Renzi, non più a vocazione maggioritaria, cerca sponde

Dal palco della direzione, riunita per discutere di legge elettorale ma anche per prospettare coalizioni possibili, ove il Rosatellum uscisse indenne dalla fossa dei leoni della Camera, Renzi s’infila...

Dal palco della direzione, riunita per discutere di legge elettorale ma anche per prospettare coalizioni possibili, ove il Rosatellum uscisse indenne dalla fossa dei leoni della Camera, Renzi s’infila nel braccio di ferro in corso tra Giuliano Pisapia e il grosso dell’Mdp.

Nonostante abbia al suo fianco Gentiloni, a siglare il patto di ferro tra i due, e il padre nobile del partito Veltroni, è un Renzi spogliatosi delle suggestioni cesariane dei bei tempi, senza più vocazioni maggioritarie, intento a prospettare l’armata con la quale spera di battere il centrodestra. Ma senza mettere nel cassetto la «seconda ipotesi» se non ci riuscirà, quella di un’alleanza oggi inconfessabile con Berlusconi. «Con il Rosatellum servono coalizioni ampie», informa.

Prima però il ramoscello d’ulivo teso a sinistra: «I nemici non sono coloro che se ne sono andati da qui». E tanto più all’opposizione interna: «Chi alimenta polemiche con i compagni di partito, sbaglia. Dobbiamo giocare insieme perché chi non gioca con la squadra fa fare goal agli avversari». Porte aperte dunque per il ritorno, se non nel partito almeno in coalizione della già malissimo tollerata ex minoranza, oggi Mdp? Non proprio.

Renzi non ha più voglia di ritrovarsi al fianco D’Alema e Bersani di quanta ne abbiano loro di riabbracciare il reprobo di Rignano. Al segretario serve una foglia di fico a sinistra per attrarre voti, ma per questo basta e avanza Pisapia col suo Campo progressista.

Ufficialmente però l’offerta è a tutto campo e offre a Orlando il destro per rilanciare: «Bisogna lanciare un appello a Mdp e battere un colpo». Dati gli umori dello stato maggiore nei confronti degli scissi, per non parlare del capo, difficilmente sarà accontentato.

Da quelle parti, dopo l’imbarazzata e in buona misura posticcia «riconciliazione» di Ravenna, la temperatura resta incandescente. Né potrebbe essere diversamente dal momento che i veri nodi del contendere, l’apertura dell’alleanza alle altre forze di sinistra e la scelta sul tenere aperto il dialogo con Renzi, non solo non sono stati risolti ma non vengono neppure nominati apertamente.

Per tornare alla futura armada renziana: se il fronte sinistro dovrebbe essere coperto dal Campo di Pisapia, di quello destro dovrebbero occuparsi i centristi di Alfano. Urge però trovare qualcuno da piazzare al vertice, perché si sa che don Angelino è impresentabile e chi non lo sapeva lo sta scoprendo in questi giorni proprio in Sicilia. Calenda è in pole, ma si vedrà. Poi una patina liberale, con i radicali fazione Bonino e Della Vedova e qualcuno ipotizza addirittura un’unificazione dei liberali in questione con lo stesso Pisapia, ma probabilmente sono solo fantasie.

Infine l’arma segreta, una serie di liste regionali guidate dai capipopolo-governatori del Sud: De Luca in Campania, Emiliano in Puglia, Crocetta in Sicilia. Servirà un ritocco alla legge elettorale per garantire l’entrata, magari con un emendamento per assicurare l’ingresso al Senato a chi strappa il 3% almeno in 3 regioni, ma in fondo gli emendamenti sono fatti apposta.

Detta coalizione farà dell’antipopulismo la sua bandiera, «se non vogliamo che in tutta Europa i populisti vincano solo in Italia».

In privato, però, l’ex premier non nasconde di puntare molto anche sul «voto utile» anti-destra, rispolverano le furie antiberlusconiane momentanemente dismesse. Ci vuole Matteo Renzi per impostare una campagna elettorale sull’antiberlusconismo, con il retropensiero a tutti notissimo e neppure davvero celato di governare poi, salvo vittoria miracolosa, proprio con Berlusconi. Impagabile.

ANDREA COLOMBO

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

categorie
Politica e società

altri articoli