Il paradigma della sicurezza genera mostri

Da Spello verso la manifestazione del 21 ottobre. Serve un nuovo patto con l’Africa, e canali legali per chi vuole ed è costretto a migrare. E in Africa favorire un’economia locale, investendo in istruzione e formazione

Il piano del governo italiano, e dell’Ue, per bloccare i migranti in Libia è un caso esemplare della grave inadeguatezza della classe politica nazionale ed europea dinanzi a un mondo globalizzato che muta vorticosamente. L’entusiasmo che circonda il ministro dell’Interno è sorprendente. Come abbiamo affrontato l’“emergenza migranti”?

In primo luogo, si è riaffermato che “la sicurezza è una questione di sinistra”. Non è una novità: già nel 2007-2008 fioccarono una miriade di provvedimenti di giunte di sinistra contro migranti, prostitute, “lavavetri” e “mendicanti molesti”. Il piano immigrazione e il piano sicurezza si fondano sulle stesse vecchie, sbagliate premesse. Poi, si sono criminalizzate le Ong che salvavano vite umane nel Canale di Sicilia. Infine, si è permesso alla Guardia costiera libica (su cui pende un’indagine di collusione con milizie e trafficanti – un segreto di Pulcinella – da parte della Corte penale internazionale), di minacciare le navi delle Ong. Intanto il nostro ministro dell’Interno incontrava una schiera di capi tribù e “sindaci” libici affinché facciano il lavoro sporco che noi proprio non possiamo fare: rinchiudere i migranti nei “centri di detenzione”, luoghi di abusi e violenze e uno dei business più lucrosi in Libia. Abbiamo dato campo libero alla Guardia costiera libica. E stabilito una bella alleanza – certamente onerosa – con milizie, bande armate, militari che ambiscono al ruolo di rais. Il generale Haftar ha chiesto droni, elicotteri, visori notturni, veicoli. E avrebbe ottenuto un programma di addestramento dei “soldati libici” in Italia. Armare personaggi inaffidabili per colpire i nemici (che, in questo caso, chi sarebbero? I migranti?) è una specialità dell’Occidente. Che, in genere, finisce male.

I risultati? A parte le spaventose conseguenze per la vita di decine di migliaia di persone innocenti, già la barriera anti-migranti appare una patetica Maginot: le partenze sono riprese, dalla Tunisia. Il centro di Lampedusa è tornato a riempirsi. Pensare di fermare un movimento epocale come le migrazioni regalando soldi – e potere di ricatto – ai personaggi più vari, da Erdogan fino al “sindaco” di un paesino libico al confine con il Niger, appare sconsiderato, anche “dimenticando” sofferenze e ingiustizie terribili.

Non crediamo che la strategia europea e italiana nasca (solo) da un impressionante cinismo. Vi sono certo a Bruxelles e nelle capitali europee leader convinti che “There is no alternative”, in economia come nella difesa del nostro livello di benessere (due questioni ovviamente collegate) da un’invasione che manderebbe in rovina istituzioni e pace sociale. Una convinzione che va contestata. La strategia del “muro” può forse funzionare nel breve periodo, ma è destinata al fallimento. Nella sola Africa abitano più di un miliardo di persone, che triplicheranno nei prossimi trent’anni. Tantissimi sono giovani, che non hanno opportunità di vita decenti nei loro paesi. Più di 350 milioni di africani vive con meno di due dollari al giorno.

Vogliamo andare avanti finanziando bande armate e oligarchie corrotte, lasciando mano libera alle transnazionali e ai traffici di armi e usando i (pochi) soldi del cosiddetto “aiuto allo sviluppo” nel modo scandaloso fatto finora? Portando avanti un neocolonialismo che produce risentimento, migrazioni e radicalizzazione? Oppure vogliamo, finalmente, favorire – in modo trasparente – la nascita e lo sviluppo nei paesi africani di un’economia locale, investendo in istruzione e formazione? Un’economia collegata al miglioramento delle condizioni di vita delle comunità territoriali e alla riduzione delle disuguaglianze sociali.

L’Italia non dovrebbe chiedere solo il superamento di Schengen, ma anche un nuovo patto con l’Africa. Attivando nel contempo canali legali per chi vuole e, soprattutto, è costretto a migrare. Smantellando i Cie e i mega centri di accoglienza straordinaria che stipano centinaia di migranti in condizioni di vita non dignitose, con speculazioni intollerabili e forti tensioni con le comunità locali.

Chiediamo molto. Ma l’alternativa è molto peggio. Il paradigma della sicurezza genera mostri. Noi ci confronteremo su questi temi alla nostra assemblea a Spello, da oggi al 7 ottobre, il 21 ottobre saremo alla manifestazione contro il razzismo e raccogliamo le firme con la campagna Ero straniero per una nuova legge sull’immigrazione.

DON ARMANDO ZAPPOLINI
presidente del CNCA, Coordinamento nazionale comunità di accoglienza

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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Migranti

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