…e se fossi in Francia? Tra quindici giorni cosa voterei?

L’unico sollievo è un rimpianto di lungo tempo: il non essere nato francese, in quella Francia che ho sempre amato tanto e in cui stavo per nascere non tanto...

L’unico sollievo è un rimpianto di lungo tempo: il non essere nato francese, in quella Francia che ho sempre amato tanto e in cui stavo per nascere non tanto per sbaglio, ma perché i miei genitori, quando il tempo del parto era vicino, si trovavano a Nizza in vacanza. Se mi fosse accaduto di nascere francese, sarei stato ovviamente un franco-italiano, perché immagino che i miei sarebbero comunque tornati a vivere in Italia.
Ma oggi mi troverei magari ad avere una doppia cittadinanza, chissà magari un diritto di voto doppio. E allora dovrei prendere una decisione dopo il primo turno delle elezioni presidenziali che si è appena concluso con la sfida che, tra quindici giorni, vedrà Emmanuel Macron e Marine Le Pen duellare per conquistare il posto di Presidente della Repubblica all’Eliseo.
Secondo una vulgata tutta italica, che pretende di essere modello anche per le elezioni francesi, ora si sarebbe costretti a scegliere tra un “democratico”, che aderisce ai valori repubblicani del trittico rivoluzionario “Libertè, Egalitè, Fraternitè”, e una candidata di chiaro stampo di estrema destra, la cui impostazione è più moderata rispetto al padre ma che è speculare al nazionalitarismo autarchico in tutto e per tutto, che esalta il nazionalismo delle patrie rispetto al modello europeo.
Secondo i democratici di casa nostra questo duello assume le caratteristiche di una scelta tra i democratici transalpini e i fascisti della “nouvelle France”. Personalmente vedo, invece, un duello tra un banchiere liberista, di destra (moderata?) che decide di non assumere le “vecchie” categorie della politica francese e quindi rifiuta le etichette di essere di “centro, destra o sinistra” (sinistra, neanche a parlarne!) e una posizione, di contro, intrisa del contrario di ogni anche solo apparente aderenza a valori democratici, a supporto di un protezionismo nazionale che vuole e pretende l’uscita dall’Europa.
Questa non può essere una scelta: come è stato giustamente detto e scritto, si tratta di recarsi alle urne per i francesi e optare tra la peste e il colera. Come morire meno peggio?
Perché si tratta sempre e solo di una alternativa falsata dall’apparente non pericolosità della politiche liberiste perché inquadrate, inserite e irregimentate dentro un contesto di accettazione della democrazia borghese, dell’istituzionalismo comunemente visto come “rispettabile”, “democratico” perché osservante i dettami del mercato che è struttura e sovrastruttura in quando espressione dell’ideologia dominante: sarebbe meglio dire, oggi, della comune “pubblica opinione”.
Macron vince e convince i francesi che sono rimasti schiacciati dalle politiche che anche lui, da ministro del governo francese, sotto la presidenza di Hollande, sotto la benedizione del Partito Socialista Francese che, finalmente, oggi ritrova un suo candidato proprio in Macron (anche se ufficialmente il candidato rimane Hamon), ha portato avanti nel solco della condivisione dell’austerità europea, a trazione germanico – BCE.
C’è, dunque, poca scelta tra due candidati che sono espressione di due mali: il “fronte repubblicano” si sta formando attorno a Macron per lo spauracchio di vedere all’Eliseo una presidente di estrema destra che, certamente, sarebbe un gravissimo segnale per la laicità istituzionale francese, per la sua tradizione di libertà prebellica nella Seconda guerra mondiale e, successivamente, per l’affiancamento a questa del patriottismo gollista che, come ha anche richiamato Macron nel suo discorso dopo la conferma del ballottaggio tra lui e Marine Le Pen, è differente dal nazionalismo.
Ma questo pericolo non può essere oggetto di accusa verso chi sceglierà, legittimamente, di non andare a votare o di recarsi alle urne annullando la scheda o votando scheda bianca.
Il pericolo del neofascismo è differente da quello del neoliberismo solo perché veste una casacca più appariscente e perché individua nelle libertà civili e nei diritti singoli e collettivi di questa fatta un elemento discriminante tra le persone. Il neoliberismo europeo incarnato da Macron è altrettanto pericoloso perché colpisce le libertà e i diritti sociali.
Non era, dunque, solo il socialismo reale ad aver incontrato la contraddizione tutta novecentesca dell’inconiugabilità tra democrazia e libertà, tra socializzazione della produzione e mantenimento della libertà di dissenso.
Anche il regime capitalistico, il mercato, il profitto si devono scontrare con il non riuscire ad essere autoritari quanto vorrebbero e mercantilisti quanto altrettanto lo vorrebbero.
L’inganno è semplice: un banchiere fa meno paura di un fascista. Il banchiere custodisce i tuoi soldi apparentemente. Fa affari con i tuoi risparmi, li utilizza in mille modi, li investe e rischia. Poi, se fallisce tutto il suo impianto economico, la colpa è della società, dei mercati. Mai di un singolo. Mai di una sola banca.
Il fascista urla, strepita, anatemizza, minaccia. E’ pericoloso. Tanto quanto un banchiere. Ma in apparenza quest’ultimo è rassicurante. E’ il “fascino discreto della borghesia” che emerge anche nel “voto utile”, nel “fronte repubblicano antifascista”.
Questa ambivalenza va spezzata e bene ha fatto Melenchon a non dare indicazione di voto ma a lasciare che siano i suoi elettori a scegliere come agire. Ciascuno secondo coscienza.
Per fortuna non sono nato in Francia. O per sfortuna… chissà… Ma almeno tra quindici giorni non mi tocca questa ennesima forca caudina, questo ennesimo dilemma.

MARCO SFERINI

26 aprile 2017

foto tratta da Pixabay

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