Università, il detto e il non detto del governo

Continuano “gli annunci” del governo Renzi, anzi aumentano per superare le difficoltà crescenti di consenso, dopo i risultati delle amministrative e in vista di un referendum costituzionale d’autunno, che...

Continuano “gli annunci” del governo Renzi, anzi aumentano per superare le difficoltà crescenti di consenso, dopo i risultati delle amministrative e in vista di un referendum costituzionale d’autunno, che si annuncia preoccupante per il capo del governo.

Si finge di affrontare i problemi più scottanti per recuperare consenso sociale ed elettorale, dalle pensioni all’occupazione, fino all’Università, rispetto alla quale si accende una polemica, tra Il sottosegretario all’Università e alla Ricerca Faraone e la vicepresidente della regione Toscana Monica Barni assessore competente. Come dire una lite in famiglia.

Il motivo del contendere è relativo alla recente intervista di Faraone alla “Stampa”, nella quale il sottosegretario sembra preoccuparsi improvvisamente del diritto allo studio degli studenti di alcune regioni sostenendo: “Io sono per dare allo Stato centrale la gestione del diritto allo studio che la Costituzione assegna alle Regioni…………. per evitare che le regioni virtuose smettano di finanziare comunque il diritto allo studio e per coprire tutte; si tratta di coordinare dunque le risorse attuali, nazionali e regionali, come anche europee, per evitare che chi è idoneo, per reddito e merito, non benefici della borsa di studio. Fatto inaccettabile».”

Tale affermazione, in via di principio condivisibile, per il ruolo dello Stato che in primis dovrebbe garantire un diritto costituzionale, viene contestata dalla Barni vicepresidente della “virtuosa” Toscana, che vede come il fumo negli occhi la sottrazione alle regioni di alcune competenze.

Entrambi i contendenti sembrano dunque fortemente preoccupati della garanzia del diritto allo studio per tutti, peccato che rimangano oscurati alcuni aspetti, che sono alla base del  problema.

Indubbiamente lo Stato dovrebbe controllare e se necessario imporre alle regioni di impiegare i fondi necessari, per mense, alloggi, trasporti, borse di studio per gli idonei che ne avrebbero diritto. Su questo la Toscana in effetti garantisce gli aventi diritto, mentre la Sicilia, ad esempio, solo il 20%, ma esiste un’altra disparità che i due contendenti si guardano bene dal mettere in evidenza, quella che riguarda i finanziamenti alle singole università.

Il FFO (fondo di finanziamento ordinario), composto da una quota uguale per tutte e una quota detta “premiale”, negli ultimi anni ha visto un aumento consistente e costante proprio di quella premiale, che nel 2016 arriva al 18%, con una previsione di crescita del 2% all’anno fino a un massimo del 30%. Questi incrementi però non sono aggiuntivi, perché contemporaneamente vengono tagliate risorse al restante fondo ordinario. Si tratta di un semplice spostamento di fondi, siamo lontani perciò dal restituire del tutto o in parte il maltolto del 2008 dalla Gelmini, con gli effetti devastanti su Scuola, Università e Ricerca, sotto gli occhi di tutti e che hanno collocato l’Italia agli ultimi posti in Europa e tra i paesi OCSE, per i finanziamenti al sistema d’istruzione.

La coperta rimane corta, nonostante annunci di  aumenti dei finanziamenti a Università e Ricerca, rispetto ai quali sarebbe bene andare a vedere numeri reali e modalità di erogazione, che punta allo spostamento costante di risorse verso enti privati. Quanto alla “ premialità”, questa si basa su un sistema di valutazione criticato ormai da gran parte del mondo accademico, i cui effetti  ricadono direttamente sugli studenti, ai quali le Università, per compensare la perdita di finanziamenti, chiedono tasse sempre più onerose, altro che diritto allo studio!

Bisogna temere questo governo per quello che non dice più che per quello che dice.

LOREDANA FRALEONE
responsabile nazionale università e ricerca – Rifondazione Comunista

da www.rifondazione.it

foto tratta da Pixabay

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