Voucher, fiducia in Senato. Ma con la Cgil 2 italiani su 3

Fiducia chiesta, accelerazione confermata. Questa mattina l’aula del Senato voterà la manovra correttiva che diventerà legge. Così come l’emendamento che ripristina i voucher a 48 ore dalla manifestazione nazionale...

Fiducia chiesta, accelerazione confermata. Questa mattina l’aula del Senato voterà la manovra correttiva che diventerà legge. Così come l’emendamento che ripristina i voucher a 48 ore dalla manifestazione nazionale della Cgil, sabato a piazza San Giovanni a Roma. A votare a favore saranno anche sei senatori che si richiamano a Campo progressista di Giuliano Pisapia (Alessandra Bencini, Francesco Molinari, Luis Alberto Orellana, Maurizio Romani, Dario Stefàno, Luciano Uras) mentre negli stessi minuti un altro parlamentare che ha aderito al movimento dell’ex sindaco – il deputato Marco Furfaro – annunciava la presenza in piazza. A prendere le distanze dal voto dei sei arriva la dichiarazione di Alessandro Capelli, portavoce di Campo progressista: «Leggiamo in una nota che alcuni senatori voteranno la manovra e la fiducia. Fermo restando la piena legittimità della posizione espressa, ricordiamo che ad oggi Campo Progressista non è ufficialmente presente in nessuno dei due rami del Parlamento».

I 16 senatori di Mdp invece usciranno dall’aula, mentre Sinistra Italiana voterà contro.

La conferma che la mossa del governo è comunque una evidente forzatura e un palese aggiramento del referendum promosso dal sindacato e sottoscritto da più di 1 milione di persone viene da un sondaggio che la stessa Cgil ha commissionato all’istituto Tecnè. Su un campione di 9 mila intervistati il 78% conosce la vicenda e di questi il 67% dà ragione alla Cgil nel denunciare come «il governo abbia tenuto un comportamento scorretto», mentre solo il 33% sostiene che «il governo ha fatto bene». Nella scomposizione del campione si scoprono altre cose molto interessanti e indicative. Tra i più contrari alla forzatura del governo ci sono i giovani (il 73% di loro dà ragione alla Cgil) con picchi ulteriori tra le giovani donne (77%) e fra coloro che erano pagati a voucher (76%). Passando invece alla scomposizione per «collocazione politica» si scopre una strana assonanza con l’elettorato del M5s che dà ragione alle Cgil all’83% nonostante Grillo abbia ripetutamente attaccato il sindacato. Spaccato invece l’elettorato del Pd ma che comunque al 42% dà ragione a Camusso mentre quello più favorevole al governo è di chi vota FdI con il 47%.

Ieri intanto si è consumata l’ultima difesa dei nuovi voucher da parte del governo. Rispondendo ad una interrogazione di Mdp è toccato di nuovo alla ministra Anna Finocchiaro metterci la faccia. La titolare dei Rapporti con il Parlamento – ben poco indicata a dare giudizi tecnici sulla legislazione del lavoro – ha ribadito come i nuovi voucher «siano legittimi in quanto sostanzialmente ben diversi dalla disciplina previgente oggetto del quesito referendario» – senza citare dunque la Cgil – e «risponde alla necessità di dotare l’Italia di una regolamentazione seria del lavoro occasionale, che consenta di combattere il lavoro nero e difendere i diritti dei lavoratori».

La vera ragione del colpo di mano è però spiegata nelle ultime righe di un editoriale scritto dalla stessa ministra sul Sole 24 ore del 30 maggio. Al termine di una lunga difesa legislativa, ammette che i nuovi voucher servono «per quelle piccolissime attività imprenditoriali che, agendo ad esempio nel campo turistico, presentino occasionali esigenze nel periodo estivo». Ecco, gli albergatori chiamano, il governo risponde: non sia mai che debbano pagare decentemente e con le tutele minime un ragazzo chiamato a fare la stagione.
In realtà, nel Presto – abbreviazione di «prestazione occasionale» poi ritirata dal testo – siamo ben lontani da un rapporto di lavoro subordinato. Se sulla carta viene promessa l’introduzione di pause e riposi, non si prevede invece nessuna copertura per malattie, maternità, ferie e disoccupazione, come incautamente sostenuto dalla stessa Finocchiaro. Se i contributi previdenziali aumentano, passano però alla gestione separata dell’Inps con difficoltà di ricongiunzione, l’assicurazione contro gli infortuni cala drasticamente: dal 7% al 2%.

La norma più contestata e che grida realmente vendetta è la possibilità, in capo al datore di lavoro, di annullare l’impiego entro 3 giorni dalla prima segnalazione. In pratica legittima il lavoro nero che invece si vorrebbe combattere: nei 3 giorni basta revocare l’attivazione del contratto e si paga al nero.

Anche la norma sulle aziende interessate è aggirabile. In Italia le aziende sotto i 5 dipendenti sono 1 milione e 307 mila su 1 milione e 644 mila, pari all’80% del totale. Le nuove norme però precisano che i 5 dipendenti devono essere con contratti a tempo indeterminato, rendendo possibile l’applicazione della norma alle aziende con personale precario. Quanto ai settori di utilizzo, l’edilizia è stata esclusa, ma non la pubblica amministrazione, per la quale le sanzioni non valgono.

NINA VALOTI

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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Politica e società

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