C’è una strada percorribile a sinistra in Liguria

Lunedì 15 maggio dell’ormai lontano anno del Signore 1995, il senatore Umberto Carpi, già di Rifondazione Comunista e poi passato ai Democratici di Sinistra, in una intervista a “la...

Lunedì 15 maggio dell’ormai lontano anno del Signore 1995, il senatore Umberto Carpi, già di Rifondazione Comunista e poi passato ai Democratici di Sinistra, in una intervista a “la Repubblica” sosteneva a proposito della presa di distanza di Bertinotti e Cossutta dal centrosinistra di Romano Prodi: “Guardo con attenzione all’impegno di D’Alema per un partito della sinistra europea, a quello di Cofferati per un patto sociale. Prepariamoci a tratti di strada insieme.”.
Carpi aveva visto giusto nei tratti di strada insieme: se ne sarebbero fatti molti, con altalenanti condizioni di desistenza, unità di coalizione, partecipazione al governo.
Aveva visto meno bene (ma nessuno ha la sfera di cristallo per scorgere il futuro, anche solo prossimo, in politica come nella vita…) nell’impegno di Massimo D’Alema e in quello di Sergio Cofferati. Il primo è stato fondatore e tutt’ora si trova nelle fila del PD (seppur con accenni critici al dominio personalistico renziano) mentre il secondo è appena fuoriuscito dal moloch della politica italiana che tutto riunisce e tutto incarna.
Sono passati quasi vent’anni e la storia sembra ripetersi. Farsa, tragedia o speranza: lo decidano i lettori di queste mie righe… Ciò che penso sia necessario analizzare è la qualità dell’ “abbandono”.
E’ evidente che Sergio Cofferati, pur affermando davanti alle televisioni il suo non voler fondare un altro partito ma volersi impegnare nella fondazione di una associazione culturale – politica, lascia un viatico aperto quando, proseguendo il suo ragionamento, dice che si spenderà sul territorio per sostenere chi più gli piacerà e consente ai deputati, ai senatori e ai gruppi dirigenti e militanti che fanno riferimento a Pippo Civati (e quindi di opposizione alle larghe intese di Matteo Renzi) di ragionare in termini di alternativa all’espressione di voto per la candidata uscita vincitrice dalle malconce primarie liguri.
Raffaella Paita rappresenta non solo lo schema renziano dell’alleanza con il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, ma è platealmente schierata su posizioni apertamente liberiste dove il lavoro è variabile dipendentissima dalle esigenze del profitto. Una visione quindi “padronale” degli interessi di classe, per dirla con un tono “vetero”, ma che rende così bene in sintesi quello che è poi il nocciolo della questione delle questioni.
La galassia atomica che è ancora dispersa a sinistra del PD parla molte lingue e difficilmente si sarebbe ritrovata oggi a ragionare su una possibile unità se Cofferati non avesse perso e, soprattutto, se non avesse perso delle elezioni primarie condotte con tutto tranne che con le regole.
Quindi, ora, il punto è semplice e altrettanto complicato: costruire una alternativa di sinistra tanto a Raffaella Paita che rappresenta una “destra” moderata e mascherata da centrosinistra quanto ad Edoardo Rixi incoronato da Matteo Salvini candidato presidente della Lega (e non solo).
Davanti a questo scenario inaspettato, Rifondazione Comunista ha fatto bene in Liguria a non partecipare alle primarie. Ha riaffermato così la sua autonomia e ha lasciato comunque una porta aperta ad una ipotesi unitaria nel solo caso avesse prevalso il candidato anti-renziano. Ossia Cofferati.
Nessuno di noi smania al pensiero del Cofferati sindaco di Bologna. Nessuno di noi smania, almeno io personalmente non ho questi brividi di gioia, nel ricordarsi nemmeno il cofferati politico transitato dai DS al Partito democratico.
Siamo davanti ad un socialista di sinistra, come Pippo Civati, che ha preso ultimamente una posizione di distacco dall’avvitamento renziano di un partito che con una pelosa ostinazione molti giornalisti (è il loro sacrosanto mestiere di informare “i” fatti, piuttosto che informarci “dei” fatti, diceva Deridda) definisco “la sinistra”.
È venuto il momento di riappropriarsi di quella parola e riempirla di aggettivi. Perché il PD non solo non rappresenta in alcun modo valori e programmi di sinistra, ma l’esatto opposto. E’ il “partito della Nazione”, quello che meglio incarna in questa fase le esigenze del mercato internazionale e che meglio interpreta i voleri di Mario Draghi tradotti in politica e nel Parlamento in legislazioni come il Job act che – per ammissione dello stesso Pietro Ichino – serve a produrre più licenziamenti e non occupazione “rinnovata”.
Ma riappropriarsi del termine “sinistra” vuol dire ben poco se non si associano, appunto, degli aggettivi a questo sostantivo: vogliamo sintetizzare gli aggettivi in un complemento di specificazione. E va bene: “di alternativa”.
E allora si chiederà: “Alternativa a cosa, a chi?”. La risposta deve essere chiara. E per esserlo anche la sintesi dei programmi che potranno scriversi dall’incontro di forze come Sel, Rifondazione, Comunisti Italiani, Verdi, movimenti di alternativa “dal basso” deve essere chiara. Pochi punti che dicano alla gente che non ci sono solo Raffaella Paita ed Edoardo Rixi o i grillini. Tutte e tre destre con differenze anche sostanziose, ma pur sempre risposte di destra alle esigenze sociali drammatiche presenti anche in Liguria.
Deve nascere e crescere una unità sociale e politica tra comunisti, socialisti di sinistra, ecologisti, movimentisti, libertari e chi più ne ha, più ne metta.
E questa “unità sociale” può tramutarsi in politica in un punto di riferimento chiaro se dice no al liberismo, se dice no tanto a Renzi quanto al PD di Renzi. Se si oppone alle privatizzazioni ulteriori dei servizi che fanno capo alle regioni e se mette in campo una serie di valori a supporto di tutto questo che cancellino la vergogna dei personalismi e che ridiano alle persone il senso di appartenenza e di richiamo verso quella forza politica per empatia ideologica, per appartenenza “di classe”.
Una lista quindi che non si vergogni più di dirsi di “sinistra” come si vergognarono i professori che non vollero mettere nel nome de “L’Altra Europa” quel sostantivo minimo (mica si trattava di etichettare la lista europea con l’ignominia dell’aggettivo “comunista”! Mon dieu!), ma che lo proclami apertamente e che dica senza indugio ciò che è e che vuole.
Per fare questo serve, ultimo ma non assolutamente ultimo, un candidato o una candidata presidente che richiami quei valori. Tutto è, quindi, in costruzione.
Per fare tutto questo, come potete vedere, non c’era bisogno di nuove associzioni, di attacchi interni a Rifondazione affermandone un settarismo inesistente. Rifondazione Comunista è pronta a fare la sua parte e deve fare la sua parte proprio in nome della ragione politica del suo essere: autonoma nel rimanere ciò che è e unitaria nel prospettare ciò che può essere.

MARCO SFERINI

18 gennaio 2015

foto tratta da Pixabay

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