Una “rifondazione comunista” e una “rifondazione sindacale”

Voglio pensare che il sindacato stia progressivamente uscendo da un letargo che dura da troppi mesi e che non ha messo in campo molte iniziative unitarie e nazionali contro...

Voglio pensare che il sindacato stia progressivamente uscendo da un letargo che dura da troppi mesi e che non ha messo in campo molte iniziative unitarie e nazionali contro il governo Renzi.
Però il punto centrale non dovrebbe essere la modifica della Legge Fornero bensì il suo superamento, la sua abolizione.
E’ realistico chiedere questo ad un governo liberista come quello capeggiato dall’ex sindaco di Firenze? E’ realistico chiederlo a chi ha inasprito i provvedimenti della Fornero e ha dato vita, parimenti, ad una legislazione sul lavoro che oltrepassa il precariato con contratti a tempo determinato e favorisce invece un vero e proprio schiavismo di massa con il pagamento mediante i celeberrimi “voucher”?
Non credo sia realistico chiederlo in termini di aspettative concrete, ma penso sia doveroso chiederlo per rimettere in campo una coscienza sociale che riconsegni ai lavoratori la capacità di un giudizio netto e fortemente di classe contro provvedimenti che, altrimenti, rischiano di passare come riforme, come elementi di miglioramento di una condizione indescrivibile per quanto riguarda il panorama complessivo del mondo del lavoro.
Fa bene Susanna Camusso a minacciare lo sciopero generale, ma serve uno scatto in più, una leva maggiore nei confronti di altre organizzazioni sindacali che non fanno più paura (se mai l’hanno fatta) a nessuna associazione padronale, a nessun governo nazionale o transnazionale di ispirazione prettamente bancaria.
L’immiserimento della società italiana, a cominciare dagli strati sociali già indeboliti da decenni di prelievo forzoso dai loro diritti e, quindi, dalle loro tasche, si fa sempre più imponente e manca una sponda politica che possa controbilanciare l’attacco quotidiano che viene messo in atto contro diritti che formano un ben raccogliticcio stato-sociale ormai rattrappito e contorto su sé stesso.
La vita di milioni di pensionati è messa a repentaglio con il rischio del taglio delle reversibilità, con la contrazione del potere di acquisto delle pensioni stesse cui fa aggravio il blocco della rivalutazione.
E mentre Susanna Camusso parla di sciopero generale, a frenarla arriva immediatamente il leader della Cisl. Parlare di sciopero, dice Furlan, è prematuro e metterebbe una ipoteca sulle trattative con il governo.
Mi viene molto spontanea una domanda: ma se non si usano le minacciose armi pacifiche dello sciopero generale, quale è la forza con cui il sindacato intende contrattare con il governo? Fare solo un po’ la voce grossa? Mostrare i dati del depauperamento sociale?
Lo sciopero generale deve essere un elemento di condizionamento della trattativa, altrimenti sarebbe soltanto una manifestazione postuma alla medesima, senza alcun valore sociale, sindacale e anche politico.
E’ su questo terreno che non ci può essere alcuna visione di insieme del sindacato, che non può esservi alcun elemento di comune crescita di una nuova coscienza dello sfruttamento dei lavoratori da parte del moderno padronato e dei modernissimi ambiti finanziari: la Cgil minaccia uno sciopero generale e la Cisl lo mette in secondo piano, come riserva in panchina.
Così il sindacato ha perso ogni credibilità residua che poteva avere nel porsi come sindacato dei lavoratori. Così, invece, i sindacati dei padroni, Confindustria per prima, hanno ragioni da vendere al tavolo delle trattative e il governo si farà certamente carico di sposare ciò che è più ragionevole per difendere quelle politiche di difesa dei profitti che fino ad ora ha portato egregiamente avanti camuffandole da riforme sociali.
Manca un po’ di tutto in Italia: manca un sindacato di classe, manca un partito comunista forte. Forse, continuando la “rifondazione comunista” si può pensare anche ad una “rifondazione sindacale”. Chissà che i due processi non si leghino e non si formi una intesa, nelle rispettive autonomie di intervento sociale, che ridia fiato ad una altra grande assente: la coscienza di classe, la coscienza di essere sfruttati e di ribellarsi senza fermarsi al mito grillino della rivoluzione della sola onestà. E’ buona cosa, ma non basta per cambiare radicalmente lo stato di cose presente.

MARCO SFERINI

19 maggio 2016

foto tratta da Pixabay

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