Il Jobs act serve a licenziare. Lo dice anche l’Inps

Fine degli sgravi, crollano le assunzioni a tempo indeterminato. Boom dei vouchers e dei licenziamenti per giusta causa. Il jobs act mostra il volto feroce

«I dati ufficiali di Inps continuano a dire che in Italia nel 2016 il numero di contratti a tempo indeterminato è costantemente negativo: si distruggono più contratti di quanti se ne creano. C’è pure che nel 2016 facciamo peggio del 2014 anche rispetto alle tanto sbandierate stabilizzazioni di contratti a termine che dovevano esplodere grazie al Jobs Act e invece sono aumentate solo quando le imprese guadagnavano con gli sgravi. Ovviamente l’uso dei voucher non frena: in otto mesi ne sono stati venuti 96.622.284».

Marta Fana commenta senza sorpresa i dati resi noti da Boeri. Lei stessa, ricercatrice a Parigi, è stata tra i primi a denunciare (anche su Popoff) il flop della manomissione renziana del diritto del lavoro. Si tratta di riciclaggio di posti di lavoro, prima drogato dagli sgravi poi dai voucher, con un boom dei licenziamenti per giusta causa. Tanto l’articolo 18 non c’è più. Anche per questo si manifesterà nel No Renzi Day di sabato prossimo, preceduto da una giornata di sciopero generale indetta da Usb, Usi, Unicobas, SiCobas e Adl. Il No sociale è anche un modo per costruire uno schieramento contro una classe imprenditoriale neoliberista, incapace di innovazione, spesso collusa con l’economia criminale con cui condivide la necessità di liberarsi dalla Costituzione del ’48.

La riduzione degli sgravi contributivi sui contratti a tempo indeterminato pesa sulle nuove assunzioni stabili: nel primi 8 mesi dell’anno – secondo quanto si legge sull’Osservatorio sul precariato pubblicato dall’Inps – le assunzioni a tempo indeterminato sono state 805.168, con un calo del 32,9% rispetto allo stesso periodo del 2015 quando lo sgravio contributivo era totale. Si registra comunque un calo (-7%) anche rispetto al 2014 in assenza di incentivi. Diminuiscono anche le cessazioni di rapporti a tempo indeterminato e quindi nei primi otto mesi il saldo su questi contratti, considerando anche le trasformazioni, resta positivo con 53.303 unità (a fronte delle 465.800 dello stesso periodo 2015). Mentre si esaurisce l’effetto sgravi sulle assunzioni, crescono i licenziamenti e si riducono le dimissioni volontarie.

Tra gennaio e agosto i licenziamenti complessivi sui contratti a tempo indeterminato sono passati da 290.656 del 2015 a 304.437 (+4,7%) quest’anno ma tra questi crescono soprattutto i licenziamenti individuali per ragioni disciplinari, ovvero quelli sui quali è intervenuto il Jobs act con il contratto a tutele crescenti mandando in pensione per i nuovi assunti la possibilità di reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto.

I licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo sono passati da 36.048 a 46.255 con un aumento del 28%. Nello stesso periodo le dimissioni, sempre sui contratti a tempo indeterminato, sono passate da 599.248 a 510.267 con un calo del 14,8%. Continua a crescere l’utilizzo dei voucher con 96,6 milioni di buoni per il lavoro accessorio dal valore nominale di 10 euro venduti nei primi otto mesi del 2016 (+35,9%) in attesa di capire che succederà con la stretta sulle sanzioni in caso di mancata comunicazione da parte di imprese e professionisti sull’utilizzo dello strumento.

Nel complesso le nuove assunzioni effettuate nei primi otto mesi del 2016 (comprese quelle a termine) nel settore privato escluse le colf e gli operai agricoli sono state 3.782.043 con un calo dell’8,5% sullo stesso periodo del 2015. Ma nello stesso periodo sono diminuite anche le cessazioni complessive (3.078.659, -7,3%) mantenendo il saldo positivo per 703.384 unità.

Il calo si registra soprattutto sulle nuove assunzioni stabili (-32,9%) e sulle trasformazioni da contratti a termine, passate da 310.035 a 200.208 (-35,4%) mentre le trasformazioni in apprendistato restano sostanzialmente stabili a 54.000.

CHECCHINO ANTONINI

da Popoffquotidiano

foto tratta da Pixabay

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