita di tutti i giorni. Una vita a scartamento veramente ridotto…

MARCO SFERINI

13 luglio 2016

foto tratta da Pixabay

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