Una legge elettorale scritta senza princìpi generali

“Non potevamo permetterci di rischiare di non dare al Paese una legge elettorale a meno di sei mesi dalla chiusura della Legislatura.”. Così gli esponenti del Partito democratico, in...

“Non potevamo permetterci di rischiare di non dare al Paese una legge elettorale a meno di sei mesi dalla chiusura della Legislatura.”. Così gli esponenti del Partito democratico, in varie dichiarazioni riassumibili tutte quante sotto questa frase che dovrebbe essere la motivazione fondamentale dell’apposizione del voto di fiducia al Rosatellum bis, hanno provato a giustificare un comportamento che entra in contraddizione palese con quanto lo stesso attuale segretario del PD affermava nel poco lontano 2014, twittando: “Legge elettorale. Le regole si scrivono tutti insieme, se possibile. Farle a colpi di maggioranza è uno stile che abbiamo sempre contrastato.“.
Per strappare uno straccio di coerenza con la metodologia attuale di approvazione della nuova legge elettorale in discussione (si fa per dire…) alla Camera dei Deputati, potremmo affermare che Renzi scriveva “se possibile”.
Ma potremmo anche obiettare che il “se possibile” sta nei fatti di un discorso logico: se vi sono le condizioni dettate dalle circostanze, a prescindere quindi dalla volontà del proponente che non deve essere mai il governo su una tale materia, bensì – come era stato fatto anche in questo caso – seguendo la procedura di condivisione delle proposte di legge all’Aula, frutto di un lavoro di commissione.
In effetti alla Camera il Rosatellum arriva come lavoro di mediazione ma poi la discussione parlamentare viene impedita – e tocca anche essere d’accordo con Giorgio Napolitano quando critica il PD su questo punto – proprio quando il governo Gentiloni, su richiesta del partito renziano, pone la fiducia sui primi articoli della nuova legge.
Qualcosa sfugge in tutta questa vicenda: la maggioranza di governo, sommata ai voti di Forza Italia e Lega Nord, ha oltre 400 voti su 635 per far passare alla Camera dei Deputati il provvedimento in essere. Eppure il PD sente la necessità di far porre all’esecutivo la fiducia che era del tutto evidente si sarebbe trasformata in boomerang, in un argomento fin troppo facile da contestare al governo proprio in materia di osservanza di un principio democratico dei più banali e, per questo, importanti: la legge elettorale va approvata con il più ampio consenso possibile perché detta le regole del gioco.
Invece di cercare questo consenso ampio, una volta visto che il testo portato in Aula metteva d’accordo Alfano, Renzi, Berlusconi e Salvini, il PD chiede al governo di apporre la fiducia sfregiando il percorso di formazione democratica della legge e trincerandosi dietro le più ampie garanzie di passaggio della medesima senza passare sotto all’incognita dei “franchi tiratori”.
A detta dei deputati del PD ve ne sarebbero stati circa 120 pronti ad affermare di votare il Rosatellum per poi fare il contrario in Aula col voto segreto. Niente voto segreto, dunque. E su questo si può anche essere d’accordo: ci si deve assumere la responsabilità di ciò che si vota. E qui non siamo in presenza di un voto “di coscienza”.
Ma tutto il resto rimane con i contorni di una nuova macchia sulla democrazia repubblicana, avendo il sapore dell’ennesimo tentativo di gestire la partita delle elezioni politiche secondo un particolare punto di vista e di interesse nell’acquisizione dei consensi: facilitare l’attribuzione dei seggi con una norma che vuole provare a penalizzare chi non si coalizza, chi è piccolo piccolo come lista e porterà i suoi voti al resto della coalizione pur non entrando in Parlamento.
Insomma, la legge elettorale viene ritagliata ancora una volta come abito perfetto per l’attuale situazione politica nazionale e non secondo dettami neutri, indipendenti dagli attuali rapporti di forza in campo.
La migliore soluzione è sempre quella, in questi frangenti, che non viene adottata perché scombinerebbe tutte le carte in tavola: la proporzionale pura, senza sbarramenti. Ogni voto vale come ogni altro voto.
Invece si costruiscono regole funzionali alle dinamiche attuali e, quindi, è evidente che si impoveriscono le possibilità di rendere eguale tanto il dibattito politico pre-elettorale quanto la campagna elettorale stessa.
E’ la illogica logica di chi vuole provare a vincere sempre e solo dal suo punto di vista e non da quello del bene vero del Paese, seguendo il ritmo democratico ed egualitario della Costituzione.
Ma, del resto, già dal 4 dicembre scorso abbiamo potuto ben vedere come il PD e il suo governo avessero a cuore le sorti del Paese proponendo una controriforma della Carta del 1948 che la stravolgeva da capo a piedi.
C’è un solo aspetto positivo in tutto questo: se da tutto ciò ne nascerà una qual certa indignazione popolare, almeno anche una ingiustizia avrà avuto un suo infausto perché.
Il passo successivo è mettersi all’opera con il voto per restituire al mittente il regalo che ci vogliono fare senza che sia stato chiesto.

MARCO SFERINI

12 ottobre 2017

foto tratta da Pixabay

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