Alla sinistra serve un segno di discontinuità e di rottura col passato

Scenario. È legittimo pensare che il divorzio tra la sinistra ed il suo popolo sia cominciato con l’esperimento sbagliato del Partito Democratico e che, quindi, occorra ben di più delle formulette sull’unità che è meglio della divisione o sulle alleanze per battere il nemico di turno che più larghe sono meglio è, senza mai dire una parola sulla redistribuzione di redditi e lavoro, sulla progressività fiscale, sui diritti nel lavoro ed al lavoro.... Se il problema fosse così semplice e solo di buona volontà il problema non ci sarebbe

Una crisi lunga 10 anni. Esattamente nella seconda parte del 2008 deflagrava la crisi economica e finanziaria che, in Italia, ci trasciniamo ancora oggi. Sì, in Italia, perché noi siamo l’unico paese europeo ancora lontano  dai livelli di Pil pre-crisi (-5%).

È vero che gli occupati come numero hanno raggiunto i livelli del 2008, ma si tratta solo di un abbaglio statistico: sono aumentati, ma lavorano di meno – non per scelta, ma perché più precari e sottoccupati – ed il loro impiego in ore lavorate è ancora inferiore del 5%. Adesso, lo ha confermato l’Istat ieri, diminuiscono sia i disoccupati che gli occupati perché aumentano gli scoraggiati.

Serve altro per capire perché ci sono più disuguaglianze, più povertà, relativa ed assoluta e, quindi, più amarezza, più rabbia, meno umanità e più intolleranza? Se non ci diciamo questa amara verità non  possiamo capire perché siamo anche, in Europa, il paese col peggior quadro politico: unico con una maggioranza di governo larga, ma formata da due populismi e senza alternative possibili in vista.

Sarà questo il nuovo scenario politico italiano? Due populismi alleati oggi per guidare la transizione verso un bipolarismo tra populismi domani? Per quanto i grandi schieramenti politici e sociali di sinistra e destra siano stati scompaginati dai processi oggettivi di globalizzazione e finanziarizzazione  e da quelli soggettivi di conversione anche delle sinistre al neoliberismo,  penso – e spero – che il nuovo assetto non sia stabile e che possano aprirsi prospettive diverse.

Se, infatti, la prepotente irruenza di Salvini sta occupando tutti gli spazi liberi a destra, la stessa cosa non può dirsi  per il M5S. Qui la gestione Di Maio sta mostrando tutti i suoi limiti e, mentre la Lega, nei pochi mesi di governo, ha quasi raddoppiato il suo 15%, il M5S ha perso qualche punto ed annaspa ad inseguire Salvini nelle sue performance quotidiane. Quasi certamente, quindi, tra poco assisteremo al sorpasso della  Lega ed all’arretramento del M5S non tanto per un ritorno di elettori a sinistra, ma per altra astensione da delusione.

D’altra parte è pressoché impossibile che questo M5S possa occupare, come avviene a destra, tutta l’area progressista fino alla sinistra. È più probabile, invece, che avremo una sottorappresentazione dell’elettorato a sinistra di questo governo.  Questo è il problema che ci sta. oggi, davanti: ci sarà un’area di sinistra non rappresentata che, però, non avanza una domanda esplicita di sinistra. Si produce, così, e solo a sinistra, una situazione paradossale: una domanda senza offerta ed un’offerta senza domanda.

Basta attendere gli errori degli altri perché la contraddizione si sani ed il punto di incontro si trovi? Pensarlo è legittimo sia per chi si pone in attesa sgranocchiando pop corn per ingannare il tempo, sia per chi, prendendo solo adesso le distanze da Renzi, pensa di riproporre le sue vecchie formule condite col buonismo di sempre, senza mai sottoporre a revisione critica la svolta del Lingotto.

Ma altrettanto legittimo è pensare che il divorzio tra la sinistra ed il suo popolo sia cominciato proprio con l’esperimento sbagliato del Partito Democratico e che, quindi, occorra ben di più delle formulette sull’unità che è meglio della divisione o sulle alleanze per battere il nemico di turno che più larghe sono meglio è, senza mai dire una parola sulla redistribuzione di redditi e lavoro, sulla progressività fiscale, sui diritti nel lavoro ed al lavoro…. Se il problema fosse così semplice e solo di buona volontà il problema non ci sarebbe.

C’è, invece, perché esso è complesso e richiede non un appello, ma una strategia. La rottura tra soggetti sociali che di sinistra hanno bisogno e soggetti politici che la sinistra esprime è gravissima. Essa richiede l’attivazione di un processo nuovo, la creazione di un circolo virtuoso progressivo che riannodi il filo spezzato tra popolo di sinistra e sua rappresentanza, in grado di invertire il terribile processo che si è messo in moto. Di questo dovremmo ragionare. Di come dare un segno politico di rottura col passato e di discontinuità. Di come fare in modo che le seconde e le terze file di ciò che resta della sinistra organizzata possano imporsi ed assumere sulle loro spalle la responsabilità di creare una rete tra appartenenti a soggetti diversi che si ritrovino, ad esempio, sui tre capisaldi prima indicati per una nuova sinistra (redistribuzione, progressività, diritti..). Di come creare nei territori sedi aperte da mettere a disposizione di tutti i soggetti che operano nel sociale ed in qualunque forma organizzati. Di questo e di tanto altro, insomma.

Perché si tratta di fare in modo che i germi di una nuova offerta politica possano alimentare la speranza di una nuova sinistra e che in parallelo si possano riattivare forme nuove di partecipazione e protagonismo, che a loro volta possano rafforzare e rendere credibile e possibile la costruzione di un soggetto nuovo. Solo a questo punto potrebbe prendere corpo una domanda organica di una sinistra che si incontra con una nuova offerta. Processo lungo? Si. D’altra parte le due forze oggi dominanti non vengono dal nulla, ma hanno alle loro spalle una lunga  incubazione anche se due storie diverse. La Lega è nata nel vivo di un processo di ristrutturazione dell’apparato industriale del nord attingendo negli strati popolari ed operai, ha avuto un balzo iniziale, poi una crisi profonda e negli ultimi anni una vera e propria resurrezione che la fa apparire come una forza nuova sebbene abbia in realtà amministrato ed in molti casi male.

Ma di questo passato ha saputo sfruttare un certo radicamento nei territori e la creazione anche di una classe di amministratori. La storia del M5S è diversa, ma ha anche essa  una lunga incubazione. Dagli spettacoli di Grillo che hanno seminato, soprattutto in un pubblico di giovani e di sinistra i temi dell’ambiente e della critica alla politica, alle elaborazioni discutibili, ma con un loro fascino utopico di Casaleggio. La sinistra con la sua lunga storia forse non deve ricominciare da zero. Ma deve ripensare alla società e ripensarsi radicalmente. Il lavoro sarà lungo, ma se non si comincia subito ad avviarlo sarà più lungo ancora. Ci sono le elezioni a breve? Si come sempre accade. Parliamone allora. Ma senza fare come sempre abbiamo fatto: parlare di alleanze a prescindere dai contenuti.

ALDO CARRA

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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