Tutti i numeri delle primarie del PD: Renzi perde 600.000 voti

Le primarie del PD sono dietro l’angolo. Ecco alcune valutazioni sulla base dei numeri assoluti, in attesa di conoscere i dati suddivisi per aree geografiche e quindi di analizzare...

Le primarie del PD sono dietro l’angolo. Ecco alcune valutazioni sulla base dei numeri assoluti, in attesa di conoscere i dati suddivisi per aree geografiche e quindi di analizzare scostamenti importanti rispetto alle diverse zone d’influenza di un partito che molto di recente ha subito una scissione da parte di “storici” dirigenti della sinistra italiana.

Il PD ha scelto questo tipo di elezione diretta allargata all’intera platea elettorale (anzi oltre la platea elettorale della Camera dei Deputati) per la quarta volta, nel 2007 parteciparono al voto 3.554.169 elettrici ed elettori (fu eletto Veltroni con 2.694.721 voti) poi nel 2009 i votanti furono 3.102.709 ( Bersani eletto con 1.623.239 voti).

Analizziamo allora nel dettaglio le ultime due occasioni, quella del 2013 e quella svoltasi ieri, 30 Aprile, nelle quali è stato eletto segretario Matteo Renzi.

Nel 2013 i votanti furono 2.814.881 voti ( meno 739.288 rispetto al 2007, una cifra assoluta di calo nella partecipazione inferiore però a quella fatta registrare tra il 2013 e il 2017): infatti il 30 Aprile hanno partecipato al voto 1.848.658 elettrici ed elettori con una flessione di 966.223 unità ( in sostanza sono stati perduti quasi il 35% di partecipanti al voto).

La candidatura vincente di Matteo Renzi è passata da 1.895.332 suffragi a 1.283.389: un calo di 611.943 voti ( il 32% di quanto realizzato nel 2013).

Gli altri due candidati nel 2013 (Cuperlo e Civati) assommarono in quell’occasione 910.443 voti; nel 2017 i due candidati sconfitti (Orlando e Emiliano) hanno conseguito complessivamente 549.745 voti ( un calo di 360.390 voti, pari al 39,5% sul totale precedente). Si può quindi affermare che il calo nella partecipazione al voto ha penalizzato maggiormente i candidati sconfitti e non Renzi.

Nel dettaglio il confronto Cuperlo – Orlando è stato da 510.970 a 357.526 e quello Civati – Emiliano da 399.743 a 192.219.

Una sommaria valutazione politica può essere riassunta in due dati: 1) è evidente uno spostamento al centro dell’elettorato democrat; 2) possono accentuarsi, pur nel quadro complessivo di un evidente arretramento complessivo, la caratteristica di partito personale essendosi fortemente caratterizzati i caratteri plebiscitari della consultazione.

Da rilevare, infine, il valore di questa consultazione sul totale degli aventi diritto al voto sul territorio nazionale.

Si tratta di un dato da non sottovalutare perché la rappresentatività complessiva del segretario del PD derivante dall’essere stato eletto direttamente fu rivendicata come una delle ragioni della sua ascesa alla presidenza del Consiglio.

Di conseguenza:

nel 2013 risultavano iscritti in Italia nelle liste elettorali 46.905.154 elettrici ed elettori; i 2.814.881 votanti valevano dunque il 6,00%; l’eletto Renzi con 1.895.332 voti di conseguenza il 4,04%. 4,04% sulla base del quale fu reclamato il diritto alla presidenza del Consiglio senza passare da alcun riscontro elettorale e fabbricando la maggioranza attraverso una scissione del campo avverso di centro destra.

Nel 2017 risultano iscritti, in Italia, nelle liste elettorali 46.720.943 elettrici ed elettori (dato al referendum del 4 Dicembre 2013). Il totale dei partecipanti all’elezione diretta del segretario del PD ( 1.848.658) valgono quindi una frazione pari al 3,95 dell’intero corpo elettorale ( – 2,01 rispetto al 2013) e il rieletto Renzi (1.283.389 voti) il 2,74% ( -1,30%).

In sostanza ha sicuramente basi ragionevoli l’idea di un PD partito – personale (con tutti i rischi annessi e connessi per l’intero sistema), mentre assolutamente fuori dalla realtà da punto di vista della consistenza del consenso nel sistema l’ipotesi di un ulteriore trasferimento diretto dalla segreteria del PD alla Presidenza del Consiglio che questa volta non potrà non avvenire se non attraverso un regolare turno elettorale al contrario di quanto accadde, ai limiti della Costituzione (come era già avvenuto con il governo Monti nel 2011) nel 2014.

In ballo, dopo questo tourbillon, la legge elettorale ricordando entrambe le sentenze della Corte Costituzionale: quella del 2014 che smantellò completamente la legge del 2005 e quella di pochi mesi fa che destrutturò il mai entrato in funzione Italikum.

FRANCO ASTENGO

foto tratta da Pixabay

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Politica e società

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