Non disprezzate la critica: è il fondamento del “fare”

Ha ben scritto Citto Maselli nel suo intervento al Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista nel sottolineare l’importanza della cultura nella ricostruzione di una sinistra di alternativa in Italia...

Ha ben scritto Citto Maselli nel suo intervento al Comitato politico nazionale di Rifondazione Comunista nel sottolineare l’importanza della cultura nella ricostruzione di una sinistra di alternativa in Italia (e non solo). Eppure, siccome viviamo in terribili tempi di crisi economica, di sfruttamento all’ennesima potenza delle lavoratrici e dei lavoratori, se si critica un pensiero e lo si fa onestamente, senza pregiudiziali, ma volendo partecipare o aprire magari una discussione in merito, si viene tacciati di intellettualismo, di essere portatori di inutilità e di problematiche inutili per quel grande lavoro che si deve compiere: la costruzione del potere popolare.

Qualcuno ha scritto sulla pagina Facebook ufficiale di “Potere al Popolo!” un ricordo in morte di Karl Marx. Il Moro si addormentava placidamente sulla sua poltrona, come ce lo descrive Engels nel suo elogio funebre, alle due del pomeriggio del 14 marzo 1883. I compagni di PaP affermano che Marx era “uno che ha messo il suo studio a disposizione del popolo. Perché ha dimostrato che le collettività organizzate, coscienti, possono liberare il mondo e cambiare il corso della storia!“.

Pregevole il ricordo di Marx. Apprezzabile. Tuttavia si può far notare che Marx non ha messo il suo studio a disposizione del “popolo” ma semmai del proletariato che, almeno nel secolo di nascita del movimento comunista, era la classe sociale individuata dal Moro per sovvertire lo stato di cose presente e rovesciare dunque il capitalismo.
Il concetto di “popolo” aveva (e spesso viene invocato anche oggi in tal senso) una accezione ecumenica, interclassista: del popolo fanno parte tanto sfruttati quanto sfruttatori, tanto padroni quanto operai, tanto manager quanto precari. E così via dicendo.

Col tempo quel concetto si è allargato e ha assunto un valore classista in molte parti del mondo ed anche in Italia. Pierangelo Bertoli, in una bellissima canzone che mi è molto cara, “Rosso colore“, parla giustappunto di “popolo” e lo fa intendendo la classe lavoratrice e degli sfruttati. Dunque si può comprendere che chiamando una formazione “potere al popolo!” si voglia intendere “potere agli sfruttati”, “potere ai più deboli” di questa società. E’ evidente.

Ricordare un elemento di distinzione non è irridere un ragionamento, tanto meno contrapporsi ad esso: è discutere. E temo che la discussione abbia lasciato il posto ad un cieco fideismo in questo momento, perché siccome mi sono permesso di criticare alcune terminologie, tra le quali “collettività organizzate” sarebbe meglio chiamarle “classi sociali” o “classe sociale”, sono stato immediatamente tacciato d’essere un perditempo, uno che vuole mostrare un atteggiamento “di sufficienza”, utilizzando una “derisione” voluta, distraendo dalla serietà invece del lavoro da mettere in campo.

Vorrei sapere dove risiede la “derisione”. Non è possibile più criticare un pensiero o l’espressione di un medesimo?
Attenti compagni e compagne… quando si mal sopportano le critiche e quando si taccia di inutilità o di nullità un ragionamento, lo si fa per quella sufficienza che deriva solo dall’intolleranza e dalla mal disposizione a ricevere le critiche e quindi si rigetta la dialettica e ci si oppone al confronto.

E’ un timore che vedo sempre più fondarsi su certezze che invece dovrebbero avere la bontà del dubbio che è umiltà nell’ascolto. In questa fase di post-sconfitta elettorale e sociale, con le destre variamente definite dal contesto del voto in quanto a forza, mi sembra di avvertire una disperazione che si rifugia in una strada tracciata dalla quale “non si torna indietro”. Mi spaventano posizioni così risolute perché si pongono nel solco di una irreversibilità che è dogmatica, per l’appunto incontestabile e non criticabile.

Quante volte il segretario o membri della segretaria di Rifondazione Comunista espongono le loro idee e vengono criticati lungamente? E non per un sinonimo, per un concetto esprimibile in altri termini, ma con una violenza e una durezza tali da rasentare l’insulto, con provocazioni belle e buone. Eppure rispondono sempre, argomentando e non liquidando le obiezioni – ripeto, anche quelle più dure – con insofferenza, descrivendo l’altro da sé come una “inutilità” in quanto espressione di concetti ritenuti “inutili”.

Ho sperato che “Potere al Popolo!” riuscisse nell’impresa elettorale, nel convincere almeno un milione e mezzo di cittadini a sostenere un programma socialmente avanzato, che proponeva e propone un vero rinnovamento di un mondo del lavoro e della scuola, del mutuo soccorso e della natura secondo la tradizione più bella della sinistra progressista: il ritorno della solidarietà ad ampio raggio, in sostituzione della tolleranza, per acquisire elementi di “socialismo” proprio nel riconoscimento del valore universale dell’individuo nella società e nella natura.

Ho sperato e mi sono battuto per oltre due mesi per tutto ciò. Nel mio piccolo, perché oltre al mio pensiero ho le mie mani e con queste, insieme a molte compagne e molti compagni, ho fatto tutto quanto potevo per raggiungere quell’obiettivo. E per questo mi sento in diritto e in dovere di esprimere le mie opinioni anche se sono ultraminoritarie perché, constato, lo diventano nell’essere critiche.

Oggi, evitando di essere critici, soprattutto se la critica è sincera, si è accettati e compresi, si è visti come concreti e fattivi. Ma se si critica, si diviene dei noiosi soloni inconcludenti: qualcuno afferma che si diventa “leoni” o “rivoluzionari da tastiera”. Sono offese gratuite e come tale vanno trattate.

Spero, mi auguro che in “Potere al Popolo!” ci sia spazio per chi critica, per chi soloneggia, per chi elucubra e non può farne a meno: ho ascoltato molte amenità in questi mesi ma le ho provate a vivere come parte di un tutto, come pars construens di una cultura condivisa e nascente proprio sulla base della sua diversità manifesta fatta di una pluralità di opinioni che avrebbero costruito le intenzioni e poi i fatti del prossimo futuro.

Vogliamo veramente costruire una sinistra del “fare” e del “saper fare”, per quanto mi riguarda innovarla e rimetterla su un piano di interazione con la gente più disagiata, sfruttata e povera? Allora non possiamo esimerci dal discutere, dal criticare e dal confrontarci: soprattutto se chi discute, critica e si confronta è pronto un minuto dopo a fare. Da sempre.

In ricordo e in memoria di Karl Marx…
Marx era perciò l’uomo più odiato e calunniato del suo tempo. I governi, assoluti e repubblicani, lo espulsero, i borghesi, conservatori e democratici radicali, lo coprirono a gara di calunnie. Egli sdegnò tutte queste miserie, non prestò loro nessuna attenzione, e non rispose se non in caso di estrema necessità. E’ morto venerato, amato, rimpianto da milioni di compagni di lavoro rivoluzionari in Europa e in America, dalle miniere siberiane sino alla California. E posso aggiungere, senza timore: poteva avere molti avversari, ma nessun nemico personale.
Friedrich Engels, 14 marzo 1883, cimitero di Highgate, Londra

MARCO SFERINI

14 marzo 2018

foto di Marco Sferini

categorie
Marco Sferini

altri articoli