Giustizia, il populismo penale diventa patto per il governo

Aumento delle pene per tutti, nuove carceri e via libera ai pistoleri nel «contratto» tra Lega e M5S

Il populismo giustizialista è sicuramente uno di quei terreni su cui meglio si incontrano M5S e Lega. E la bozza di «contratto» che dovrebbe sancire l’accordo tra le due forze politiche per la nascita di un nuovo governo lo dimostra. Anche se nelle tre pagine che compongono il capitolo «Giustizia» poco rimane delle «riforme» «votate in rete» che i pentastellati avevano inserito nel programma di governo pre-elettorale, dichiarando di voler combattere un sistema «debole con i forti e forte con i deboli». Più spazio guadagna invece il concetto di sicurezza da pistoleri sponsorizzato dal Carroccio.

Al primo punto c’è quel chiodo fisso dei grillini definito «separazione dei poteri», tra magistratura e parlamento, che nel contratto giallo-verde si concretizza in una revisione del sistema di elezione dei membri laici e togati del Csm, e nell’avvertimento al «magistrato che vorrà intraprendere una carriera politica» che, «una volta eletto, non potrà tornare a vestire la toga».

Mentre dell’intervento per ridurre la prescrizione, diritto sancito in tutti i Paesi civili ma che nella vulgata a 5S «aiuta delinquenti e corrotti a sfuggire alle pene», nella bozza negoziale rimane appena un passaggio (e forse qui c’è l’influenza, diretta o indiretta, di Berlusconi) che affianca la promessa di «assunzioni nel comparto giustizia», nell’obiettivo di «ottenere un processo giusto e tempestivo».

Resta invece ben evidenziato il supporto al «whistleblowing» come strumento di lotta alla corruzione, introdotto dalla legge Severino ma di difficile applicazione. Il M5S infatti è da sempre convinto che occorra agevolare la segnalazione, in cambio di un premio, di un illecito all’interno dell’azienda da parte dei lavoratori, così come l’introduzione della figura dell’«agente sotto copertura» o addirittura dell’«agente provocatore», al fine di «favorire l’emersione dei fenomeni corruttivi nella Pa». Nella stessa ottica il patto prevede di potenziare l’uso delle intercettazioni «soprattutto per i reati di corruzione».

Porta l’inconfondibile imprinting leghista invece il capitolo riguardante l’«area penale». A cominciare dalla «legittima difesa domiciliare» estesa eliminando dalla legge qualunque riferimento alla «proporzionalità tra difesa e offesa» che costituisce, secondo i due contraenti, «elementi di incertezza» che «pregiudicano la piena tutela della persona che ha subito un’intrusione» a casa o nel posto di lavoro.

Per rendere poi «certa la pena», il governo nascente si prepara ad abrogare tutte le riforme varate negli ultimi anni, frutto di un lungo e serio lavoro, come la depenalizzazione dei reati bagatellari e «l’estinzione del reato per condotte riparatorie anche in assenza del consenso della vittima».

Più pene per tutti, insomma. In modo da soddisfare chi è particolarmente sensibile ai reati di furto, definiti «particolarmente odiosi», e chi gradisce inasprimenti e nuove aggravanti per la violenza sessuale. Da rivedere «in senso restrittivo» anche le norme che riguardano «l’imputabilità, la determinazione e l’esecuzione della pena per il minorenne». E, naturalmente, per combattere il sovraffollamento carcerario basta costruirne di nuove. E siamo così tornati al punto di partenza.

ELEONORA MARTINI

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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